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Frode carosello: Cassazione su fatture inesistenti

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un amministratore per dichiarazione fraudolenta e emissione di fatture per operazioni inesistenti nell’ambito di una frode carosello transnazionale. La sentenza stabilisce che la consapevole partecipazione a tale schema fraudolento dimostra di per sé il dolo specifico di evasione e che i costi derivanti da tali operazioni sono sempre indeducibili, sia ai fini IVA che delle imposte dirette.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Frode carosello: la Cassazione conferma la responsabilità penale e l’indeducibilità dei costi

Con la sentenza n. 29689/2025, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un caso di frode carosello, riaffermando principi consolidati in materia di reati tributari. La decisione chiarisce come la consapevole partecipazione a un sistema fraudolento transnazionale integri di per sé gli elementi soggettivi dei reati contestati e l’assoluta indeducibilità dei costi fittizi, anche se relativi a operazioni ‘soggettivamente’ inesistenti.

I fatti di causa

Il caso riguarda l’amministratore di una società, condannato in appello per aver partecipato a un complesso schema di frode fiscale. In particolare, la sua azienda era inserita in un meccanismo criminale che prevedeva sia l’emissione di fatture per operazioni inesistenti verso società ‘cartiere’ estere, sia l’utilizzo di fatture analoghe ricevute da altre entità fittizie per abbattere il proprio carico fiscale.

Le accuse si fondavano sui reati di:
Emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8, D.Lgs. 74/2000), per aver consentito a terzi di evadere le imposte.
Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs. 74/2000), per aver indicato elementi passivi fittizi nelle proprie dichiarazioni dei redditi e IVA.
Il tutto aggravato dal carattere transnazionale dell’associazione criminale (art. 61-bis c.p.).

Le obiezioni della difesa e la problematica della frode carosello

La difesa dell’imputato sosteneva l’insussistenza del dolo specifico, ovvero dell’intento di far evadere le imposte a terzi. Secondo il ricorrente, le operazioni verso l’estero erano non imponibili ai fini IVA e, per le imposte dirette, riguardavano soggetti esteri non tassabili in Italia. Inoltre, si affermava che i costi registrati, sebbene documentati da fatture soggettivamente false, erano stati effettivamente sostenuti e che lo scopo dell’operazione era, semmai, quello di nascondere ricavi, non di aumentare fittiziamente i costi.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo le conclusioni della Corte d’appello immuni da vizi. Il ragionamento della Cassazione si articola su due punti fondamentali.

1. La consapevolezza dello schema fraudolento integra il dolo

La Corte ha stabilito che la piena consapevolezza dell’imputato di inserirsi in un sistema di frode carosello è sufficiente a dimostrare il dolo specifico richiesto per entrambi i reati. Un sistema di questo tipo è intrinsecamente progettato per evadere le imposte, sia l’IVA (che viene ‘scaricata’ sulla società cartiera, la quale non la verserà mai) sia le imposte sui redditi (attraverso l’uso di fatture false al rientro della merce in Italia).

Partecipare a tale schema, emettendo fatture verso entità fittizie e ricevendone da altre, significa volere e accettare le conseguenze evasive che ne derivano. La Corte ha sottolineato come le intercettazioni e le stesse modalità operative provassero ampiamente tale consapevolezza.

2. L’assoluta indeducibilità dei costi nella frode carosello

La Cassazione ha ribadito un principio cardine della giurisprudenza tributaria e penale: i costi relativi a fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, inserite in una frode carosello, non sono mai deducibili. Né ai fini IVA, poiché il versamento dell’imposta a un soggetto non operativo o fittizio interrompe la catena di neutralità dell’imposta e apre la strada a un indebito recupero. Né ai fini delle imposte sui redditi, in applicazione dell’art. 14, comma 4-bis, della legge n. 537/1993, che sancisce l’indeducibilità dei costi derivanti da delitti non colposi. Essendo la frode stessa lo strumento per l’evasione, i costi sostenuti per realizzarla sono ‘riconducibili’ alla condotta criminosa e, pertanto, indeducibili.

La tesi difensiva secondo cui lo scopo era nascondere ricavi è stata ritenuta irrilevante, poiché l’imputato si è comunque avvalso di fatture per operazioni inesistenti per indicare elementi passivi fittizi, realizzando così anche un risparmio sull’IVA.

Conclusioni

La sentenza in commento consolida l’orientamento rigoroso della giurisprudenza in materia di frode carosello. Essa invia un messaggio chiaro agli operatori economici: la partecipazione consapevole a schemi fraudolenti, anche se solo per un segmento della catena, comporta una piena responsabilità penale. Viene inoltre confermato che l’ordinamento non concede alcuno spazio alla deducibilità di costi che, seppur effettivamente sostenuti, sono documentati attraverso fatture false e funzionali a un disegno criminoso finalizzato all’evasione fiscale. La decisione rafforza gli strumenti di contrasto a una delle più insidiose forme di criminalità economica, sottolineando l’impossibilità di invocare presunte finalità ‘alternative’ (come la regolarizzazione del magazzino) per sfuggire alle conseguenze penali.

Quando si considera provato il dolo specifico nel reato di emissione di fatture false in una frode carosello?
Secondo la Corte, la consapevolezza di inserirsi e avvalersi di un articolato sistema di ‘frode-carosello’ è sufficiente a dimostrare il dolo specifico di consentire a terzi l’evasione delle imposte. Tale sistema è per sua natura finalizzato a evadere sia l’IVA che le imposte sui redditi.

I costi per operazioni soggettivamente inesistenti sono deducibili ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA?
No. La Corte ribadisce che i costi relativi a fatture per operazioni soggettivamente inesistenti non sono mai deducibili, né ai fini IVA, né ai fini delle imposte sui redditi, quando si inseriscono in una condotta criminosa come una frode carosello, in base al principio di indeducibilità dei costi derivanti da delitti.

Emettere fatture false verso una società estera per ‘regolarizzare’ il magazzino esclude il reato di frode fiscale?
No. La Corte ha stabilito che anche l’eventuale finalità di ‘regolarizzare’ le giacenze di magazzino non esclude la configurabilità del reato. L’imputato ha comunque emesso consapevolmente fatture per operazioni inesistenti all’interno di un sistema di frode organizzato allo scopo di evadere le imposte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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