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Frode assicurativa: reato anche per i terzi

Una persona ha simulato un’intossicazione alimentare in un ristorante per richiedere un indennizzo alla compagnia assicurativa dell’esercizio commerciale. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per frode assicurativa, specificando che questo reato non richiede che l’autore sia parte del contratto di assicurazione. L’elemento cruciale è l’azione fraudolenta mirata a danneggiare il patrimonio della compagnia assicurativa. Di conseguenza, il ricorso dell’imputato è stato respinto.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Frode Assicurativa: Anche chi è Estraneo al Contratto Rischia la Condanna

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 7951 del 2024, offre un’importante chiarificazione sulla configurabilità del reato di frode assicurativa, stabilendo che può essere commesso anche da soggetti terzi, non legati direttamente dal contratto di assicurazione. Il caso analizzato riguarda un individuo che ha simulato un’intossicazione alimentare per ottenere un risarcimento dalla compagnia assicurativa di un ristorante, sollevando la questione se tale condotta integri la fattispecie specifica di cui all’art. 642 c.p. o un semplice tentativo di truffa.

I Fatti del Caso: La Simulazione di Intossicazione Alimentare

Un uomo è stato condannato in primo e secondo grado per il reato di frode assicurativa. L’accusa era di aver falsamente denunciato alla compagnia assicurativa di un ristorante un’intossicazione alimentare, presumibilmente avvenuta presso il locale, con l’evidente scopo di ottenere un indennizzo illecito.

La Difesa dell’Imputato: Tentata Truffa e non Frode Assicurativa

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo un’errata qualificazione giuridica del fatto. Secondo la sua difesa, non si tratterebbe di frode assicurativa, bensì di tentata truffa. L’argomentazione si basava su due punti principali:

1. Estraneità al rapporto assicurativo: L’imputato non era il contraente della polizza stipulata tra il ristorante e la compagnia assicurativa.
2. Azione contro l’assicurato: La sua azione fraudolenta era diretta contro l’assicurato (il ristorante), unico destinatario della richiesta di risarcimento, e non in concorso con esso.

La difesa ha citato orientamenti giurisprudenziali secondo cui un terzo che, all’insaputa dell’assicurato, simula un infortunio per ottenere un indennizzo, risponderebbe di truffa e non del reato specifico previsto dall’art. 642 c.p.

La Decisione della Cassazione sulla Frode Assicurativa

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, rigettando completamente la tesi difensiva. Gli Ermellini hanno ribadito un principio già consolidato nella loro giurisprudenza: la fattispecie di frode assicurativa prevista dall’art. 642 c.p. costituisce un’ipotesi speciale di truffa. Cruciale è il fatto che non si tratta di un “reato proprio”, cioè un reato che può essere commesso solo dal contraente della polizza.

Al contrario, il reato può essere ravvisato in qualsiasi azione fraudolenta diretta a ledere il patrimonio delle compagnie assicuratrici attraverso la manipolazione illecita di un rapporto contrattuale. Tale manipolazione, sottolinea la Corte, può essere attuata anche da soggetti esterni al sinallagma contrattuale, come nel caso di specie.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, è stato ritenuto inammissibile. La Corte ha giudicato la motivazione dei giudici di merito coerente e sufficiente, in quanto avevano correttamente dato conto dell’assenza di elementi positivi che potessero giustificare una riduzione della pena.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione spiegando che l’art. 642 del codice penale è stato introdotto dal legislatore per predisporre una tutela speciale e “rafforzata” per il mercato delle assicurazioni. La norma anticipa la soglia di punibilità rispetto alla truffa comune, innestandosi su un rapporto assicurativo esistente. Si tratta di una norma “speciale” rispetto all’archetipo della truffa perché tutela in modo specifico il patrimonio delle società che gestiscono le assicurazioni.

Di conseguenza, non è un reato che può essere commesso esclusivamente dal contraente. È riconoscibile in ogni azione fraudolenta diretta a ledere il patrimonio delle compagnie assicuratrici attraverso la manipolazione illecita del rapporto contrattuale. Nel caso in esame, il fine perseguito dall’imputato era chiaramente quello di ottenere l’indennizzo dalla compagnia assicuratrice dell’esercizio commerciale, come dimostrato dalla missiva inviata in cui si affermava di restare “in attesa di eventuale contatto con i dati della vostra assicurazione”.

Le conclusioni

La sentenza consolida un’interpretazione estensiva del reato di frode assicurativa. Le implicazioni pratiche sono significative: chiunque tenti di ingannare una compagnia di assicurazioni simulando un sinistro o un danno coperto da una polizza, anche se non è il titolare del contratto, può essere perseguito ai sensi dell’art. 642 c.p. Questa decisione rafforza la protezione del settore assicurativo contro le condotte fraudolente, indipendentemente da chi le ponga in essere, e serve da monito per chiunque intenda ottenere illecitamente indennizzi non dovuti.

Chi può commettere il reato di frode assicurativa?
Secondo la Corte, il reato di frode assicurativa può essere commesso da chiunque, non solo dal contraente della polizza. Anche un terzo estraneo al contratto assicurativo che compie un’azione fraudolenta per ledere il patrimonio della compagnia assicurativa può essere ritenuto responsabile.

Qual è la differenza tra frode assicurativa e truffa in questo contesto?
La sentenza chiarisce che la frode assicurativa (art. 642 c.p.) è un’ipotesi speciale di truffa. È stata creata dal legislatore per offrire una tutela “rafforzata” e anticipata al mercato delle assicurazioni. Pertanto, quando l’azione fraudolenta si innesta su un rapporto assicurativo, si applica la norma specifica sulla frode assicurativa anziché quella generale sulla truffa.

Per negare le circostanze attenuanti generiche, il giudice deve fornire una motivazione complessa?
No. La sentenza conferma che per negare le attenuanti generiche è sufficiente che il giudice motivi la sua decisione evidenziando l’assenza di elementi positivi o circostanze meritevoli di considerazione ai fini di una riduzione della pena. Una motivazione sintetica ma coerente è considerata legittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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