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Frazionamento artificioso: no al condono edilizio

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso degli eredi contro un ordine di demolizione. La sentenza conferma che il frazionamento artificioso di un unico immobile in più domande di condono per aggirare i limiti volumetrici è una pratica illegittima che non può sanare l’abuso edilizio.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Condono Edilizio e Frazionamento Artificioso: la Cassazione Conferma la Linea Dura

Il condono edilizio rappresenta una possibilità eccezionale per regolarizzare abusi edilizi, ma è soggetto a rigidi limiti, specialmente volumetrici. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza un principio cruciale: non è possibile aggirare tali limiti attraverso il frazionamento artificioso di un unico immobile. L’analisi del caso in questione offre un chiaro monito a chi tenta di eludere la normativa attraverso espedienti procedurali.

I Fatti del Caso: un Immobile, due Domande di Condono

La vicenda trae origine da una condanna, divenuta definitiva nel 1997, per la realizzazione di un manufatto abusivo composto da un piano rialzato e un primo piano. A seguito della condanna, era stato emesso un ordine di demolizione. Anni dopo, gli eredi dei responsabili dell’abuso hanno presentato un’istanza alla Corte di Appello per ottenere la sospensione e la revoca di tale ordine, sostenendo di aver ottenuto un condono edilizio.

La particolarità del caso risiedeva nel modo in cui il condono era stato richiesto: erano state presentate due distinte domande di sanatoria. Una per l’abitazione al piano rialzato e un locale deposito, l’altra per l’abitazione al primo piano. Ciascuna domanda, considerata singolarmente, rispettava il limite di volumetria di 750 metri cubi previsto dalla legge. Tuttavia, l’edificio era un’unica struttura la cui volumetria complessiva superava ampiamente tale soglia. La Corte di Appello ha rigettato la richiesta degli eredi, i quali hanno quindi proposto ricorso in Cassazione.

L’Applicazione del Principio sul Frazionamento Artificioso

Il nucleo del ricorso degli eredi si basava sulla presunta legittimità del condono, rilasciato dal Comune sulla base di due istanze formalmente separate. Essi lamentavano una mancata considerazione di questo aspetto e un’insufficiente attività istruttoria da parte della Corte territoriale.

La Suprema Corte, tuttavia, ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, aderendo pienamente alle conclusioni del Procuratore Generale. La decisione si fonda su un orientamento giurisprudenziale consolidato che definisce la presentazione di plurime istanze di sanatoria per distinte unità immobiliari, facenti parte di un’unica nuova costruzione, come un frazionamento artificioso della domanda. Questa pratica è considerata un espediente per eludere il limite legale di volumetria, rendendo di fatto illegittimo il condono così ottenuto.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha spiegato che, per valutare la legittimità di un condono, non ci si può fermare all’apparenza formale delle singole domande. È necessario guardare alla sostanza dell’intervento edilizio. Nel caso di specie, era incontrovertibile che si trattasse della realizzazione di un unico manufatto su due livelli. La stessa sentenza di condanna originaria descriveva l’opera come unitaria. Di conseguenza, la presentazione di due domande separate, una per il piano rialzato e una per il primo piano, costituiva un chiaro tentativo di aggirare i limiti volumetrici imposti dalla normativa sul condono edilizio.

I giudici hanno richiamato precedenti sentenze che avevano già stabilito questo principio, sia in relazione alla normativa sul condono del 2003, sia a quella precedente. Il principio è chiaro: quando un’opera è ascrivibile a un unico centro di interesse e costituisce un unico intervento costruttivo, non può essere ‘spezzettata’ in più domande di sanatoria per rientrare nei limiti di legge. La censura relativa alla mancata attività istruttoria è stata parimenti respinta, poiché i fatti essenziali per decidere erano già chiaramente delineati dagli atti processuali, in particolare dalla sentenza di condanna originale.

Le Conclusioni

La sentenza si conclude con una declaratoria di inammissibilità dei ricorsi e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende. La decisione riafferma con forza che il sistema giudiziario non tollera l’abuso degli strumenti normativi. Il condono edilizio è un’eccezione, non una regola da piegare ai propri interessi tramite stratagemmi procedurali. L’ordine di demolizione, pertanto, rimane valido ed efficace, poiché il titolo abilitativo ottenuto attraverso il frazionamento artificioso è stato ritenuto illegittimo e inidoneo a sanare l’abuso originario.

È possibile presentare più domande di condono per diverse parti di un unico edificio per non superare i limiti di volume?
No, la Cassazione considera questa pratica un ‘frazionamento artificioso’ della domanda, finalizzato a eludere la legge. L’immobile deve essere valutato nella sua interezza volumetrica.

Cosa succede se un immobile in comproprietà viene condonato con istanze separate?
Anche in caso di comproprietà, se l’immobile è un’unica opera edilizia e non vi è stata una divisione formale, la presentazione di istanze separate da parte dei diversi proprietari è considerata un frazionamento artificioso e illegittimo.

Un condono rilasciato dal Comune sulla base di un frazionamento artificioso è valido?
No, la sentenza chiarisce che il giudice penale, in sede di esecuzione, ha il potere di valutare la legittimità del titolo abilitativo. Se questo è stato ottenuto eludendo la legge, come nel caso di frazionamento artificioso, non è idoneo a paralizzare l’ordine di demolizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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