Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 11493 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 11493 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposti da
COGNOME NOME, n. Broni (Pv) 03/03/1954
avverso la sentenza n. 2933/24 della Corte di appello di Milano del 09/05/2024
letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano ha parzialmente confermato la condanna, pronunciata in primo grado, di NOME COGNOME in ordine al delitto di cui agli artt. 81, 110, 316-ter cod. pen., dichiarand l’estinzione parziale del reato limitatamente ai finanziamenti conseguiti negli anni 2014 e 2015 per intervenuta prescrizione e per l’effetto rideterminando la pena irrogata dal primo giudice in misura di otto mesi di reclusione, condizionalmente sospesa, con corrispondente decurtazione dell’importo di denaro assoggettato a confisca per equivalente.
Le condotte oggetto di condanna riguardano le dichiarazioni, effettuate negli anni 2016-2017, di avere avuto la disponibilità di alcuni terreni agricoli funzionale al conseguimento di contributi PAC erogati dall’Unione europea sotto forma di titoli di credito dematerializzati, nonostante la pendenza della causa di rilascio dei terreni stessi attivata dal proprietario con patto di riservato domini ISMEA (Istituto di servizi per il mercato agricolo) che li aveva concessi alla RAGIONE_SOCIALE Casone Nuovo del ricorrente a fini di ampliamento della superficie colturale.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, che con un unico articolato motivo di censura deduce vizi congiunti della motivazione, omessa o erronea valutazione delle prove assunte, inosservanza o erronea applicazione della legge penale e in particolare degli artt. 47, terzo comma e 316-ter, quinto comma, cod. pen. nonché di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nella loro applicazione e in particolare dell’art. 5 del d.m. n. 5465 del 2018.
Il ricorrente sostiene in primis la tesi dell’insussistenza del reato, rimarcando la circostanza che ai fini dell’ammissione al contributo europeo era necessario unicamente avere la disponibilità dei terreni alla data del 15 maggio di ciascun anno di domanda (art. 5 del d.m. 5465 del 2018).
In via subordinata sollecita questa Corte a valutare la ricorrenza dell’errore su legge extrapenale incidente sul fatto, avendo presentato la prima domanda (2014) nel vigore del contratto di compravendita, continuando a presentarla fino ad avvenuta restituzione dei terreni all’ISMEA, in forza dell’esecuzione della sentenza che lo aveva visto soccombente, avvenuta solo nel 2018.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
La fattispecie concerne l’avvenuta presentazione da parte del ricorrente, in qualità di titolare della RAGIONE_SOCIALE Casone Nuovo, della cd. Domanda Unica di cui allo art. 8 del decreto del Ministero dell’Agricoltura n. 162 del 12 gennaio 2015, volta ad ottenere, per ciascuna annualità dal 2014 al 2017, l’assegnazione di crediti PAC (Politica Agricola Europea) previa dichiarazione di avere la disponibilità dei relativi terreni agricoli.
Secondo la tesi di accusa accolta dalle sentenze di merito, infatti, il ricorrente, avrebbe dovuto informare l’ente erogante (da cui la violazione dell’art. 316-ter cod. pen. sotto forma di omissione di informazioni dovute) che il proprietario con patto di riservato dominio (ISMEA) dei terreni detenuti gli aveva comunicato, mediante notifica dell’atto di citazione a giudizio per il rilascio dei terreni, volersi avvalere della clausola risolutiva espressa (art. 1465, secondo comma, cod. civ.) verificatasi a causa del mancato pagamento di due rate consecutive di rimborso del finanziamento erogato.
La notifica dell’atto di citazione in giudizio ad opera del patrono dello RAGIONE_SOCIALE aveva in effetti avuto luogo in data imprecisata ma certamente anteriore al 31 ottobre 2013, data di pronuncia della sentenza del Tribunale di Roma che aveva definito la causa civile n. 714/2012 R.G. in cui la convenuta RAGIONE_SOCIALE era rimasta contumace.
E’ pertanto certo che al momento di inoltrare per ciascuna annualità la cd. Domanda Unica il ricorrente fosse pienamente consapevole della pendenza del giudizio e della conseguente necessità di dover restituire alla parte venditrice ISMEA la disponibilità dei terreni.
Al fine di dimostrare dell’assenza del dolo richiesto del reato ascrittogli, la difesa del ricorrente enfatizza, piuttosto, il momento della notifica della sentenza contumaciale (avvenuta in data 8 giugno 2015) e dell’atto di precetto (16 gennaio 2018) per la successiva riconsegna dei terreni, ma è fuor di dubbio che l’ISMEA gli aveva per tempo manifestato l’intento di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa, di cui il ricorrente in maniera del tutto irrilevante i questa sede processuale contesta l’esistenza, essendo rimasto contumace nella competente sede civile.
Non sono, dunque, il tema della consapevolezza da parte dell’imputato della proprietà altrui dei terreni nella sua disponibilità e la sussistenza sotto questo profilo del dolo del reato in addebito i punti nodali della questione.
Secondo la Corte d’appello a configurare la sussistenza dell’obbligo informativo omesso all’atto della presentazione delle domande di contributi europei PAC per gli anni dal 2014 al 2020, rileva quanto prescritto dal d.m. n. 162 del 12 gennaio 2015, il quale “richiede, tra le informazioni indispensabili da fornire per l’ottenimento e l’erogazione dei contributi, l’indicazione delle modalità di conduzione delle superfici per le quali vengono richiesti i premi nonché la sussistenza di un titolo debitamente documentabile che ne attribuisce al coltivatore la disponibilità” (v. pag. 7 sent. imp.).
Tali indicazioni vengono strettamente ricollegate alla circostanza che ai fini del conseguimento di premi ed erogazioni comunitarie non è sufficiente la mera occupazione senza titolo delle superfici, posto che ciò finirebbe per costituire una legittimazione finanche di comportamenti antigiuridici o penalmente rilevanti, come ad es. in caso di occupazione abusiva.
Osserva, tuttavia, il Collegio che tale ultimo argomento, utilizzato riguardo ai casi di occupazione ab origine senza titolo di superfici sia agricole che foraggere e comunque in presenza di discipline nazionali di attuazione delle previsioni comunitarie espressamente contemplanti tali situazioni (Sez. 2 n. 42363 del 04/10/2012, P.G. in proc. COGNOME e altri, Rv. 254345; Sez. 2 n. 1161 del 14/11/2018, dep. 2019, PM in proc. NOME COGNOME, Rv. 274474) non vale certamente per il caso in esame, che contempla l’esistenza di un originario e valido titolo giuridico di proprietà dei terreni, per quanto condizionato e divenuto precario per effetto di inadempimento contrattuale, integrando una situazione del tutto diversa da quelle considerate nelle pronunce citate.
Inoltre, l’esame delle previsioni rilevanti del citato decreto n. 162 del 2015 – i cui principali scopi perseguiti attraverso la sua emissione erano l’istituzione di anagrafi regionali integrative dell’Anagrafe nazionale delle aziende agricole, costituita con decreto n. 503 del 1999 e la previsione dell’obbligo di istituire un Fascicolo Aziendale – non consente di rinvenire norme che prevedano le indicazioni descritte dalla Corte territoriale.
L’art. 7 di tale Decreto, stabilisce, infatti, che la cd. Domanda precompilata, così denominata poiché redatta “in base al fascicolo aziendale, con particolare riferimento alle informazioni già a disposizione della Amministrazione necessarie a determinare l’ammissibilità all’aiuto e/o al sostegno regionale, nazionale e comunitario”, deve contenere, tra le altre indicazioni, “ove opportuno ogni informazione certificata o documento giustificativo necessario a determinare l’ammissibilità al regime, criterio di selezione al regime ovvero alla misura di cui trattasi” (comma 2, lett. f).
Il comma 3 del medesimo articolo 7 stabilisce poi che “Al momento della
presentazione della domanda, il beneficiario può: a) confermare la domanda precompilata; b) integrare la domanda se contiene informazioni insufficienti; c) correggere la domanda precompllata”.
L’art. 8 del decreto definisce a sua volta il contenuto della cd. Domanda Unica, quella cioè che gli organismi pagatori competenti, ai sensi dell’art. 72, comma 4, del Regolamento (UE) n. 1306/2013, a partire dal 2016, forniscono, previo accordo con l’Autorità di gestione o altra Pubblica Amministrazione titolare, alla azienda agricola o al suo delegato, domanda suscettibile di coprire vari tipi di contributi o di agevolazioni fiscali previsti da atti normativi europei (i Regolamenti n. 1305/2013, n. 1307/2013, n. 1308/2013) o da provvedimenti regolamentari nazionali (decreto Ministero dell’Economia e Finanze n. 454 del 2001 e SMI) nonché da ogni altro regime di sostegno o procedimento compatibile.
Il ricorrente sostiene dal suo canto di avere osservato, nel redigere la domanda, le indicazioni stabilite dai testi di riferimento di natura regolamentare e da ultimo dall’art. 5 del Decreto del MIPAAF n. 5465 del 2018.
Tale previsione, che disciplina le dimensioni minime della cd. parcella agricola (sistema di identificazione dei terreni agricoli introdotto dal Regolamento CE 1593/2000) e dell’azienda nonché la disponibilità degli ettari ammissibili, stabilisce al comma 3 che “Gli ettari ammissibili devono essere a disposizione del richiedente alla data del 15 maggio dell’anno di domanda, tuttavia la superficie richiesta in domanda deve essere conforme alla definizione di ettaro ammissibile di cui all’art. 32, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1307/2013, nel corso dell’intero anno civile, salvo i casi di forza maggiore o di circostanze eccezionali”.
Dalle previsioni normative e regolamentari che stabiliscono le indicazioni che l’istante era tenuto a fornire per essere ammesso ai contributi PAC non emerge, dunque, alcun obbligo di specificare la natura del titolo giuridico (proprietà, possesso, mera detenzione, locazione, enfiteusi, etc.) di godimento dei beni agricoli di cui dichiarava di avere la materiale disponibilità e meno che mai l’eventuale contenzioso instauratosi sul titolo stesso.
Detto altrimenti, le sopra citate norme extra penali di riferimento, che definivano il contenuto delle informazioni dovute, come tali integranti in via diretta la fattispecie astratta di cui all’art. 316-ter cod. pen., non contemplavano, tra le dichiarazioni necessarie per ottenere il contributo, quelle indicate dalla Corte d’appello, rilevando unicamente il dato della concreta ed effettiva disponibilità delle superfici agricole, fatta eccezione, secondo la condivisibile giurisprudenza penale (e contabile) formatasi sul tema, per la disponibilità derivante da una occupazione ab origine senza titolo delle superfici stesse.
Dalle considerazioni che precedono discende l’impossibilità di configurare nella fattispecie esaminata il reato in addebito e di conseguenza la necessità di annullare senza rinvio la sentenza impugnata per insussistenza del fatto di reato.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso, 30 gennaio 2025