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Firma digitale: obbligatoria per gli atti telematici

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso inviato telematicamente senza la prescritta firma digitale. La Corte ha stabilito che la firma digitale è un requisito essenziale per attestare la paternità dell’atto e la sua mancanza non può essere giustificata da un generico e non provato malfunzionamento tecnico, che non integra gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Firma digitale: un requisito non negoziabile per gli atti telematici

Con la crescente digitalizzazione del processo, l’uso corretto degli strumenti telematici diventa cruciale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: l’assenza della firma digitale su un ricorso inviato telematicamente ne causa l’irrevocabile inammissibilità. Vediamo nel dettaglio il caso e le motivazioni della Corte.

I Fatti del Caso: un Ricorso Inviato ma non Sottoscritto

Un difensore presentava ricorso per cassazione contro una sentenza della Corte d’appello di Firenze. L’atto veniva trasmesso tramite posta elettronica certificata (PEC) entro i termini di legge. Tuttavia, a seguito delle verifiche di cancelleria, il ricorso risultava privo della prescritta sottoscrizione digitale.

La Corte d’appello, in qualità di giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, dichiarava l’inammissibilità del ricorso proprio a causa di questa irregolarità. Il difensore, non dandosi per vinto, proponeva un ulteriore ricorso in Cassazione contro l’ordinanza di inammissibilità.

La Tesi Difensiva: Malfunzionamento della Firma Digitale come Forza Maggiore?

La difesa sosteneva che il giorno del deposito del ricorso si erano verificati problemi tecnici con i dispositivi e, in particolare, con il sistema di firma digitale. Secondo il legale, questa circostanza doveva essere equiparata a un malfunzionamento del processo penale telematico, configurando un’ipotesi di caso fortuito o forza maggiore.

Invocando l’articolo 175 del codice di procedura penale, il difensore chiedeva quindi la remissione in termini, ossia la possibilità di sanare l’irregolarità e di vedere il proprio ricorso ammesso all’esame di merito.

Le Motivazioni della Cassazione: la Centralità della Firma Digitale

La Corte di Cassazione ha respinto con fermezza la tesi difensiva, confermando l’inammissibilità del ricorso. Le motivazioni si basano su principi chiari e consolidati.

La Norma è Tassativa

La normativa emergenziale introdotta per la pandemia (art. 24, comma 6-sexies, del D.L. n. 137/2020) stabilisce espressamente che l’impugnazione telematica è inammissibile “quando l’atto di impugnazione non è sottoscritto digitalmente dal difensore”. Si tratta di un requisito formale imposto a pena di inammissibilità, sul quale non è possibile alcuna sanatoria. La firma digitale non è un optional, ma un elemento essenziale dell’atto.

Paternità e Riferibilità dell’Atto

La Corte ha sottolineato che la sottoscrizione digitale ha la stessa funzione della firma autografa su un documento cartaceo: consente di riferire con certezza l’atto al suo autore. Anche se l’invio è avvenuto da un indirizzo PEC riconducibile al difensore, solo la firma digitale garantisce la paternità del contenuto, verificando che sia stato proprio quel professionista a redigere e volere quell’atto.

L’Onere della Prova del Malfunzionamento

Il punto cruciale della decisione riguarda l’onere della prova. Il difensore ha semplicemente addotto un generico “malfunzionamento della firma digitale” senza fornire alcuna prova concreta dell’impedimento assoluto. Per invocare il caso fortuito o la forza maggiore, non basta allegare una difficoltà, ma bisogna dimostrare un ostacolo insormontabile, esterno alla propria volontà. La Corte distingue nettamente un problema tecnico personale (come quello lamentato) da un malfunzionamento certificato e ufficiale dei sistemi informatici del Ministero della Giustizia, unico caso in cui la legge prevede specifiche tutele.

Conclusioni: Rigore Formale e Responsabilità Professionale

La sentenza riafferma il principio di auto-responsabilità del professionista nell’utilizzo degli strumenti telematici. La firma digitale è un pilastro del processo penale telematico, essenziale per garantire autenticità e paternità degli atti. Un suo difetto non può essere superato da argomentazioni generiche su presunti problemi tecnici non documentati. Questa decisione serve da monito: la diligenza nell’adempimento dei requisiti formali digitali è tanto importante quanto quella richiesta per gli atti cartacei, e le conseguenze di una negligenza ricadono irrimediabilmente sulla parte assistita.

È valido un ricorso per cassazione inviato via PEC senza firma digitale?
No, la legge lo considera inammissibile. La normativa specifica che un atto di impugnazione trasmesso telematicamente deve essere, a pena di inammissibilità, sottoscritto digitalmente dal difensore.

Un presunto malfunzionamento della firma digitale può giustificare la mancata sottoscrizione?
No, a meno che non si fornisca la prova rigorosa che tale malfunzionamento costituisca un impedimento assoluto, imprevedibile e inevitabile, riconducibile al caso fortuito o alla forza maggiore. L’onere di provare tale circostanza grava interamente sulla parte che la invoca.

A cosa serve la firma digitale in un atto di impugnazione telematico?
La firma digitale serve a garantire con certezza la provenienza e la paternità dell’atto. Al pari della firma autografa su un documento cartaceo, attesta che il difensore sia l’effettivo autore dell’impugnazione, rendendo l’atto a lui giuridicamente riferibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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