Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30203 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30203 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/06/2025
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la discussione del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso; udito il difensore, Avv. NOME COGNOME il quale si è riportato ai motivi di ricorso, insistendo per l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre avverso l’ ordinanza in epigrafe indicata con cui il Tribunale di Roma ha dichiarato inammissibile l’appello cautelare proposto nel suo interesse avverso il provvedimento con cui il Giudice per le indagini preliminari di Roma, in data 25 marzo 2025, ha respinto la richiesta di
sostituzione della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari, ancorché rafforzati dal dispositivo di controllo remoto.
Il ricorso proposto dal difensore di fiducia, Avv. NOME COGNOME consta di due motivi di seguito sintetizzati nei limiti in cui risulta necessario per la motivazione.
2.1. Il primo deduce inosservanza od erronea applicazione de ll’art. 87 -bis , comma 7, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, con riferimento al rilevato difetto di sottoscrizione digitale della impugnazione e alla conseguente declaratoria della sua inammissibilità.
Il provvedimento censurato è stato adottato, richiamando la citata norma, sul rilievo che l’atto di impugnazione non sia stato firmato digitalmente in modo rituale.
Per converso, nel fascicolo cartaceo era inserita copia analogica dell’atto di appello con la stampiglia della firma digitale regolarmente annotata, e la sottoscrizione digitale di tipo ‘Pades’ era stata apposta utilizzando il software ‘RAGIONE_SOCIALE‘, applicazione riconosciuta da Agid (Agenzia per l’Italia Digitale).
Più in dettaglio, l’atto di appello è stato ritualmente depositato in un file PDF nativo digitale che riporta in calce la dicitura ‘ firmato digitalmente ‘, con il nome dell’avvocato depositante, e la sottoscrizione non è stata riconosciuta dal sistema in dotazione alla Cancelleria, sol perché questa utilizza per la relativa verifica il software ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ .
La vigente normativa sanziona l’adozione di un atto in formato nativo digitale solo in caso di assenza della firma, mentre la verifica della validità della sottoscrizione deve prescindere dalle caratteristiche del software impiegato per generarla.
In ogni caso, l’om issione della sottoscrizione dell’impugnazione è vizio superabile quando ne sia certa la provenienza, in forza della garanzia convenzionale prevista dall’art. 13 CEDU.
2.2. Il secondo motivo denuncia v iolazione di legge con riferimento all’art. 87 -bis , comma 7, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, quanto alla declaratoria di inammissibilità della impugnazione, pronunciata fuori dei casi previsti dalla legge.
L ‘apposizione di firma digitale, del tipo Pades B, non riconosciuta dal software adottato dalla cancelleria del giudice, non rende per ciò solo inammissibile l’impugnazione , in quanto le cause di inammissibilità sono tassative e, in particolare, tra quelle contemplate dall’art. 87 -bis cit., al comma
7, è contemplata la sola ipotesi in cui l’ ‘atto di impugnazione non è sottoscritto digitalmente dal difensore’.
Il Sostituto Procuratore generale ha concluso nei termini riportati in epigrafe.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato in relazione ad entrambi i motivi.
Dalla verifica del fascicolo processuale, accessibile in ragione della natura del vizio dedotto – in tal senso, a proposito degli “errores in procedendo”, Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 – si evince che l ‘a ppello cautelare dichiarato inammissibile è stato inviato tramite posta elettronica certificata il 4 aprile 2025.
Trovano applicazione le norme transitorie di cui agli artt. 87 e 87bis d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, dettate dalla riforma Cartabia in materia di deposito degli atti processuali, valevoli fino alla piena operatività dell’art. 111 -bis cod. proc. pen., il quale ha stabilito l’esclusività del deposito telematico per atti, documenti, richieste e memorie, in qualunque stato e grado del processo penale.
L’art. 87 , in particolare, ha previsto differenti scansioni temporali per consentire la transizione digitale -che ha comportato un consistente adeguamento organizzativo per la necessaria creazione di un idoneo ambiente digitale e ha demandato all’emanazione di successivi regolamenti attuativi la definizione delle regole tecniche.
Da ultimo, il d.m. 27 dicembre 2024, n. 206, recante il regolamento relativo a tempi e modi del deposito telematico degli atti nel processo penale, ha sostituito l’art. 3 d.m. 29 dicembre 2023, n. 217 e reso obbligatorio in via esclusiva dal 1 gennaio 2025, per soggetti abilitati interni ed esterni, il deposito telematico ex art. 111bis cod. proc. pen. di atti, documenti, richieste e memorie negli uffici giudiziari: Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario; Procura europea; sezione del Giudice delle indagini preliminari del tribunale ordinario; Tribunale ordinario; Procura generale presso la Corte di appello, limitatamente al procedimento di avocazione.
I commi 2, 3 e 4 dell’art. 1 del d.m. cit. prevedono tuttavia, fino al 31 dicembre 2025, una deroga alla regola dell’esclusività, con possibilità di dep osito con modalità non telematiche, mentre i commi 5, 6, 7 e 8 disciplinano il regime transitorio relativo a uffici giudiziari diversi.
Il comma 3, in particolare, ha previsto l’operatività di un regime a doppio binario per cui, negli uffici giudiziari penali indicati dal comma 1, lettere c) e d) -dunque anche innanzi al tribunale, per quel che qui rileva – il deposito da parte dei soggetti abilitati interni ed esterni di atti, documenti, richieste e memorie, nei procedimenti regolati dal libro IV del codice di procedura penale e in quelli relativi alle impugnazioni in materia di sequestro probatorio, può avere luogo anche con modalità non telematiche. Il successivo comma 9 fa salvo per i difensori il deposito via PEC in tutti i casi in cui è previsto il deposito anche con modalità non telematiche.
Lo stesso art. 1 del d.m. n. 206, cit. stabilisce che il deposito mediante posta elettronica certificata resta disciplinato dall’articolo 87bis d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150
Tanto premesso, l’ art. 87 -bis dà continuità alla disciplina introdotta per l’ emergenza pandemica, specificamente all’art. 24 (commi 1, 2, 3) del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazione dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 (ora non più vigente).
Nel dettaglio, il comma 3 della norma transitoria della riforma Cartabia stabilisce che, quando il deposito di cui al comma 1 – mediante invio dall’indirizzo di posta elettronica certificata – ha ad oggetto un’impugnazione, il documento informatico è sottoscritto digitalmente secondo le modalità indicate con provvedimento della DGSIA e contiene la specifica indicazione degli allegati, che sono trasmessi in copia informatica per immagine, sottoscritta digitalmente dal difensore per conformità all’originale.
Il successivo comma 7 espressamente sancisce l’i nammissibilità della impugnazione, nel caso di proposizione dell’atto di gravame mediante invio dall’indirizzo di posta elettronica certificata, «quando l’atto di impugnazione non è sottoscritto digitalmente dal difensore».
Nella vicenda in esame il rapporto di verifica contenuto in atti non ha affatto restituito un messaggio di mancata sottoscrizione digitale, ma dà conto dell’essere stato l’atto sottoscritto digitalmente in formato Pades -b.
La firma è classificata “non valida” perché l’atto “non risulta firmato digitalmente mediante l’utilizzazione del ‘software’ Augba Sign” ma, come correttamente dedotto dal ricorrente, tanto dipende dalla circostanza che il sistema di verifica è “settato” in guisa da ripudiare la validità della firma non apposta da una specifica “software house”.
Al riguardo, deve ribadirsi quanto affermato da questa Corte, sia pure con riferimento all ‘art. 24 d.l. n. 137 del 2020, norma con la quale, come detto, l’ art. 87bis si pone in linea di continuità.
In particolare, si è osservato come -all’epoca, nel vigore della disciplina emergenziale – non costituisse causa d’inammissibilità dell’impugnazione la qualificazione, da parte del sistema informatico in dotazione all’ufficio giudiziario, della firma digitale apposta dal difensore come non valida, in ragione del mancato utilizzo di uno specifico “software” (nella specie “RAGIONE_SOCIALE sign”, essendo stato l’atto sottoscritto col sistema “Pades-bes”); e ciò sul condivisibile presupposto che la verifica della validità della sottoscrizione debba prescindere dalle caratteristiche del ” software” impiegato per generarla e, parallelamente, per condurre la stessa operazione di verifica (Sez. 2, n. 32627 del 15/06/2022, COGNOME, Rv. 283844 -01).
La pronuncia si pone nel solco di altro arresto che, sempre nel vigore della disciplina emergenziale pandemica da COVID-19, aveva sancito che non potesse ritenersi causa d’inammissibilità dell’appello la mancata rilevazione, da parte del programma informatico in dotazione dell’ufficio giudiziario, della firma digitale apposta dal difensore con il sistema CAdES sull’atto in formato “pdf” trasmesso a mezzo PEC (Sez. 1, n. 2784 del 20/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282490 -01).
La dichiarazione di inammissibilità resa dalla Corte di appello non solo all’infuori delle tassative ipotesi che l’avrebbero consentita, ma ha anche travalicato l’obiettivo – in sé legittimo, secondo la giurisprudenza della Corte Edu – di garantire la certezza del diritto e l’efficiente amministrazione della giustizia, compromettendo la sostanza del diritto di accesso a un organo giurisdizionale.
Secondo la Corte Edu si rende, difatti, necessaria una certa flessibilità da parte dei giudici nel valutare i requisiti formali del deposito dei ricorsi durante la fase di transizione dal procedimento cartaceo a quello telematico (Corte Edu, Prima Sezione, Patricolo e altri c. Italia, del 23 maggio 2024, come richiamata da Sez. 2, n. 47737 del 10/12/2024, Zhang, Rv. 287383 -01).
Va disposto, conseguentemente, l’annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata, con la trasmissione degli atti al Tribunale del riesame per il giudizio di appello cautelare.
Alla Cancelleria sono demandati gli adempimenti comunicativi di rito.
PQM
A nnulla l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Roma Sezione per il Riesame. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 24 giugno 2025