Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 14029 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 14029 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA
avverso la sentenza dell’8/6/2023 emessa dalla Corte di appello di Milano visti gli atti, la sentenza e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito l’avvocato COGNOME NOME, difensore della parte civile, chiede l’inammissibilità del ricorso; udito l’avvocato COGNOME NOME, difensore di fiducia di COGNOME NOME, il
quale chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello, pronunciando in sede di rinvio, confermava la condanna dell’imputato per il reato di tentata estorsione, commessa mediante la simulazione
di un incidente stradale, a seguito del quale – con minacce e condotte violente tentava di costringere la parte civile a versare la somma di €700,00 a titolo di risarcimento per i danni asseritamente subiti. La Cassazione, con sentenza n. 6894 del 2022, annullava la precedente statuizione emessa dalla Corte di appello, ritenendo che non fosse stato accertato con certezza se vi fosse stato o meno l’incidente stradale, in relazione al quale era stato richiesto il risarcimento, posto che tale elemento era determinante per qualificare la condotta in termini di tentata estorsione, piuttosto che esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
La Corte di appello, rispondendo sulla questione devoluta al suo riesame, ricostruiva l’intera vicenda, giungendo alla conclusione che l’imputato aveva simulato un incidente stradale, coadiuvato da complici rimasti ignoti, ragion per cui confermava la condanna per il reato di tentata estorsione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, formulando un unico motivo di impugnazione, con il quale deduce l’omesso svolgimento dell’accertamento devoluto al giudice del rinvio, nonché il vizio di motivazione e violazione di legge circa la corretta qualificazione del fatto.
In particolare, si assume che la Corte di appello aveva erroneamente escluso che l’autovettura dell’imputato fosse stata urtata dal mezzo condotto dalla persona offesa, omettendo di considerare elementi dirimenti, primo dei quali il contenuto delle denuncia-querela proposta dalla persona offesa il 19/3/2016, nella quale non veniva palesato alcun dubbio circa l’effettivo urto tra gli automezzi.
Solo con un’integrazione di denuncia sporta a distanza di giorni, la persona ricostruiva dettagliatamente il fatto, escludendo che vi fosse stato un incidente stradale e riferendo anche della presenza di complici dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
Le doglianze proposte dal ricorrente tentano di introdurre una non consentita rivalutazione nel merito della ricostruzione compiuta dalla Corte di appello che, invero, è immune da censure.
Nella decisione impugnata, si indicano elementi specifici e concreti dai quali desumere che l’imputato aveva simulato di aver subito un danno alla propria autovettura, al fine di indurre la parte civile a versare nell’immediatezza una
somma di denaro a titolo di risarcimento. In base alla conforme ricostruzione del fatto compiuta dai giudici di merito, è emerso che l’imputato aveva appositamente rallentato la marcia al fine di costringere il veicolo che lo seguiva a sorpassarlo e, subito dopo, lamentava un insussistente danno alla propria autovettura.
La Corte di appello ha evidenziato come i segni riscontrati sull’autovettura dell’imputato non erano compatibili con la riferita dinamica dell’incidente, sottolineando come sul mezzo della parte civile non veniva riscontrato alcun segno di impatto.
Peraltro, la natura pretestuosa dell’incidente e la finalità estorsiva venivano desunte dalla presenza in loco di un terzo soggetto, che si intrometteva nella discussione tra l’imputato e la parte civile, proponendo la compilazione del modulo di constatazione amichevole del sinistro.
Infine, la Corte di appello evidenziava come l’imputato avesse tentato di impedire alla parte civile di chiedere l’intervento delle forze dell’ordine, nella consapevolezza della natura illecita della condotta posta in essere.
In conclusione, pertanto, deve ritenersi che la Corte di appello ha compiutamente ricostruito il fatto, affermando che l’incidente era stato meramente simulato, al fine di realizzare la condotta estorsiva.
Rispetto a tale ricostruzione, il ricorrente ripropone questioni già ampiamente vagliate in fase di merito, senza addurre argomenti idonei a far ritenere la motivazione della sentenza impugnata manifestamente illogica o contraddittoria.
Tanto meno è contestabile la qualificazione della condotta in termini di tentata estorsione, piuttosto che di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, essendo stata accertata l’insussistenza del fatto asseritamente produttivo del danno per il quale l’imputato reclamava l’immediato risarcimento.
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dalla parte civile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parce civile NOME, che liquida in complessivi euro 2.447,50, oltre accessori di legge.
Così deciso il 13 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
Il Pr idente