Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23813 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23813 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PATTI il 09/11/1974
avverso la sentenza del 14/11/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME
NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME difensore della parte civile, che ha, altresì, depositato nota spese;
lette le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME difensore del ricorrente, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14 novembre 2024 la Corte di appello di Messina, quale giudice del rinvio, ha confermato quella emessa il 10 novembre 2022 dal Tribunale di Patti, con cui NOME COGNOME è stato condannato alla pena di due anni di reclusione per il reato di bancarotta fraudolenta, commesso nella qualità di amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita con sentenza dell’Il giugno 2014, restituendo al socio NOME COGNOME tra il 16 marzo ed il 26 aprile 2014, in violazione dell’art. 2467 cod. civ., la somma di 13.000 euro.
La Corte di appello ha, in proposito, ritenuto – in dichiarato adempimento di quanto statuito dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 22982 del 3 maggio 2024, che ha annullato la pronuncia di secondo grado – che COGNOME ha corrisposto a titolo di versamento in conto capitale e non di mutuo la somma che, in prossimità del fallimento, gli è stata restituita, sicché il relativo rimborso, effettuato in spre alla regola fissata dall’art. 2467 cod. civ. (secondo cui, nel testo vigente ratione temporis, «Il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori», intendendosi per finanziamenti dei soci a favore della società «quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento»), ha costituito condotta integrante l’elemento materiale del contestato delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione.
Il giudice del rinvio ha, sotto altro aspetto, stimato che COGNOME abbia serbato il comportamento oggetto di addebito nella piena consapevolezza dello stato di insolvenza in cui versava la «RAGIONE_SOCIALE e, quindi, del pregiudizio che il suo contegno avrebbe arrecato al ceto creditorio.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’avv. NOME COGNOME ricorso per cassazione affidato a due motivi, con i quali deduce, costantemente, vizio di motivazione.
3.1. Con il primo motivo, ascrive alla Corte di appello di avere disatteso le univoche indicazioni contenute nella sentenza di annullamento e di essersi limitata, nella sostanza, a recepire, pressochè pedissequamente, le valutazioni operate dal Tribunale senza, per contro, prendere in esame le doglianze articolate con i motivi di impugnazione.
Imputa, specificamente, alla Corte di appello di avere omesso di vagliare la portata del documento allegato sub 9) alla relazione del curatore fallimentare ex art. 33 R.D. 16 marzo 1942, n. 267, dal quale si evince che il finanziamento elargito da COGNOME è stato appostato ed iscritto in bilancio tra i debiti della societ (alla «Voce 27 Debito – Conto 2715 Debiti vs. altri finanziatori Sottoconto Finanziamenti soci infruttiferi») anziché nel «Patrimonio Netto», ove vengono riportate le riserve in conto capitale sociale.
Fallace sarebbe, dunque, nella prospettazione del ricorrente, l’asserzione, fatta propria dalla corte territoriale, secondo cui il menzionato allegato 9) conterrebbe uno stralcio del libro giornale, nel quale sono stati annotati i pagamenti, in numero complessivo di sedici, eseguiti in favore di NOME COGNOME.
Dall’appropriata valutazione del documento e, per suo tramite, dell’operato rimborso discenderebbe, continua il ricorrente, la riqualificazione della condotta oggetto di addebito nel reato di bancarotta preferenziale, ormai estinto per intervenuta prescrizione.
3.2. Con il secondo motivo, COGNOME si duole delle conclusioni raggiunte dalla Corte di appello in ordine al requisito psicologico dell’ipotizzata bancarotta, che avrebbe dovuto essere escluso in ragione del fatto che, al tempo della restituzione del credito vantato da COGNOME, la situazione economica, finanziaria e patrimoniale della società era tutt’altro che preoccupante, avuto riguardo all’esistenza di una rilevantissima posta creditoria, vantata nei confronti di un consorzio che era stato committente di determinati lavori, ed alla modestia dell’esposizione debitoria, circoscritta – stante la regolarità dei pagamenti ai dipendenti ed all’Erario – alle pretese di alcuni creditori, avanzate mediante l’instaurazione di procedimenti monitori nei quali la società aveva sempre presentato rituale opposizione.
Segnala, in proposito, che l’insolvenza dell’impresa è derivata dall’inesigibilità dell’ingente credito testè indicato, condizione derivata da cause non imputabili alla società né al suo amministratore, che, al tempo dei rimborsi, non poteva neanche prevederla.
Disposta la trattazione scritta, il Procuratore generale ha chiesto, il 21 febbraio 2025, il rigetto del ricorso, mentre il curatore del fallimento della RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, parte civile, ha depositato, il 10 marzo 2025, conclusioni scritte e nota spese, ed il ricorrente, il 12 marzo 2025, ha esibito copia dell’allegato 9) alla relazione ex art. 33 R.D. 16 marzo 1942, n. 267.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va sancita, preliminarmente, la tardività delle conclusioni presentate dalla parte civile così come dell’allegazione documentale del ricorrente, conseguente al superamento del termine di quindici giorni prima dell’udienza entro il quale le parti, ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen., nel testo vigente ed applicabile ai ricorsi quale quello di NOME COGNOME proposti dopo il 30 giugno 2024, sono abilitati a presentare motivi nuovi e memorie.
Deve, pertanto, stimarsi l’inammissibilità tanto della produzione del ricorrente quanto della richiesta della parte civile di liquidazione delle spese processuali (a quest’ultimo proposito, cfr., nella giurisprudenza di legittimità: Sez. 7, n. 7852 del 16/07/2020, Ara, Rv. 281308 – 01; Sez. 7, n. 23092 del 18/02/2015, Fratello, Rv. 263641 – 01).
Nel merito, il ricorso è infondato e, pertanto, passibile di rigetto.
La Corte di cassazione, con la sentenza di annullamento, ha rilevato, in primis, che «il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso ‘della vita della società, mentre, al contrario, il prelie di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie di bancarotta preferenziale (Sez. 5, n. 8431 del 01/02/2019, COGNOME, Rv. 276031 – 01; conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 32930 del 21/06/2021, Provvisionato, Rv. 281872 – 01)».
Ha, quindi, osservato che la distinzione tra le due diverse tipologie di versamenti in questione va operata in ossequio all’orientamento della giurisprudenza civile di legittimità, secondo cui «i versamenti in conto capitale sono assoggettati all’onere di contabilizzazione nel patrimonio netto della società come riserve di capitale ed alla distinta indicazione di tale natura nella nota integrativa», mentre «l’individuazione della natura del versamento dipende dalla ricostruzione della comune intenzione delle parti, la cui prova va desunta in via principale dal modo in cui il rapporto ha trovato concreta attuazione, dalle finalità pratiche cui appare diretto e dagl’interessi allo stesso sottesi, e solo in subordine dalla qualificazione che i versamenti hanno ricevuto in bilancio, la cui portata può risultare determinante, in mancanza di una chiara manifestazione di volontà negoziale, in considerazione della sottoposizione del bilancio all’approvazione dei soci» (Sez. civ. 1, n. 15035 del 08/06/2018, Rv. 649557).
Ciò posto, la Corte di cassazione ha ritenuto che, a fronte dell’affermazione, contenuta nella sentenza di primo grado, stando alla quale il versamento dei tredicimila euro da parte del socio COGNOME – poi oggetto della restituzione
contestata a titolo di distrazione – era stato effettuato in conto capitale, e non a titolo di mutuo, in un peculiare momento di fibrillazione patrimoniale della società, l’imputato ha richiamato, in senso contrario, un allegato della relazione del curatore fallimentare, attestante, nella sua prospettazione, che le somme versate da COGNOME non avevano natura di versamenti in conto capitale, così articolando una censura cui il giudice di appello non ha dato compiuta risposta, sottraendosi all’esame del documento indicato ed alla sua valutazione nell’ottica della qualificazione del versamento della somma oggetto della restituzione.
Ha, al contempo, stigmatizzato un ulteriore vizio logico della sentenza di secondo grado, concretatosi nel considerare lo stato della società al momento della restituzione, laddove la qualificazione del versamento a titolo di mutuo ovvero in conto capitale esige, invece, che la causa del versamento stesso sia definita con riguardo a tale momento e non a quello successivo del rimborso.
Il giudice del rinvio ha affrontato i temi di indagine indicati dalla Corte d cassazione alle pagg. 3-6 della motivazione della sentenza impugnata.
Dato atto dell’esame dell’allegato 9), illustrata, in termini generali, la diversa natura dei finanziamenti in conto capitale e di quelli a titolo di mutuo e richiamati i criteri che, sul piano ermeneutico, la qualificazione dei versamenti del socio in un senso o nell’altro, ha reputato che le acquisizioni istruttorie convergano nell’attestare che NOME COGNOME ha effettuato i versamenti de quibus agitur in conto capitale. IL
A tal fine, ha valorizzato, da un canto, quanto esposto da NOME COGNOME, commercialista della società, e dallo stesso imputato e, dall’altro, il documento, allegato sub 9) alla relazione del curatore fallimentare ed indicato dall’appellante, cioè il libro giornale nel quale sono stati annotati i sedici pagamenti, eseguiti tra i 16 marzo ed il 26 aprile 2014 e per il complessivo importo di 13.100 euro, in favore di COGNOME e quale «restituzione anticipo».
Sotto altro aspetto, la Corte di appello ha esposto che i versamenti di COGNOME si collocano in un arco temporale connotato da costanti e gravi difficoltà economiche della società, onerata da una pesante espositoria debitoria già negli anni 2012 e 2013.
Ha, pertanto, ritenuto che il rimborso operato nel 2014 abbia violato la regola della postergazione stabilita dall’art. 2467 cod. civ. ed avallato, di conseguenza, l’inquadramento della condotta illecita in termini di bancarotta fraudolenta per distrazione anziché, come sostenuto da COGNOME, preferenziale.
Il giudice del rinvio ha, infine, disatteso le obiezioni dell’imputato in punto d elemento soggettivo del reato sul rilievo che egli, all’atto di restituire, in p soluzioni, a Ballato la somma da lui in passato erogata, era perfettamente
consapevole dello stato di decozione della società, le cui difficoltà erano, come detto, risalenti al 2012, e del pregiudizio arrecato ai creditori.
Al cospetto di un percorso argomentativo nitido e coerente, il ricorrente articola considerazioni critiche che non riescono in alcun modo a scalfire la tenuta logica della motivazione del provvedimento impugnato.
5.1. Ribadisce, per un verso, l’importanza dell’allegato 9) che, a suo dire, nulla avrebbe a che vedere con il libro giornale e darebbe, invece, conto dell’iscrizione in bilancio delle poste, dimostrativa del fatto che COGNOME ha inteso erogare un finanziamento infruttifero alla società anziché erogare un mutuo; tanto, per di più, in ossequio al principio consacrato all’art. 43 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, secondo cui le somme versate alle società dai loro soci si considerano date a mutuo se dai bilanci allegati alle dichiarazioni dei redditi della società non risulta che versamento sia stato fatto ad altro titolo.
Il ricorrente supporta la doglianza con un’allegazione della cui inammissibilità per tardività si è detto e che, va, per completezza, notato, concerne un documento di contenuto e portata di intellegibilità pressochè nulle.
A ciò va aggiunto, peraltro, che le annotazioni contabili relative alle singole operazioni non vincolano l’interprete atteso che, ha costantemente affermato la giurisprudenza di legittimità, «l’individuazione della natura del versamento dipende dalla ricostruzione della comune intenzione delle parti, la cui prova va desunta in via principale dal modo in cui il rapporto ha trovato concreta attuazione, dalle finalità pratiche cui appare diretto e dagl’interessi allo stesso sottesi, e sol in subordine dalla qualificazione che i versamenti hanno ricevuto in bilancio, la cui portata può risultare determinante, in mancanza di una chiara manifestazione di volontà negoziale, in considerazione della sottoposizione del bilancio all’approvazione dei soci» (Sez. civ. 1, n. 15035 del 08/06/2018, Rv. 649557).
Rebus sic stantibus, la sentenza impugnata si palesa senz’altro tetragona alle censure del ricorrente, affidate a contestazioni di tangibile inconsistenza, perché volte a contraddire, senza il benchè minimo conforto di ordine fattuale e logico, il ragionamento svolto dai giudici del rinvio, saldamente ancorato alle emergenze processuali e, precipuamente, agli apporti dichiarativi e documentali, oltre che alla collocazione dei finanziamenti in un frangente storico in cui la società era già attraversata, sul piano economico e finanzario, dalle fibrillazioni che, nel giro di qualche anno, si sarebbero acuite al punto da determinare il fallimento.
5.2. Non meno infondata si rileva la residua obiezione del ricorrente, il quale asserisce che, al tempo della restituzione, il fallimento non era in alcun modo pronosticabile, giacché l’impresa poteva contare su un credito largamente
superiore all’esposizione debitoria, della cui azionabilità non vi era ragione, in quel momento, di dubitare.
Detta affermazione non risulta, invero, minimamente riscontrata e trova, anzi, piena, plateale smentita nelle informazioni acquisite in ordine al progressivo
aggravamento della situazione della società, nonché, in chiave anche logica, nella prossimità tra le restituzioni, effettuate sino al 26 aprile 2014, e la dichiarazione
di fallimento, sopraggiunta a distanza di appena quarantasei giorni, circostanza che accredita ulteriormente la ricostruzione che vede COGNOME agire a beneficio del
socio Ballato in piena coscienza del danno patito, per effetto della sua condotta, dai creditori.
6. Dal rigetto del ricorso discende la condanna di COGNOME al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen..
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla per le spese della parte civile. Così deciso il 18/03/2025.