Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30370 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30370 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nato in Albania il 28/06/1986
avverso la sentenza del 29/01/2025 della Corte d’appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni, per il ricorrente, dell’Avv. NOME COGNOME che insiste per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento, con o senza rinvio, della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 29 gennaio 2025 , la Corte d’appello di Torino, in riforma della sentenza di assoluzione pronunciata dal Tribunale di Cuneo il 19 dicembre 2022, ha dichiarato la penale responsabilità di NOME COGNOME di cui
a ll’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, e lo ha condannato alla pena di un anno di reclusione, concesse le circostanze attenuanti generiche.
Secondo quanto ricostruito dai Giudici di merito, NOME COGNOME al fine di evadere le imposte sui redditi, avrebbe indicato nella dichiarazione UNICO 2017 della società ‘RAGIONE_SOCIALE, presentata il 18 ottobre 2017, elementi passivi fittizi avvalendosi di cinque fatture per operazioni soggettivamente inesistenti emesse dalla ditta individuale di Dorel Basesku in regime di reverse charge per un imponibile pari a 124.081,61 euro.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino indicata in epigrafe NOME COGNOME con atto sottoscritto dall’Avv. NOME COGNOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) , cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta configurabilità del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti.
Si deduce che le fatture di cui all’imputazione non solo non potevano incidere sull’IVA, in quanto emesse in regime di reverse charge , ma non potevano incidere nemmeno ai fini dell’IRPEF, siccome – al più – solo soggettivamente inesistenti. Si segnala che proprio sulla base di questi rilievi il Giudice di primo grado è pervenuto a pronunciare sentenza di assoluzione.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza di una interposizione fittizia di manodopera.
Si deduce che non vi sono elementi sulla cui base ritenere che gli operai della ditta individuale RAGIONE_SOCIALE fossero in realtà dipendenti della società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ Si osserva che la sentenza di appello non spiega compiutamente perché la valutazione del Tribunale, secondo cui non «non è stata fornita la prova dello svolgimento da parte di soggetti diversi da quelli, almeno formalmente, messi a disposizione dalla ditta RAGIONE_SOCIALE», non è condivisibile. Si rileva, inoltre, che è meramente apodittica l’affermazione della Corte d’appello secondo cui nella specie si è verificata una ipotesi di «illecito contratto di somministrazione di manodopera mascherato da un contratto di appalto di servizi», anche perché questa conclusione non può essere desunta unicamente dal fatto che la ditta RAGIONE_SOCIALE operava in regime di evasione totale.
La memoria presentata nell’interesse del ricorrente, in particolare, contesta la fondatezza delle osservazioni formulate nella requisitoria del Procuratore generale della Corte di cassazione, riproponendo le censure esposte nel ricorso, e
sottolineando che le stesse non si traducono in una rilettura nel merito della sentenza di appello, ma evidenziano carenze motivazionali della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito precisate.
Infondate sono le censure formulate nel secondo motivo, da esaminare preliminarmente per ragioni di economia espositiva, le quali contestano che l’attuale ricorrente, agendo quale amministratore della ‘RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE‘, si sia avvalso di una interposizione fittizia di manodopera, mediante i rapporti con la ditta di Dorel Basesku, come documentati dalle fatture indicate nell’imputazione, per l’importo di 124.081,61 euro.
2.1. La sentenza impugnata premette che le fatture indicate, utilizzate ai fini della dichiarazione dei redditi del 2017 per il 2016, sono state oggetto di rilievo da parte dell’Agenzia delle Entrate e, poi, di dich iarazione integrativa di rettifica nel 2020 nella quale l’imputato ha ‘ scomputato ‘ tali fatture dal reddito.
Osserva, poi, che le fatture oggetto di contestazione debbono ritenersi mendaci, in ragione di una pluralità di indizi, quali: a) l’identità del tenutario della contabilità della ‘RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE‘ e della ditta individuale di Dorel Basesku; b) l’ammissione dell’imputato, nel corso dell’esame, di essersi avvalso di cinque operai fornitigli dalla ditta di Dorel Basesku; c) la (in)consistenza della ditta di Dorel Basesku, agente in regime di evasione totale e priva di strutture, materiale e dipendenti; d) il mancato pagamento della somma complessivamente indicata nelle fatture, pari a 124.081,61 euro, con modalità tracciabili (l’imputato ha affermato di aver effettuato i pagamenti in contanti); e) la dichiarazione dell’imputato, nel corso dell’esame, di essersi più volte avvalso di lavoratori formalmente assunti da altre società per eseguire lavori nei cantieri edili; f) lo ‘scomputo’ delle predette fatture oggetto delle imputazioni dal reddito del 2016 mediante integrazione integrativa presentata dall’imputato nel 2020, a seguito di accertamenti fiscali, e la corresponsione del l’IRAP, ma non anche del l’IRPEF conseguentemente risultanti in aumento .
Sulla base di questi elementi, la Corte d’appello ha concluso che l’imputato si è avvalso di un illecito contratto di somministrazione di manodopera, schermato da un contratto di appalto di servizi, e che, quindi, le fatture indicate nell’imputazione sono formalmente riferite ad un negozio giuridico apparente, diverso da quello reale.
Peraltro, anche il Tribunale, pur pronunciando sentenza assolutoria, ha escluso l’inesistenza oggettiva delle prestazioni oggetto delle fatture, ma non anche l’inesistenza ‘soggettiva’ delle stesse. Ed ha escluso la responsabilità penale dell’attuale ricor rente sul presupposto che il reato di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 è integrato, con riguardo alle imposte dirette, esclusivamente in caso di inesistenza oggettiva delle prestazioni fatturate, non essendo invece sufficiente la m era inesistenza ‘soggettiva’ delle stesse.
2.2. Le conclusioni della sentenza impugnata sono immuni da vizi laddove affermano che l’attuale ricorrente, quale amministratore della ‘RAGIONE_SOCIALE, abbia utilizzato fatture in realtà relative a prestazioni da interposizione fittizia di manodopera.
La sentenza impugnata richiama, a tal fine, una pluralità di indizi precisi e congrui, e perviene ad una conclusione che non è nemmeno contrapposta quella raggiunta in primo grado, posto che la sentenza assolutoria è stata pronunciata solo perché si è ritenuto che il reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 sia configurabile, con riguardo alle imposte dirette, esclusivamente in caso di inesistenza oggettiva delle prestazioni fatturate.
Né, d’altro canto, il ricorso fornisce elementi idonei a far rilevare vizi logici nella ricostruzione dei fatti ad opera della Corte d’appello.
Infondate sono anche le censure enunciate nel primo motivo, le quali contestano l’affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, deducendo, in particolare, che lo stesso non è configurabile, con riguardo alle impost e dirette, in caso di inesistenza ‘soggettiva’ delle prestazioni fatturate.
In proposito, è sufficiente evidenziare che, secondo un principio già affermato nella giurisprudenza di legittimità, e condiviso dal Collegio, integra il delitto di cui all’art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, l’utilizzazione, nella dichiarazione ai fini delle imposte dirette, di fatture formalmente riferite a un contratto di appalto di servizi, che costituisca di fatto lo schermo per occultare una somministrazione irregolare di manodopera, realizzata in violazione dei divieti di cui al previgente d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, sostituito dal d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, trattandosi di fatture relative a un negozio giuridico apparente, diverso da quello realmente intercorso tra le parti, attinente ad un’operazione implicante significative conseguenze di rilievo fiscale (così Sez. 3, n. 45114 del 28/10/2022, Testa, Rv. 283771 -01, nonché, anche per espressi riferimenti in motivazione, Sez. 3, n. 50314 del 27/09/2023, Latempa, Rv. 285675 -01).
Alla infondatezza delle censure seguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 20/06/2025.