Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 46752 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 46752 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME,mato a Figline Valdarno (Fi) il 4/3/1968 avverso la sentenza del 23/2/2024 della Corte di appello di Firenze; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostit Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; udite le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME c ha chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 23/2/2024, la Corte di appello di Firenze confermava l pronuncia emessa il 15/2/2022 dal Giudice per le indagini preliminari del loc Tribunale, con la quale NOME COGNOME era stato riconosciuto colpevole d delitto di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 2, d. Igs. 10 marzo 2000, condannato – con rito abbreviato – alla pena di un anno, un mese e dieci giorn reclusione.
Propone ricorso per cassazione il Poggesi, deducendo i seguenti motivi:
inosservanza o erronea applicazione della norma contestata; mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine al dolo del reato. La Corte di appello avrebbe ribadito la condanna pur in assenza di elementi a conferma del dolo del delitto quanto all’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti: tra i numerosi elementi che non sarebbero stati valutati, i prezzi praticati dal ricorrente, in linea con il mercato, e la completa collaborazione offerta in sede di accertamento, ad esempio quanto ai rapporti con tale NOME COGNOME. Le indagini, dunque, non avrebbero offerto alcuna circostanza in ragione della quale il COGNOME avrebbe dovuto dubitare della correttezza soggettiva delle fatture; in senso contrario, peraltro, deporrebbero i pagamenti sempre tramite bonifico bancario e la percentuale – pari al solo 30% – degli acquisti contestati rispetto al totale del fatturato. La stessa Corte di appello, inoltre, affermerebbe che il ricorrente avrebbe interrotto i rapporti con il COGNOME quando aveva iniziato a dubitare della correttezza dell’operato di questi, così introducendo un argomento in palese contraddizione con l’esito del giudizio. Nessun elemento, neppure indiziario, dimostrerebbe pertanto il dolo del reato, ovvero la consapevolezza – in capo all’imputato – della natura di “cartiera” della società emittente; il Poggesi, infatti, avrebbe sostenuto realmente i costi ed avrebbe pagato l’IVA, ignorando che il soggetto che aveva reso la prestazione non avrebbe fatturato il corrispettivo. A tutto concedere, pertanto, un profilo di colpa, insufficiente a fondare una sentenza di condanna;
la violazione di legge ed il vizio di motivazione sono poi contestati con riguardo agli anni 2014 e 2015. La Corte di appello avrebbe rigettato la relativa censura invocando l’autonomia tra il processo tributario e quello penale; questo argomento sarebbe tuttavia errato, in quanto la necessità di sottrarre all’indagine (e al processo) le due annualità citate risulterebbe dalle chiare indicazioni offerte dalla Tenenza di finanza, che – preso atto della tardività degli accertamenti compiuti – avrebbe escluso il 2014 ed il 2015 dalla verifica, decurtandone i relativi importi. Tale conclusione, pertanto, rileverebbe anche in ambito penale, non solo in quello amministrativo. In riferimento alle due annualità, peraltro, non vi sarebbe alcun atto, né verifica, né accertamento tributario, né PVC; di ciò, tuttavia, i Giudici del merito non avrebbero tenuto conto, limitandosi a richiamare un principio l’autonomia tra ambito penale ed amministrativo – non riferibile al caso di specie per espressa indicazione della Tenenza di finanza;
in forza delle medesime considerazioni, infine, è dedotta l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’art. 12-bis, d. Igs. n. 74 del 2000, con riguardo alla confisca, disposta anche relativamente agli anni 2014 e 2015.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta manifestamente infondato.
Il primo motivo, che censura la sentenza con riguardo al profilo soggettiv del reato, è inammissibile: la doglianza tende ad ottenere in questa sede una consentita valutazione dei medesimi elementi d’indagine già esaminati dai Giudi del merito, ed in forza dei quali – con motivazione solida, coerente e pri illogicità manifesta – è stata affermata la consapevolezza, in capo al ricorren aver utilizzato fatture per operazioni soggettivamente inesistenti.
4.1. In particolare, la Corte di appello ha diffusamente esaminato tutt società emittenti, individuando – una ad una – gli elementi che ne manifestava il carattere di “cartiera”:
quanto a “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“, gli atti di indagine – pienamente utilizzabili alla luce del rito abbreviato – avevano evidenz l’irreperibilità dei rispettivi rappresentanti legali, la totale assenza di co l’omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali, l’omesso versamento dell’I relativa alla cessione di veicoli acquistati da fornitori. Il ricorrente, peralt riferito di aver acquistato vetture presso queste società trattando sempre con NOME COGNOME il cui numero di telefono gli sarebbe stato fornito da un refe di cui il COGNOME, tuttavia, non aveva saputo indicare neppure il nome; nes contatto, invece, con i legali rappresentanti delle stesse fornitrici, le quali, non avevano sede presso l’unico autosalone, in Roma, nel quale il ricorrente ave incontrato il COGNOME in un’occasione. Alcune delle fatture portate in contabilità stesso, inoltre, risultavano intestate a soggetti diversi, così c documentazione bancaria evidenziava palesi anomalie;
quanto alle ulteriori emittenti (ditta NOME COGNOME, “RAGIONE_SOCIALE“, “RAGIONE_SOCIALE“, “RAGIONE_SOCIALE“, “RAGIONE_SOCIALE“), le indagini ne avevano ulteriormente evidenziato, tra l’altro, l’inesistenza l’irreperibilità dei legali rappresentanti, la totale assenza della conta mancanza degli adempimenti fiscali.
4.2. Alla luce di questi elementi di fatto, che peraltro neppure il r contesta, i Giudici del merito hanno dunque riscontrato (anche) l’elemen soggettivo del reato, evidenziando che la pluralità dei rapporti intercorsi con q fornitori, curati personalmente dal ricorrente, l’ampiezza del period riferimento, l’opacità delle dichiarazioni dello stesso COGNOME quanto alle medes relazioni e a quelle con il citato COGNOME, in uno con le menzionate anom documentali, dovevano ritenersi sicuri indici della piena consapevolezza, in c all’imputato, del carattere soggettivamente falso delle fatture emesse dagli s
fornitori, poi utilizzate in dichiarazione così da riscontrare il delitto di cui all’a d. Igs. n. 74 del 2000.
4.3. A fronte di questa adeguata motivazione, peraltro, il ricorso si sviluppa su evidenti termini di fatto, non ammessi nel giudizio di legittimità perché propri della sola sede di merito. In particolare, è stato affermato che l’indagine non avrebbe offerto elementi idonei a giustificare dubbi al riguardo; che gli acquisti effettuati presso queste emittenti avrebbero costituito soltanto il 30% del fatturato della società; che i pagamenti sarebbero avvenuti sempre “mediante assegni e bonifici bancari in assoluta trasparenza”; che il ricorrente avrebbe “sostenuto realmente i costi perché ha pagato correttamente VIVA e altrettanto correttamente l’ha fatta confluire nelle relative dichiarazioni fiscali…ignorando l’esisten dell’eventuale sistema fraudolento posto in essere dalle società venditrici e dalle società emittenti”.
Il primo motivo di ricorso, pertanto, è manifestamente infondato.
La seconda e la terza censura, relative alle sole annualità 2014 e 2015 ed evidentemente connesse, risultano ancora del tutto prive di fondamento.
5.1. Con riferimento a questi esercizi, il gravame aveva sostenuto che nessun debito tributario era stato accertato, e che la Tenenza di finanza di Pontassieve aveva così rettificato VIVA evasa, decurtando proprio gli importi relativi alle due annualità (e confermando quelli concernenti il 2016 e il 2017); ancora, era stata evidenziata l’assenza di PVC quanto a tutte le emittenti fatture per i medesimi periodi 2014 e 2015, così che non risultava agli atti alcun accertamento induttivo.
Ebbene, la sentenza impugnata si è espressa su tali punti ancora con argomento adeguato e privo di alcuna illogicità manifesta, come tale non censurabile.
5.2. La Corte di appello, in particolare, ha innanzitutto affermato che la decadenza dell’Agenzia delle entrate dal relativo potere di accertamento non risultava rilevante, stante la completa autonomia tra processo tributario e processo penale. Ancora, ha evidenziato che, in ragione degli argomenti sopra richiamati, era stata congruamente provata la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato contestato, sotto il profilo oggettivo e psicologico, con riguard a tutte le annualità in rubrica, comprese dunque quelle qui in particolare esame. Quanto alla relativa confisca, infine, la sentenza ha sottolineato che, sebbene non vi fosse stata contestazione da parte dell’Agenzia delle entrate, in quanto decaduta dal relativo potere di accertamento, l’importo complessivo delle imposte evase doveva ritenersi facilmente calcolabile sulla base dei puntuali accertamenti compiuti dalla Guardia di finanza, alla luce delle fatture concernenti i rapporti tra la società ricorrente e le varie emittenti.
6. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2024
Il Presidente
Il Consigliere estensore