Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 27720 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 27720 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 07/02/1965
avverso la sentenza del 30/10/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi il ricorso inammissibile e dell’avv.to NOME COGNOME difensore di Milazzo, che si è riportato ai motivi del visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 30/10/2024, la Corte d’appello di Roma confermò la sentenza del Tribunale di Cassino in data 11/9/2023 che aveva ritenuto COGNOME NOME responsabile del reato di cui all’art. 8 d.lgs. 74/2000 e lo aveva condannato alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione, oltre pene accessorie.
Avverso la sentenza ha proposto ricorsa per Cassazione l’imputato, a mezzo il difensore di fiducia, che, con il primo motivo, denuncia il vizio di motivazione in tutte le sue declinazioni in relazione alla ritenuta insussistenza dell’operazione commerciale di cui alla fattura incriminata. Si deduce che la Corte territoriale
aveva ritenuto che la vendita della vettura Porsche da parte della RAGIONE_SOCIALE a NOME era simulata ma poi, in palese contraddizione, aveva concluso che la vendita fatta dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE era “non sussistente” in quanto il diritto di proprietà era stato trasferito a quest’ultima società da NOME. Si sostiene, infatti, che se il primo negozio di vendita era simulato era lecita la fattura emessa dalla RAGIONE_SOCIALE in favore della RAGIONE_SOCIALE.
2.1 Con il secondo motivo, si denuncia la mancanza di motivazione in relazione alla posizione di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE attribuita a Milazzo. Si lamenta che la Corte territoriale non aveva risposto al motivo di appello che aveva contestato la qualifica di amministratore di fatto della società attribuita a Milazzo rilevando che l’imputato non aveva la delega a operare sui conti della RAGIONE_SOCIALE e che tale punto non era stato oggetto di indagine da parte della Guardia di Finanza.
2.2 Con ulteriore motivo, si lamenta la “mancanza di autonoma motivazione della sentenza rispetto all’altra emessa nei confronti dei coimputati COGNOME e COGNOME“. Si rappresenta che la Corte territoriale aveva riunito processi svoltisi in primo grado con diversi riti così acquisendo materiali probatori che avrebbero dovuto restare “rigorosamente distinti” mentre, invece, aveva adottato due sentenze identiche nella parte motiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo del ricorso è inammissibile in quanto aspecifico non confrontandosi con la motivazione del provvedimento impugnato.
La Corte d’appello ha seguito la ricostruzione dell’operazione proposta con il gravame, che rappresentava che la vettura era stata trasferita dalla RAGIONE_SOCIALE a Mihai, e ha correttamente rilevato che il mancato pagamento del prezzo da parte di NOME non comportò “il ripristino della titolarità del diritto dominicale in capo alla RAGIONE_SOCIALE“, risultando il trasferimento della proprietà conseguito all’ accordo intercorso fra le parti. La RAGIONE_SOCIALE pertanto, avendo trasferito a NOME la proprietà della vettura, non poteva più procedere alla vendita dell’automobile alla Expert con la conseguenza che l’emissione della fattura n. 23 del 2/3/2016 integra la fattispecie del delitto ritenuto.
Con tale percorso argomentativo il ricorso non si confronta limitandosi a riproporre l’argomento secondo cui per effetto del mancato pagamento da parte di RAGIONE_SOCIALE riacquistò “la piena disponibilità” della vettura. L’argomento, tuttavia, confonde il possesso con il diritto di proprietà, il cui trasferimento alla società necessitava di un atto negoziale uguale e contrario a quello che aveva trasferito il bene alla moglie di Milazzo. Atto negoziale che neppure il ricorso assume essere intervenutoNOME
1.1 Non è poi vero, come si legge in ricorso, che “l’impugnata sentenza…ricorre nella stessa contraddittorietà della sentenza di primo grado laddove ci si sofferma lungamente e si motiva sulla non validità dell’originaria vendita della vettura RAGIONE_SOCIALE all’acquirente NOME…) affermandola assolutamente non veritiera e, quindi, simulata”.
La sentenza della Corte d’appello non fa menzione alla predetta ipotesi, risultando l’intera motivazione incentrata sull’acquisizione del diritto di proprietà da parte di NOME e, quindi, dell’inesistenza della vendita documentata dalla fattura incriminata.
2. Inammissibile risulta anche il secondo motivo di impugnazione.
L’articolata motivazione del Tribunale di Cassino, che individuava molteplici elementi che concorrevano a dimostrare che il gestore della RAGIONE_SOCIALE era Milazzo, non trovando altrimenti spiegazione i consistenti flussi di denaro intercorsi fra l’imputato e la società o la disponibilità della Porsche, è stata ignorata dal gravame il quale non ha confutato la valenza dimostrativa degli indizi valorizzati dal Tribunale ma ha dedotto circostanze del tutto marginali che non intaccavano la logicità del ragionamento inferenziale esposto nella sentenza appellata.
Non è, quindi, ravvisabile alcun deficit motivazionale nella sentenza impugnata che si è riportata al ragionamento probatorio del Tribunale sottolineando l’inammissibilità del motivo di gravame.
Va, infatti, rammentato che:
l’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici, rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento de decisione impugnata (fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato: così Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, COGNOME, Rv. 268822);
il motivo con cui si proponga in Cassazione una doglianza riferita all’omessa motivazione in relazione ad un motivo d’appello comunque inammissibile è geneticamente inammissibile anch’esso. Infatti, il difetto di motivazione della sentenza di appello in ordine a motivi generici, pur se proposti in concorso con altri motivi specifici, non può formare oggetto di ricorso per Cassazione, poiché i motivi generici restano viziati da inammissibilità originaria (vedi, Sez. 1, n. 7096 del 20/1/1986, Ferrara, Rv. 173343; Sez. 4, n. 1982 del 15/12/1998, dep. 1999, COGNOME, Rv. 213230; Sez. 3, n. 10709 del 25/11/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262700; Sez. 5, n. 44201 del 29/9/2022, Testa). E ben si comprende la ratio sottesa a tale orientamento, poiché non avrebbe senso l’annullamento della
sentenza di appello con rinvio al giudice di secondo grado a causa dell’omesso esame di un motivo di gravame, che in sede di rinvio per il suo esame sarebbe
comunque destinato alla declaratoria di inammissibilità.
3. Inammissibile per genericità risulta l’ultimo motivo d’impugnazione non spiegando il ricorso quali elementi probatori inutilizzabili sono stati inseriti nel
ragionamento probatorio fondante la condanna di Milazzo.
4. Rilevato che non sussistono elementi per ritenere, alla luce della sentenza del 13.6.2000 n.186 della Corte costituzionale, che “la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”
all’esito del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento di una somma, in favore
della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata come in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 24/6/2025