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Fatture false: la Cassazione sulla prescrizione

La Corte di Cassazione conferma la condanna di un imprenditore per l’utilizzo di fatture false emesse da una società a lui riconducibile. La sentenza stabilisce che il reato non è prescritto, chiarendo che la previsione di una pena più mite per importi inferiori a centomila euro costituisce una circostanza attenuante e non modifica il termine di prescrizione decennale del reato.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Fatture False: La Prescrizione non Cambia per Importi Bassi

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture false, fornendo chiarimenti cruciali sulla prescrizione del reato. La decisione conferma che, anche dopo le recenti modifiche legislative che hanno introdotto una pena più mite per frodi sotto i 100.000 euro, il termine di prescrizione non si accorcia. Questa pronuncia è fondamentale per imprenditori e professionisti, poiché ribadisce la severità con cui l’ordinamento persegue questo tipo di illeciti fiscali.

I Fatti del Caso

Un imprenditore individuale veniva condannato in primo e secondo grado per aver inserito nella sua dichiarazione dei redditi elementi passivi fittizi per quasi 40.000 euro. L’operazione illecita era stata realizzata avvalendosi di fatture emesse da una società a responsabilità limitata che, secondo i giudici, era un mero “strumento operativo” nelle mani dello stesso imputato. La società, infatti, era partecipata al 50% dall’imprenditore e per il resto da suoi familiari con professionalità non attinenti all’oggetto sociale (ingegneria e progettazione), ed era priva di una reale struttura aziendale capace di eseguire le prestazioni fatturate. L’imprenditore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando un’errata valutazione delle prove e sostenendo che il reato si fosse ormai estinto per prescrizione.

La Decisione della Corte: Respinte le Tesi Difensive

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la condanna. I giudici hanno ritenuto l’impianto accusatorio solido e le motivazioni dei giudici di merito logiche e coerenti.

La Prova delle Fatture False

Sul primo punto, la Corte ha stabilito che la valutazione dei giudici di merito era corretta. Le prove raccolte dimostravano che la società emittente era una “scatola vuota”, funzionale solo a creare costi fittizi per abbattere l’imponibile dell’impresa individuale dell’imputato. La genericità delle fatture, l’assenza di prova dei pagamenti e la palese illogicità di subappaltare lavori a una società controllata da sé stesso e priva di competenze specifiche, sono stati elementi chiave per confermare la colpevolezza.

L’Importanza delle Fatture False e la Prescrizione

Il punto più rilevante della sentenza riguarda la prescrizione. La difesa sosteneva che dovesse applicarsi un termine più breve (7 anni e 6 mesi) in virtù della modifica legislativa del 2019, che ha introdotto una fattispecie meno grave per frodi con elementi passivi fittizi inferiori a 100.000 euro. La Cassazione ha respinto questa interpretazione. Ha chiarito che la nuova norma non introduce un reato autonomo, ma una semplice circostanza attenuante. Secondo il Codice Penale (art. 157, comma 2), le attenuanti non incidono sul calcolo della prescrizione, che deve essere determinata sulla base della pena massima prevista per il reato base. Per la dichiarazione fraudolenta commessa dopo il 14 settembre 2011, questo termine è di 10 anni.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando la necessità di interpretare le norme in modo sistematico. La previsione di una pena ridotta per fatti di minore entità non trasforma la natura del reato, ma ne modula la sanzione in base alla gravità concreta. Di conseguenza, il disvalore penale della condotta di chi utilizza fatture false rimane elevato, e il legislatore ha inteso mantenere un termine di prescrizione lungo (10 anni) per consentire all’amministrazione finanziaria e alla giustizia di perseguire efficacemente tali illeciti. Permettere una prescrizione più breve per l’ipotesi attenuata creerebbe una disparità di trattamento ingiustificata e indebolirebbe la lotta all’evasione fiscale.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza riafferma due principi fondamentali. Primo, la prova dell’inesistenza delle operazioni fatturate può essere desunta da un complesso di elementi logici e presuntivi che dimostrino come la società emittente sia una mera “cartiera” o uno schermo fittizio. Secondo, e più importante, la prescrizione per il reato di dichiarazione fraudolenta con fatture false rimane di 10 anni, anche se l’importo frodato è inferiore a 100.000 euro. La norma che prevede una pena più lieve è una circostanza attenuante che non ha effetto sul decorso del tempo necessario a estinguere il reato. Gli operatori economici devono quindi essere consapevoli che il ricorso a tali pratiche illecite comporta un rischio penale concreto e prolungato nel tempo.

Quando una fattura può essere considerata falsa ai fini penali?
Una fattura è considerata falsa quando documenta operazioni inesistenti. Nel caso specifico, l’inesistenza è stata provata dimostrando che la società emittente era un mero strumento nelle mani dell’imputato, priva di una reale struttura operativa per eseguire le prestazioni fatturate.

L’introduzione di una pena più lieve per le fatture false di importo inferiore a 100.000 euro riduce il termine di prescrizione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che questa previsione normativa non costituisce un reato autonomo, ma una circostanza attenuante. Come tale, non incide sul calcolo del tempo necessario per la prescrizione, che resta quello previsto per la fattispecie principale del reato.

Come si calcola la prescrizione per il reato di dichiarazione fraudolenta con fatture false?
Per i reati commessi dopo il 14 settembre 2011, il termine di prescrizione è di 10 anni. Questo termine decorre dalla data di commissione del reato, che coincide con la presentazione della dichiarazione fiscale fraudolenta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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