Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1027 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1027 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Mazzarà Sant’Andrea il 21-04-1964, avverso la sentenza del 22-01-2024 della Corte di appello di Messina; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reato estinto per prescrizione; udito l’avvocato NOME COGNOME COGNOME difensore di fiducia del ricorrente, che ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza dell’Il aprile 2023, il Tribunale di Messina, riconosciute le attenuanti generiche, condannava NOME COGNOME alla pena di anni 1 e mesi 2 di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del delitto di cui all’art. 2 del d. Igs. n. del 2000, reato a lui contestato per avere indicato, quale titolare dell’omonima ditta individuale, nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2014, elementi passivi fittizi per un ammontare di 39.600 euro di imponibile e di 8.712 euro di iva, avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE fatto commesso in Barcellona Pozzo di Gotto il 31 dicembre 2015.
Con sentenza del 22 gennaio 2024, la Corte di appello di Messina, in parziale riforma della sentenza di primo grado, concedeva all’imputato la sospensione condizionale della pena, confermando nel resto la decisone del Tribunale.
Avverso la sentenza della Corte di appello peloritana, COGNOME tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi.
Con il primo, la difesa contesta, sotto il profilo del travisamento della prova e del difetto di motivazione in ordine alle censure difensive, la conferma del giudizio di colpevolezza dell’imputato rispetto al reato a lui ascritto, osservando che le affermazioni della Corte territoriale si fondano su dati probatori inesistenti, essendo meramente congetturale l’affermazione secondo cui gli altri soci della RAGIONE_SOCIALE non avevano le competenze tecniche necessarie, posto che alcun accertamento in tal senso è stato svolto, mentre sono state ignorate le deposizioni dei testi tecnici che hanno precisato di essersi rapportati con la Tecno in persona della sua responsabile legale NOME COGNOME e non con l’imputato, che dunque non è affatto provato che fosse il dominus di tale società, a ciò aggiungendosi che COGNOME era obbligato a firmare e timbrare personalmente gli elaborati progettuali, che non potevano essere firmati dai loro autori/progettisti, veri e propri ghostwriters.
Con il secondo motivo, oggetto di doglianza è la mancata declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, rilevandosi che la prescrizione massima applicabile è quella di 7 anni e 6 mesi, posto che la più lieve fattispecie di cui l’imputato è stato ritenuto colpevole, ossia quella di cui al comma 2 bis dell’art. 2 del d. Igs. n. 74 del 2000, è stata introdotta solo con la legge n. 157 del 2019, legge posteriore a quella che, otto anni prima, ha modificato in peius il termine prescrizionale previsto per l’unica fattispecie originariamente sussistente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Iniziando dal primo motivo, occorre evidenziare che la conferma del giudizi di colpevolezza dell’imputato in ordine al reato di cui all’art. 2 del d. Igs. n 2000 a lui ascritto non presenta vizi di legittimità rilevabili in questa sede.
E invero le due conformi sentenze di merito, destinate a integrarsi reciprocame per formare un apparato motivazionale unitario, hanno operato un’adeguata disamina delle risultanze probatorie acquisite, valorizzando gli esiti della ve fiscale svolta nel 2019 dai funzionari dell’Agenzia dell’Entrate, i quali, nel com accertamenti nei confronti dell’impresa individuale di NOME COGNOME rispetto all di imposta 2014, hanno soffermato la propria attenzione sulle spese indicate n dichiarazione fiscale Unico 2015, riferite a 4 fatture emesse tra il 15 e dicembre 2014 dalla società RAGIONE_SOCIALE per un imponibile di 39.600 euro.
Tali fatture sono state ritenute false, non solo perché tutte emesse in pross di fine anno, sebbene riguardassero relazioni redatte in mesi diversi e anch gran lunga risalenti rispetto alla fatturazione dei costi, ma anche per contribuente non aveva prodotto alcuna documentazione in ordine all’effettiv pagamento delle fatture, non essendo provato che i relativi assegni, quand’anc emessi, siano stati portati all’incasso con conseguente addebito sul conto corre
A ciò è stato aggiunto, da un lato, che le relazioni prodotte dall’imputato state firmate non dalla Tecno, ma dallo stesso COGNOME, dall’altro, che le fatture tutte estremamente generiche, non essendo in grado di fornire i dati necessari cui desumere natura, qualità e quantità dei beni ehservizi oggetto delle sin prestazioni, secondo quanto disposto dall’art. 21 del d.P.R. n. 633 del 1972.
La falsità delle fatture n. 4, 5, 6 e 7 del 2014 emesse dalla RAGIONE_SOCIALE dunque ricollegata all’oggettiva inesistenza delle operazioni ad esse sottese peraltro risultavano oltremodo distoniche rispetto’alla professionalità dei soci RAGIONE_SOCIALE società impegnata in servizi di progettazione e ingegneria integ quest’ultima era infatti ricónducibile per il 50% delle quote proprio all’imputa per le restanti quote, al di lui padre, agricoltore, alla madre, occupata in di affittacamere e alla moglie, laureata in medicina; del resto, come sottoli dal primo giudice (pag. 13), non si spiega per quale ragione COGNOME avrebbe dovu rivolgersi alla società RAGIONE_SOCIALE, consapevole dell’assenza di figure profess al suo interno a parte se stesso, per l’esecuzione di prestazioni che il mede non era in grado di sostenere da solo per onorare gli impegni asseritamen assunti con la Vodafone s.p.a., con cui aveva stipulato un accordo (peral risalente al 2011, privo di sottoscrizione e anzi recante alla pagina finale di c allegato le generalità di altro ingegnere diverso dall’imputato), piuttost subappaltare egli stesso, in quanto a sua volta titolare di partita iva, le prestazioni professionali ai vari tecnici portati in giudizio dalla difesa, che non risulta abbiano ricevuto i loro compensi con modalità tracciabili, avendo a alcuni di loro persino escluso di aver emesso fattura per quanto di competenza
Nel condividere l’impostazione del primo giudice, la Corte di appello ha ribad (pag. 4 della sentenza impugnata) che la società RAGIONE_SOCIALE in ragione dell comprovate carenze strutturali, si è rivelata essere un mero strumento operati nelle mani di COGNOME senza alcuna alterità di centri reali di imputazione econom essendo dunque l’emissione delle fatture da parte della RAGIONE_SOCIALE funzionale scopo di abbattere l’imponibile tramite l’apparenza di costi in realtà non soste
1.1. In definitiva, in quanto sorretto da argomentazioni razionali e coer con le acquisizioni probatorie, il giudizio sulla sussistenza e sull’ascri all’imputato del reato a lui contestato non presta il fianco alle censure dife con le quali si sollecita sostanzialmente una differente lettura delle acquis probatorie, operazione questa che esula dal perimetro del giudizio di legittim dovendosi richiamare in proposito la consolidata affermazione della giurisprudenz di questa Corte (cfr. ex plurimis Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601 e Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482), secondo cui, in tema di giudizio di cassazione, a fronte di un apparato argomentativo privo di profil irrazionalità, come quello in esame, sono precluse al giudice di legittimi rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugna l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migl capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito.
Di qui l’infondatezza delle doglianze in punto di responsabilità.
Il secondo motivo sulla mancata declaratoria di estinzione del reato p prescrizione è parimenti destituito di fondamento.
Ed invero, in forza della previsione di cui all’art. 17, comma 1 bis, del d. Igs. n. 74 del 2000, in vigore dal 14 settembre 2011, il contestato delitto di cui all’ar medesimo decreto, commesso il 31 dicembre 2015, si prescrive in 10 anni, per cui la prescrizione massima matura il 31 dicembre 2025. Né rileva la successiv introduzione da parte dell’art. 39 del decreto legge n. 124 del 2019, conve dalla legge n. 159 del 2019, della previsione di cui al comma 2 bis dell’art. 2 del d. Igs. n. 74 del 2000, secondo cui, se l’ammontare degli elementi passivi fit inferiore a centomila euro, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei Quella in esame, infatti, come già precisato da questa Corte (cfr. Sez. 3, n. del 07/01/2016, Rv. 265948) in relazione all’analoga previsione di cui all’origi art. 2, comma terzo, del d. Igs. n. 74 del 2000, applicabile ai fatti anterio settembre 2011, costituisce non una fattispecie autonoma, ma una circostanz attenuante, come tale inidonea a incidere sul computo della prescrizione ai s dell’art. 157, comma 2, cod. pen., per cui la prescrizione non può che es calcolata avuto riguardo alla pena edittale (da un anno e sei mesi a sei an reclusione) di cui al comma 1 dell’art. 2 vigente all’epoca del fatto, pena pe coincidente con quella introdotta dal legislatore del 2019 per l’ipotesi attenu
GLYPH 3. Alla stregua di tali considerazioni, il ricorso proposto nell’interesse di NOME deve essere quindi rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 19/09/2024