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Fatture false: anche l’autofattura è reato grave

Un’imprenditrice è stata condannata per aver utilizzato una fattura autoprodotta per ridurre il proprio reddito imponibile. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false (art. 2, D.Lgs. 74/2000), specificando che il reato sussiste anche quando la fattura è materialmente falsa, ovvero creata dallo stesso utilizzatore, e non solo ideologicamente falsa (emessa da terzi per operazioni inesistenti). La Corte ha respinto la richiesta di riqualificare il fatto nel reato di cui all’art. 3, che prevede soglie di punibilità.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Fatture False: Anche Quelle Autoprodotte Integrano il Reato Più Grave

L’utilizzo di fatture false rappresenta uno degli espedienti più comuni per l’evasione fiscale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 13364/2024) ha ribadito un principio fondamentale: il reato di dichiarazione fraudolenta tramite fatture per operazioni inesistenti si configura anche quando il documento falso è creato dallo stesso contribuente. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso, chiudendo la porta a interpretazioni che miravano a inquadrare la condotta in fattispecie meno gravi.

Il Caso: L’Utilizzo di una Fattura Autoprodotta

La vicenda riguarda la titolare di una ditta individuale, condannata per aver inserito nella sua dichiarazione dei redditi relativa al 2015 un elemento passivo fittizio di 85.000 euro. Tale costo era supportato da un’unica fattura per operazioni inesistenti. La particolarità del caso risiedeva nel fatto che la fattura non era stata emessa da un terzo compiacente, ma era stata materialmente creata dalla stessa imputata, facendola apparire come proveniente da un’altra ditta.

La Tesi Difensiva: Riqualificazione e Soglie di Punibilità

Nei gradi di merito e in Cassazione, la difesa ha sostenuto una tesi precisa: la condotta non doveva essere inquadrata nel reato di “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” (art. 2 del D.Lgs. 74/2000), bensì in quello di “dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici” (art. 3 del medesimo decreto).

La distinzione non è puramente formale. L’art. 2, considerato più grave, non prevede soglie di punibilità: l’utilizzo di fatture false è reato a prescindere dall’importo. L’art. 3, invece, punisce la condotta solo se vengono superate determinate soglie di imposta evasa e di elementi fittizi. Nel caso di specie, tali soglie non erano state superate, quindi la riqualificazione avrebbe portato all’assoluzione. Secondo la difesa, l’art. 2 si applicherebbe solo alle fatture ideologicamente false (emesse da un terzo), mentre l’uso di una fattura materialmente falsa (autoprodotta) costituirebbe uno degli “altri artifici” previsti dall’art. 3.

L’Analisi della Corte sulle Fatture False

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, confermando la condanna per il reato previsto dall’art. 2. I giudici hanno smontato la tesi difensiva basandosi su un’interpretazione consolidata e sulla ratio della norma.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha chiarito che la legge non fa distinzione tra falso materiale e falso ideologico. L’art. 2 si limita a richiedere l’utilizzo di “fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”, senza specificare come tale falsità debba realizzarsi. Pertanto, è irrilevante che il documento sia stato creato ex novo dall’utilizzatore o emesso da un terzo.

La ratio della norma è quella di punire in modo più severo chi si precostituisce artificialmente dei costi attraverso documenti dotati di particolare forza probatoria, come le fatture. La loro capacità di ingannare il fisco è considerata intrinsecamente maggiore rispetto ad altri artifici contabili, giustificando così l’assenza di soglie di punibilità. La giurisprudenza citata dalla Corte (a partire dalla sentenza “Iossa” del 2011 fino a pronunce più recenti) ha costantemente affermato che il reato di cui all’art. 2 è configurabile anche quando “la falsa documentazione venga creata dal medesimo utilizzatore che la faccia apparire come proveniente da terzi”.

Inoltre, la Corte ha respinto l’argomento secondo cui la riforma del 2015, che ha inserito un riferimento alle fatture anche nell’art. 3, avrebbe cambiato il rapporto tra le due norme. Il discrimine rimane la modalità di documentazione: l’art. 2 sanziona l’uso di fatture, mentre l’art. 3, attraverso una clausola di riserva (“ove il fatto non costituisca più grave reato”), si applica a condotte fraudolente diverse e ulteriori.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce con fermezza un principio di estrema importanza pratica. Qualsiasi contribuente che utilizzi fatture false per evadere le imposte commette il grave reato previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 74/2000, indipendentemente dal fatto che tali fatture siano state ricevute da terzi o create autonomamente. Questa condotta è punita penalmente senza alcuna soglia minima di valore, a causa della sua elevata capacità decettiva. L’esito del ricorso, dichiarato inammissibile, conferma l’orientamento rigoroso della giurisprudenza in materia di frodi fiscali basate su documentazione fittizia.

Creare da soli una fattura falsa e usarla in dichiarazione è reato?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs. 74/2000) si configura anche se la fattura è materialmente falsa, cioè creata dallo stesso soggetto che la utilizza.

Qual è la differenza principale tra il reato previsto dall’art. 2 e quello dell’art. 3 del D.Lgs. 74/2000?
La differenza fondamentale risiede nel tipo di condotta e nelle soglie di punibilità. L’art. 2 punisce specificamente l’uso di fatture o documenti equivalenti per operazioni inesistenti, senza prevedere alcuna soglia minima di valore. L’art. 3 punisce altre condotte fraudolente (es. false rappresentazioni contabili) e si applica solo al superamento di precise soglie di punibilità sia per l’imposta evasa che per l’ammontare degli elementi fittizi.

Per il reato di utilizzo di fatture false è prevista una soglia minima di valore per essere puniti?
No. La sentenza chiarisce che il reato di cui all’art. 2 D.Lgs. 74/2000 non prevede alcuna soglia di punibilità. L’utilizzo di una fattura per operazioni inesistenti nella dichiarazione dei redditi è penalmente rilevante a prescindere dall’importo della fattura stessa o dell’imposta evasa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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