Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 28328 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 28328 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato il 03/04/1957 a MONTE COGNOME COGNOME nata il 25/08/1960 a ROMA parti civili nel procedimento a carico di: COGNOME nato il 07/04/1982 a COGNOME nato il 29/09/1981 a ROMA avverso la sentenza in data 12/12/2024 della CORTE DI APPELLO DI ROMA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata; il 27/06/2025, che, nell’interesse di NOME COGNOME e COGNOME ha letta la memoria dell’Avvocato COGNOME pervenuta concluso per l’inammissibilità o il rigetto de i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Deduce:
Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 516 e 518 cod. proc. pen., in riferimento a lla declaratoria di nullità ai sensi dell’art. 604 cod. proc. pen…
I ricorrenti premettono di avere interesse a impugnare atteso che la decisione ha travolto le statuizioni civili e che la regressione del procedimento provocherebbe ineluttabilmente la prescrizione dei reati, ancor prima della pronuncia di una sentenza di primo grado, con la conseguente impossibilità di far valere le proprie pretese.
Evidenziano, dunque, che all’udienza del 18/02/2021 avanzavano istanza di correzione dell’imputazione e che l’istanza veniva in effetti accolta dal PM che apportava delle modifiche all’imputazione originaria , nel senso che ‘laddove è indicata la somma complessiva di euro 22.156,00 deve intendersi 17.904,00 euro e laddove è indicato in Roma dall’8.8.2016 al 25.8.2016 deve invece intendersi dall’8.8.2016 fino all’11.9.2016’ .
Precisano che il giudice disponeva la notifica agli imputati assenti del verbale di udienza, dove erano state annotate le enunciate modifiche.
Aggiungono che gli imputati promuovevano una specifica eccezione alla rettifica così operata dal pubblico ministero; eccezione che veniva rigettata dal giudice, il quale osservava che «nel caso in esame, la contestazione come rettificata non introduce aspetti nuovi rispetto al contenuto degli atti a disposizione dell’imputato sin dalle indagini preliminari riguardando anzi importi che sarebbero oggetto di appropriazione inferiori rispetto a quelli indicati nell’addebito e mirando per come esposto dall’accusa e dalla parte civile – la precisazione del tempus commissi delicti a conformare l’imputazione al contenuto della querela ».
I ricorrenti osservano ulteriormente che la medesima eccezione difensiva veniva reiterata davanti al giudice in diversa persona fisica e anche in questo caso veniva rigettata considerandosi che «il tenore letterale del capo d’imputazione che già descrive l’episodio del settembre 2016, il contenuto della querela da cui emergeva sin da subito il contenuto dell’episodio e altresì che l’imputazione, così come modificata, risulta addirittura più favorevole agli imputati quanto al danno cagionato».
Si rimarca, dunque, che l’appropriazione indebita dell’11/09/2016 era -sia pur stringatamentecontenuta nel capo d’imputazione e che, comunque, erano state rispettate le formalità previste dall’art. 516 cod. proc. pen., visto che il pubblico ministero aveva formalizzato la modifica del capo d’imputazione, procedendo alla notifica del capo d’imputazione così come modificato.
Si evidenzia, infine, che le eccezioni sopra riportate, una volta rigettate dal giudice di primo grado, non sono state riproposte davanti alla corte di appello con l’impugnazione di merito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Il giudice di primo grado ha assolto gli imputati dai reati commessi dal dal 08/08/2016 al 25/08/2016, mentre li ha condannati per il fatto commesso in data 11/09/2016.
La Corte di appello ha rilevato, d’ufficio, che la contestazione contenuta nel capo d’imputazione era riferita a un arco temporale compreso tra il 08/08/2016 e il 25/08/2016, così che non era stato contestato agli imputati il fatto dell’11/09/2016, per il quale -solo- avevano riportato condanna.
Si legge a tale riguardo nella sentenza impugnata: «il fatto contestato, come è evidente dalla indicazione temporale, riguardava appropriazioni commesse nel periodo indicato tra l ‘ 8 e il 25 agosto 16. Al contrario il primo giudice -nell ‘ assolvere gli imputati dai fatti oggetto specifico della contestazione- ha condannato gli imputati per un fatto commesso in data 11/9/16. Trattasi di un fatto estraneo alla originaria imputazione e rispetto al quale il pubblico ministero non ha esercitato l’azione penale né in limine litis né attraverso i meccanismi di cui all’art. 516 e seguenti cpp».
I ricorrenti si dolgono dell’erroneità di tale ultimo inciso e sostengono che, in realtà, il pubblico ministero aveva proceduto a una formale contestazione ai sensi dell’art. 516 cod. proc. pen., rettificando gli importi e l’ arco temporale di commissione del reato.
Ciò premesso, al fine di risolvere la questione proposta con il ricorso, occorre anzitutto inquadrare la vicenda processuale, e stabilire se essa configuri un’ipotesi di fatto diverso ovvero di fatto nuovo.
2.1. A tale proposito va ricordato che si definisce “fatto” il complesso di quegli accadimenti che integrano gli estremi del reato, nella sua giuridica configurazione, in quanto elementi costitutivi o circostanziali (Sez. 6, n. 12800 del 14/11/1991, Casanova).
II “fatto diverso ” è un accadimento storico che presenta connotazioni materiali difformi da quelli descritti nell’imputazione originaria, rendendo necessaria una modifica della contestazione degli elementi essenziali del reato (Sez. 4, n. 10149 del 15/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280938 -01; Sez. 3, n. 8965 del 16/1/2019, COGNOME, Rv. 275928 – 01).
Il fatto diverso, dunque, non è un fatto ulteriore rispetto a quello contestato ab origine ma consiste nel medesimo episodio storico che, tuttavia, risulta essersi
svolto entro coordinate cronologiche, spaziali o modali difformi da quanto descritto nell’imputazione.
L’emergere di ulteriori fatti di rilevanza penale, accanto a quelli originariamente contestati, si inscrive invece nel paradigma del fatto nuovo.
Per “fatto nuovo” si intende, infatti, un accadimento autonomo rispetto a quello contestato e del tutto distinto da quest’ultimo, ossia un episodio storico che a esso non si sostituisce ma si aggiunge, affiancando il fatto oggetto dell’imputazione originaria quale autonomo thema decidendum (Cass., Sez. 6, n 6987 del 19/10/2010, dep. 2011, N., Rv. 249461 -01; successive conformi: Sez. 4, n. 10149 del 15/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280938 -01; Sez. 3, n. 8965 del 16/1/2019, COGNOME, Rv. 275928 -01; Sez. 3, n. 8078 del 10/10/2018, dep. 2019, Cammi, Rv. 275839 – 01).
Ne deriva che il fatto nuovo può coesistere con quello per cui si procede ab origine, laddove il fatto diverso risulta incompatibile con l’imputazione iniziale.
2.2. Quando nel corso dell’istruzione dibattimentale emerga un fatto diverso, il pubblico ministero può procedere alla sua contestazione in udienza. Della nuova contestazione viene dato atto nel verbale che verrà notificato all’imputato eventualmente assente.
Tali formalità non producono l’interruzione del dibattimento, che proseguirà sulla base della nuova contestazione, proprio perché -per come visto- il fatto diverso, pur non ricompreso nella contestazione iniziale, è riconducibile al medesimo nucleo storico-fattuale e si presenta come una sua estensione compatibile con le garanzie del contraddittorio.
Diversa è l’ipotesi in cui emerga nel dibattimento un fatto storico ontologicamente distinto da quello per cui è stato instaurato il giudizio: in tal caso trova applicazione l’art. 518 c od. proc. pen., che impone al pubblico ministero di formulare una nuova imputazione scritta.
Il giudice non può decidere sul fatto diverso: deve interrompere il dibattimento e restituire gli atti al pubblico ministero per l’eventuale esercizio dell’azione penale nelle forme ordinarie, anche attraverso la richiesta di rinvio a giudizio, ove prevista.
Il procedimento deve pertanto ripartire, con piena garanzia del contraddittorio e del diritto di difesa, a tutela dell’imputato.
Tale disciplina può essere derogata soltanto qualora il pubblico ministero faccia richiesta al giudice di essere autorizzato alla contestazione in udienza e, ottenuta l’autorizzazione, vi sia il consenso dell’imputato presente, senza che ne derivi pregiudizio per la speditezza dei procedimenti.
Così enucleate le nozioni di fatto nuovo e di fatto diverso e individuata la disciplina per le contestazioni nell’uno e nell’altro caso, va rilevato che la ‘correzione’ effettuata dal pubblico ministero nel corso dell’udienza del 18/02/2021 va
ricondotta in parte nella nozione di ‘fatto diverso’ e in parte nella nozione di ‘fatto nuovo’.
3.1. Come visto, il pubblico ministero , rispetto all’imputazione originaria, ha modificato l’ammontare delle somme oggetto di appropriazione, che venivano indicate in complessivi euro 17.904,00 euro, invece che in euro 22.156,00, come originariamente contestato.
Va osservato che l ‘ammontare della somma costituente l’ingiusto profitto è certamente riconducibile al medesimo nucleo storico-fattuale dell’originaria imputazione, che è rimasta sostanzialmente immutata, così che la sua modifica concretizza un ‘ipotesi di fatto diverso.
La modifica, per il vero, si riverbera in senso favorevole all’imputato e non necessiterebbe di nessuna ulteriore formalità rispetto a quello della precisazione in udienza da parte del pubblico ministero.
Va, tuttavia, rilevato che il giudice ha disposto la notifica del verbale all’imputato assente, così che in relazione a tale ‘correzione’ non è dato rilevare alcun pregiudizio alle garanzie del contraddittorio e nessuna conseguente invalidità.
3.2. A diversa conclusione deve pervenirsi, invece, per l’ulteriore modifica apportata all’originaria imputazione, là dove il pubblico ministero ha precisato che i fatti contestati si erano verificati a Roma dall’8.8.2016 fino all’11/09/2016 e non nel più breve arco temporale compreso tra l’8/08/2016 e il 25/08/2016.
Va premesso che -diversamente da quanto osservato dal giudice di primo grado nel rigettare l’eccezione difensiva di violazione del regime delle contestazioni- non emerge alcuna contestazione in fatto di condotte commesse il 19/09/2016, visto che di essa no n si ha traccia alcuna nel corpo del capo d’imputazione nella sua formulazione originaria.
Tanto porta a rilevare che, con la correzione dell’arco temporale di commissione dei reati, il pubblico ministero ha aggiunto un fatto naturalisticamente nuovo e distinto rispetto a quelli che aveva già contestato.
Risulta un chiaro indice di tale novità il rapporto di compatibilità tra i precedenti fatti, che rimangono immutati, e il nuovo fatto, che quelli lascia inalterati e con essi coesiste.
Ciò è tanto vero che, infatti, il giudice di primo grado ha assolto l’imputato per i fatti compresi tra il 08/08/2016 e il 25/08/20216 e lo ha condannato per il solo (e ulteriore) fatto del 19/09/2016.
La diversità ontologica del fatto oggetto della nuova contestazione e i fatti già contestati, sia pur tutti riconducibili alla medesima ipotesi di reato, porta a concludere che la correzione dell’arco temporale ha concretizzato un’ipotesi di fatto nuovo.
Il giudice di primo grado, pertanto, avrebbe dovuto interrompere il dibattimento e restituire gli atti al P ubblico ministero per l’eventuale esercizio dell’azione
penale nelle forme ordinarie, anche con la richiesta di rinvio a giudizio, ove prevista.
Gli imputati erano assent i (come visto) all’udienza del 18/02/2021 e non era conseguentemente possibile raccogliere il loro eventuale consenso alla contestazione immediata del fatto nuovo che, peraltro, non risulta sia stato mai raccolto.
Il procedimento doveva pertanto ripartire, con piena garanzia del contraddittorio e del diritto di difesa, a tutela degli imputati.
Tanto non è stato e di tanto si è avveduta la Corte di appello di Roma, che