Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23000 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23000 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SALERNO il 04/06/2000
avverso la sentenza del 08/10/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Roma, ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale locale nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 73, co. 1 e 4, D.P.R. n. 309/1990, commesso in Roma il 5 ottobre 2020.
Avverso tale sentenza l’imputato, a mezzo del proprio difensore ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. Con il primo deduce violazione di legge per non avere riconosciuto il fatto lieve di cui all’art. 73, co. 5, d.P.R. citato fondando il proprio convincimento solo sul dato ponderale e sulla convinzione che lo stupefacente fosse destinato allo spaccio. Con il secondo motivo la difesa deduce il travisamento della prova ritenendo che le immagini di screenshot di “note”, peraltro non riscontrabili nel fascicolo, debbano considerarsi mezzi di comunicazione tra due persone in una valutazione atomistica degli indizi a carico del ricorrente. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
2. I motivi di ricorso proposti e la memoria difensiva pervenuta in data 27 maggio 2025, non si confrontano con la motivazione posta a fondamento del giudizio espresso nelle sentenze conformi e nelle valutazioni poste dalla Corte territoriale a fondamento delle censure mosse con l’atto di appello con argomenti che oggi vengono riproposti e che non si risolvono in una critica argomentata, peraltro, a fronte di una c.d. doppia conforme, capace di scardinare il ragionamento logico giuridico posto a fondamento della decisione. Il ricorrente pur richiamandosi alla nozione di travisamento, in realtà, sollecita una non consentita rilettura del valore dimostrativo degli elementi di prova chiedendo a questa Corte di sovrapporre la propria valutazione laddove come detto, ciò non è consentito.
Con motivazione esente da censure in quanto non manifestamente illogica e anzi coerente con le emergenze acquisite la Corte territoriale ha posto l’accento sulla circostanza che COGNOME deteneva sostanza stupefacente di tipo diverso, che dall’hashish erano ricavabili ben 598 dosi medie singole e che nel corso della perquisizione venivano osservati in diretta messaggi inequivocabilmente riferibili a richieste di acquisto di stupefacente. Hanno ritenuto in maniera affatto illogica né carente le sentenze conformi che la destinazione della droga alle future cessioni si ricavi dal dato ponderale valorizzando tra l’altro i precedenti specifici dell’imputato circostanze queste che valutate nel loro complesso, hanno indotto i giudici di merito, nel solco dei principi sanciti da questa Corte di legittimità, ad escludere la ricorrenza del “fatto lieve”.
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Del pari manifestamente infondato il motivo con il motivo con il quale si contesta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. La Corte, dopo
avere passato in rassegna, nel corpo della motivazigne, gli elementi rientranti nel novero di quelli previsti dall’art. 133 cod. pen., li ha evidentemente considerati
preponderanti nell’esercizio del potere discrezionale ad essa riservato (cfr. Sez. 2, n.
23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02; Sez. 5, n. 43952 del
13/04/2017, COGNOME Rv. 271269 – 01 che in motivazione ha ritenuto sufficiente ad escludere il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, il richiamo ai
precedenti penali) ed escluso la sussistenza di elementi meritevoli di favorevole apprezzamento.
3. Alla inammissibilità del ricorso a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla
somma di euro 3.000, in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 10 giugno 2025
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