Spaccio di droga: Quando la ‘lieve entità’ non si applica. Analisi della Cassazione
Nel contrasto al traffico di sostanze stupefacenti, la legge distingue tra diverse gradazioni di gravità. Una delle distinzioni più importanti è quella relativa al fatto di lieve entità, una fattispecie attenuata che prevede pene significativamente più basse. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce quali sono i parametri che i giudici devono considerare per decidere se un episodio di spaccio possa rientrare in questa categoria o se, al contrario, debba essere punito più severamente. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dai giudici.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato sia in primo grado che in appello per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Durante una perquisizione domiciliare, le forze dell’ordine avevano rinvenuto un cospicuo quantitativo di droghe di diverso tipo:
* 315 grammi di hashish, distribuiti in varie parti dell’abitazione.
* 689 grammi di marijuana, in parte occultata nella cappa della cucina.
* 52 grammi di cocaina.
Oltre alle sostanze, erano stati trovati anche 2.460 euro in contanti e un bilancino di precisione, ancora sporco di hashish. La difesa dell’imputato aveva basato il ricorso in Cassazione sulla richiesta di riqualificare il reato nella fattispecie attenuata del fatto di lieve entità, sostenendo che le corti di merito non avessero motivato a sufficienza il rigetto di tale richiesta.
La Decisione della Corte e l’esclusione del fatto di lieve entità
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando pienamente la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno ritenuto che il ricorso fosse una mera riproposizione di argomentazioni già correttamente esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. La motivazione della Corte d’Appello, secondo la Cassazione, era immune da vizi logici e giuridici.
Il punto centrale della decisione è che per valutare la sussistenza del fatto di lieve entità non si può guardare a un singolo elemento, ma è necessaria una valutazione complessiva di tutti gli indicatori previsti dalla norma. Questi includono non solo la quantità e la qualità della droga, ma anche i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione.
Le Motivazioni
La Corte ha spiegato che la decisione di escludere la lieve entità si fondava su una pluralità di elementi concordanti e significativi:
1. Il quantitativo ingente: La quantità totale di droga (oltre un chilogrammo tra hashish e marijuana, più la cocaina) è stata considerata di per sé un elemento di forte peso.
2. La diversità delle sostanze: Il possesso di tre tipi diversi di stupefacenti (droghe ‘leggere’ e ‘pesanti’) è stato interpretato come un indicatore della capacità di soddisfare una clientela variegata e, quindi, di un inserimento strutturato nel mercato illecito.
3. Le modalità di occultamento: Nascondere la droga in punti diversi della casa (cappa della cucina, sgabuzzino) suggerisce un’attività non estemporanea ma pianificata.
4. Gli strumenti dell’attività: La presenza di un bilancino di precisione e di una cospicua somma di denaro in banconote di vario taglio è stata vista come una prova dell’attività di spaccio in corso.
Secondo i giudici, l’insieme di questi fattori delineava un “programma criminale” e una “pianificazione” che implicavano contatti stabili per l’approvvigionamento e una “concreta capacità operativa” nel mercato illecito. Tale quadro è risultato del tutto incompatibile con la minima offensività richiesta per la configurabilità del fatto di lieve entità.
Conclusioni
Questa pronuncia ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: la valutazione del fatto di lieve entità deve essere globale e non parcellizzata. La Corte di Cassazione ha confermato che elementi come la grande quantità di sostanza, la varietà della stessa, e la presenza di strumenti tipici dello spaccio, se considerati congiuntamente, possono legittimamente portare un giudice a escludere l’applicazione della norma di favore. La decisione sottolinea che non si tratta di una valutazione matematica, ma di un giudizio complessivo sulla portata dell’attività illecita, che in questo caso superava ampiamente la soglia della minima offensività.
Quali elementi escludono la configurabilità del fatto di lieve entità nello spaccio di stupefacenti?
Secondo la sentenza, la configurabilità del fatto di lieve entità è esclusa da una valutazione complessiva che tenga conto di più elementi, tra cui: il cospicuo quantitativo di sostanza, la detenzione di droghe di diverso tipo (es. leggere e pesanti), le modalità organizzate di detenzione e occultamento, e il possesso di strumenti come bilancini di precisione e ingenti somme di denaro, che indicano una concreta capacità operativa nel mercato illecito.
La sola quantità di droga è sufficiente per escludere il fatto di lieve entità?
La sentenza chiarisce che la valutazione deve essere complessiva e riguardare tutti gli elementi indicati dalla norma (mezzi, modalità, circostanze, quantità e qualità). Tuttavia, un quantitativo particolarmente cospicuo di stupefacente è un elemento di grande rilevanza che, unito ad altri indici, contribuisce in modo determinante a escludere la lieve entità del fatto.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato ritenuto riproduttivo di censure già adeguatamente esaminate e respinte con argomenti giuridici corretti dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha verificato che la motivazione della sentenza impugnata era logica, coerente e non presentava vizi, limitandosi quindi a un controllo di legittimità senza entrare nuovamente nel merito dei fatti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19287 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19287 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MILANO il 04/09/1997
avverso la sentenza del 15/11/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
è
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale locale nei confronti di NOME COGNOME per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso la sentenza è stato proposto ricorso nell’interesse dell’imputato affidandolo ad un unico motivo con il quale si deduce vizio di motivazione quanto alla mancata riqualificazione del reato nella fattispecie di cui all’art. 73, co.5 d.P.R. cit.
Il ricorso è inammissibile in quanto riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito (pagg. 8 e 9 della sentenza impugnata).
La Corte di appello, con motivazione immune da vizi di illogicità, ha disatteso la tesi difensiva volta alla riqualificazione del.fatto nell’ipotesi di lieve entità d all’art. 73, co. 5 d.P.R. cit., sulla base di una pluralità di elementi. Sul punto i giudi hanno valorizzato il cospicuo quantitativo di stupefacente rinvenuto nella disponibilità dell’imputato (gr 315 del tipo hashish distribuita in varie parti della casa; gr 689 di marijuana parte della quale occultata nella cappa della cucina e altra nello sgabuzzino; gr 52 di cocaina rinvenuta su una mensola dell’armadio della camera da letto) nonché il rinvenimento della somma di euro 2.460 (in banconote di vario taglio) e del bilancino di precisione ancora intriso di hashish. Non ha mancato la Corte di rilevare che la condotta illecita avuto riguardo alla quantità di sostanza stupefacente, di diverso tipo, ai mezzi, le modalità e circostanze dell’azione si inserisce in un programma criminale e di una pianificazione che comporta ovviamente la ricerca di stabili contatti per il rifornimento delle plurime sostanze detenute e dunque, una concreta capacità operativa del ricorrente nell’ambito del mercato illecito organizzato che non consente di sussumere la condotta nella fattispecie di lieve entità.
La pronuncia è pienamente rispettosa dei canoni interpretativi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, che richiedono, per l’applicazione dell’art. 73, co. 5, d.P.R. 309/1990, di valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato quali la quantità e qualità delle sostanze stupefacenti (cfr.Sez.6, n. 45694 del 28/09/2016,Rv. 268293; Sez. U. n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv.274076).
4. Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al
versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore dellla Cassa delle ammende.
Deciso il 13 maggio 2025
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