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Fatto di lieve entità: la quantità conta? Cassazione

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di cocaina. Confermato il no al ‘fatto di lieve entità’ a causa dell’ingente quantitativo di stupefacente (208 gr di principio attivo) e alle modalità non modeste del reato, ritenuti elementi ostativi a una valutazione di minor disvalore.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Fatto di lieve entità e detenzione di droga: quando la quantità esclude l’attenuante

La qualificazione di un reato in materia di stupefacenti come fatto di lieve entità è una questione centrale nel diritto penale, con importanti conseguenze sulla pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione deve essere globale, ma un quantitativo assai rilevante di sostanza può, di fatto, precludere l’accesso a questa fattispecie più mite. Analizziamo la decisione per capire le ragioni giuridiche alla base.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un soggetto condannato in primo e secondo grado per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti, specificamente cocaina, commesso a Messina nell’ottobre 2022. La Corte di Appello aveva confermato la sentenza del Tribunale, rigettando le richieste della difesa volte a ottenere una qualificazione più favorevole del reato e il riconoscimento di una circostanza attenuante.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due principali motivi:
1. Mancato riconoscimento del fatto di lieve entità: La difesa sosteneva che i giudici di merito non avessero correttamente applicato l’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90, che prevede pene più miti per i fatti di lieve entità. Secondo il ricorrente, la motivazione della Corte d’Appello era viziata.
2. Mancato riconoscimento dell’attenuante della collaborazione: Si contestava la decisione di non applicare l’attenuante prevista dal comma 7 dello stesso articolo, che premia chi si adopera per evitare che l’attività criminosa sia portata a conseguenze ulteriori.

Le motivazioni della Cassazione sul fatto di lieve entità

La Suprema Corte ha dichiarato il primo motivo inammissibile, ritenendolo una semplice riproposizione di una censura già correttamente esaminata e respinta dalla Corte di Appello. I giudici di legittimità hanno colto l’occasione per ribadire l’orientamento consolidato, anche delle Sezioni Unite, sul tema. Per stabilire se un reato rientri nel fatto di lieve entità, il giudice deve compiere una valutazione globale di tutti gli elementi indicativi: i mezzi, le modalità dell’azione, la qualità e, soprattutto, la quantità della sostanza.

Nel caso specifico, la Corte ha sottolineato che la Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato due elementi ostativi:
* Il quantitativo assai rilevante: la detenzione riguardava ben 208 grammi di principio attivo di cocaina.
* Le modalità del fatto: queste non presentavano alcuna connotazione di ‘intrinseca modestia’.

Secondo la Cassazione, il percorso logico seguito dai giudici di merito è stato coerente. Essi non si sono limitati a considerare un singolo dato ostativo, ma hanno spiegato perché la carica negativa di tali elementi non potesse essere bilanciata da altri fattori, escludendo così la ridotta offensività del fatto.

Le motivazioni sul mancato riconoscimento dell’attenuante

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che la confessione resa dall’imputato, sebbene avesse chiarito la sua responsabilità e forse evitato il coinvolgimento di un’altra persona, non aveva inciso in alcun modo sulla prosecuzione dell’attività criminale. La circostanza attenuante in questione richiede un contributo concreto che vada oltre la mera ammissione di colpa, finalizzato a interrompere o limitare le conseguenze del reato, cosa che in questo caso non si è verificata.

Le conclusioni

L’ordinanza riafferma con chiarezza che, nella valutazione del fatto di lieve entità, la quantità di stupefacente non è l’unico parametro, ma può assumere un peso decisivo. Un quantitativo ingente, come quello in esame, è un indicatore talmente forte di offensività da rendere difficile, se non impossibile, qualificare il fatto come lieve, anche in presenza di altri elementi potenzialmente favorevoli. La decisione conferma la necessità di un’analisi complessiva e rigorosa, che bilanci tutti i fattori in gioco, respingendo ricorsi che si limitano a riproporre argomenti già vagliati senza introdurre nuove e decisive critiche alla logicità della sentenza impugnata.

Un’ingente quantità di droga può impedire il riconoscimento del fatto di lieve entità?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, un quantitativo assai rilevante di sostanza stupefacente (nel caso di specie, 208 grammi di principio attivo di cocaina) è un elemento che osta alla qualificazione del reato come fatto di lieve entità, in quanto indicativo di una significativa offensività.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché considerato meramente riproduttivo di censure già adeguatamente valutate e respinte dalla Corte di Appello con una motivazione logica e coerente. Non sono stati sollevati vizi di legittimità effettivi, ma solo contestazioni di merito.

La confessione garantisce sempre l’applicazione dell’attenuante della collaborazione?
No. La Corte ha chiarito che la confessione dell’imputato, pur avendo riguardato la sua responsabilità, non è sufficiente per l’attenuante se non incide in alcun modo sulla prosecuzione dell’attività criminale. L’attenuante richiede un contributo attivo per limitare le conseguenze del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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