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Fatto di lieve entità e droga: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti. L’imputato chiedeva la riqualificazione del reato in **fatto di lieve entità**. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, sottolineando che la quantità e la diversità della droga, insieme alle modalità di detenzione, indicavano una professionalità incompatibile con la minima offensività richiesta per tale fattispecie.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Fatto di Lieve Entità: La Cassazione Nega lo Sconto di Pena

L’applicazione della fattispecie di fatto di lieve entità nel contesto dei reati legati agli stupefacenti rappresenta un punto cruciale del diritto penale, in grado di modificare sensibilmente l’esito di un processo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini di questa attenuante, chiarendo che una valutazione complessiva degli elementi, come la quantità e la diversità delle sostanze, può escluderne l’applicazione. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti, nello specifico cocaina e hashish, ai sensi dell’art. 73, commi 1 e 1-bis, del d.P.R. 309/90. L’imputato, non accettando la condanna, ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge penale. Il fulcro del suo ricorso era la richiesta di riqualificare la sua condotta nella fattispecie più lieve prevista dal comma 5 dello stesso articolo, ovvero il cosiddetto fatto di lieve entità.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha ritenuto che la sentenza impugnata fosse sorretta da un apparato argomentativo solido e coerente, confermando di fatto la decisione della Corte d’Appello. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: Perché Non è un Fatto di Lieve Entità?

La Suprema Corte ha spiegato in dettaglio perché la condotta dell’imputato non potesse essere considerata di lieve entità. La decisione si basa su una valutazione complessiva che va oltre il singolo dato quantitativo.

Criteri di Valutazione Complessiva

I giudici di merito avevano negato la configurabilità del fatto di lieve entità sulla base di una serie di elementi concreti, analizzati nel loro insieme:
1. Quantità della sostanza: Il quantitativo di droga sequestrato non era trascurabile.
2. Diversa qualità della stessa: La detenzione contemporanea di droghe diverse (cocaina e hashish, definite “droghe pesanti” e “leggere”) è un indice di maggiore pericolosità e inserimento nel mercato.
3. Modalità di detenzione: Le circostanze specifiche del possesso della sostanza indicavano un’attività strutturata.

Professionalità e Capacità di Diffusione

Secondo la Corte, questi elementi, letti congiuntamente, erano indicativi della “professionalità dell’attività illecita” e di una “rilevante capacità di diffusione sul mercato degli stupefacenti”. Tale quadro è risultato del tutto incompatibile con la nozione di “minima offensività”, che è il presupposto fondamentale per il riconoscimento del fatto di lieve entità.

Il Richiamo alle Sezioni Unite “Murolo”

La Cassazione ha inoltre sottolineato che questa metodologia di valutazione è perfettamente in linea con i principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità, in particolare con la sentenza delle Sezioni Unite “Murolo” (n. 51063/2018). Tale pronuncia ha enunciato un principio fondamentale: l’accertamento della lieve entità del fatto implica una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta. Spetta al giudice valutare e giustificare le ragioni della prevalenza attribuita ad alcuni elementi rispetto ad altri. In questo caso, i giudici di merito hanno correttamente dato peso agli indici di professionalità, ritenendoli prevalenti su eventuali altri elementi a favore dell’imputato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza ribadisce un concetto chiave: la qualificazione di un reato di droga come fatto di lieve entità non è un automatismo legato a soglie quantitative, ma il risultato di un giudizio complessivo sulla condotta. Elementi come la detenzione di più tipi di droga e le modalità organizzate del possesso possono essere decisivi per escludere l’applicazione dell’attenuante, anche a fronte di quantitativi non eccezionali. La decisione evidenzia come il giudice debba guardare al quadro generale dell’attività illecita per determinare se l’offesa al bene giuridico tutelato sia effettivamente minima o se, al contrario, riveli una pericolosità e una capacità criminale che meritano la sanzione prevista per l’ipotesi ordinaria del reato.

Cos’è il ‘fatto di lieve entità’ nei reati di droga?
È una fattispecie attenuata del reato di detenzione o spaccio di stupefacenti, prevista quando l’offesa è considerata minima. La sua applicazione dipende da una valutazione complessiva di elementi quali le modalità dell’azione, la quantità e la qualità delle sostanze.

Perché in questo caso è stata negata la qualifica di ‘fatto di lieve entità’?
È stata negata perché i giudici hanno considerato non solo la quantità, ma anche la diversità delle droghe detenute (cocaina e hashish) e le modalità di detenzione. Questi elementi, nel loro insieme, indicavano una professionalità e una capacità di diffusione sul mercato incompatibili con la nozione di minima offensività.

Quale principio giuridico ha confermato la Corte di Cassazione?
La Corte ha confermato il principio, già sancito dalle Sezioni Unite, secondo cui la valutazione sulla lieve entità del fatto deve essere complessiva e non basata su un singolo parametro. Il giudice deve considerare tutti gli elementi concreti del caso e giustificare perché alcuni sono ritenuti più importanti di altri nel formare il suo convincimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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