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Falsità in attestazioni: la nuova legge non abroga

Un professionista è stato ritenuto responsabile per il reato di falsità in attestazioni per aver omesso informazioni cruciali su un apporto finanziario in un piano di concordato. La Corte di Cassazione, pur dichiarando la prescrizione del reato, ha confermato la responsabilità civile, stabilendo che la nuova normativa sulla crisi d’impresa non ha abrogato la fattispecie precedente, ma ne rappresenta la continuità. La Corte ha chiarito che l’obbligo del professionista include la verifica della correttezza della base informativa usata per valutare la fattibilità economica del piano.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Falsità in attestazioni professionali: La Cassazione chiarisce la continuità normativa

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 13016 del 2024, offre un’importante chiave di lettura sul reato di falsità in attestazioni commesso dal professionista nell’ambito delle procedure concorsuali. La decisione affronta la delicata questione della successione di leggi tra la vecchia legge fallimentare e il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, confermando un principio di continuità normativa e rigettando la tesi di un’abrogazione parziale del reato.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un professionista incaricato di redigere la relazione di attestazione per l’ammissione di una società a responsabilità limitata alla procedura di concordato preventivo. Secondo l’accusa, il professionista avrebbe omesso di riferire informazioni rilevanti, esponendo dati falsi. In particolare, nella sua relazione, aveva indicato un significativo apporto di nuova finanza, pari a 200.000 euro, proveniente dalla madre dell’amministratore della società. Tuttavia, non aveva effettuato alcuna verifica preliminare sull’effettiva attendibilità e fattibilità di tale apporto, che di fatto non è mai avvenuto. Per questa condotta, il professionista era stato condannato in primo grado. La Corte d’Appello, pur dichiarando il reato estinto per prescrizione, aveva confermato le statuizioni civili a suo carico.

La Tesi Difensiva e la Questione Giuridica

Il professionista ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo che la sua condotta non fosse più penalmente rilevante. La sua difesa si basava sull’entrata in vigore dell’art. 342 del Codice della crisi d’impresa (D.Lgs. n. 14 del 2015), che ha sostituito il precedente art. 236-bis della legge fallimentare. Secondo il ricorrente, la nuova norma, aggiungendo l’inciso “in ordine alla veridicità dei dati contenuti nel piano o nei documenti ad esso allegati”, avrebbe ristretto l’ambito del reato di falsità in attestazioni alla sola verifica dei dati contabili, escludendo le valutazioni sulla fattibilità del piano. L’omissione contestata, riguardando un giudizio valutativo, non sarebbe quindi più un reato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo la tesi difensiva infondata. I giudici hanno chiarito che non vi è stata alcuna abrogazione, neanche parziale, della fattispecie penale. L’interpretazione corretta del vecchio art. 236-bis includeva già sia la veridicità dei dati sia la fattibilità del piano. Tuttavia, la responsabilità sulla “fattibilità economica” non riguardava la prognosi in sé, ma la correttezza della base informativa e dei metodi utilizzati per formularla. Il professionista è tenuto a un controllo metodologico rigoroso.

La nuova norma, secondo la Corte, non ha fatto altro che esplicitare e riformulare questo principio, senza restringere l’area di rilevanza penale. L’intento del legislatore, come emerge anche dalla legge delega, era quello di assicurare la “continuità delle fattispecie criminose”, non di creare vuoti di tutela. Pertanto, l’omissione di una verifica essenziale su un apporto finanziario così rilevante, che incide direttamente sulla base informativa della valutazione di fattibilità, continua a costituire reato.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che, anche a voler seguire la tesi restrittiva del ricorrente, la condotta sarebbe comunque penalmente rilevante. L’informazione omessa riguardava un “dato aziendale” cruciale: la concreta disponibilità di 200.000 euro, un importo pari a un quarto dell’attivo complessivo. L’assenza di verifica su questo dato fondamentale inficiava alla radice la veridicità dell’intera attestazione.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce il ruolo cruciale e la grande responsabilità del professionista attestatore nelle procedure di crisi d’impresa. La Corte di Cassazione ha stabilito in modo netto che il passaggio dalla legge fallimentare al nuovo Codice della crisi non ha indebolito la tutela penale contro le falsità in attestazioni. Al contrario, vi è piena continuità normativa. Il professionista non può limitarsi a una presa d’atto formale delle informazioni fornite dall’impresa, ma ha il dovere di verificarne l’attendibilità e la solidità, specialmente quando queste sono decisive per la fattibilità del piano di risanamento. Omettere tali controlli costituisce una grave negligenza che integra gli estremi del reato.

La nuova legge sulla crisi d’impresa ha abrogato il reato di falsità in attestazioni previsto dalla vecchia legge fallimentare?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che non vi è stata abrogazione, ma una continuità normativa. La nuova norma (art. 342 D.Lgs. 14/2015) ha solo riformulato la precedente (art. 236-bis legge fall.), specificando meglio l’oggetto del reato senza ridurne l’ambito di applicazione in modo da escludere condotte già penalmente rilevanti.

L’omessa verifica sulla reale disponibilità di un apporto finanziario promesso da un terzo rientra nel reato di falsità in attestazioni?
Sì. Secondo la sentenza, attestare l’esistenza di un apporto finanziario rilevante senza effettuare alcuna previa verifica sulla sua attendibilità e fattibilità costituisce un’omissione di informazioni rilevanti e integra la fattispecie di reato.

La responsabilità penale dell’attestatore riguarda solo i dati contabili o anche la valutazione sulla fattibilità economica del piano?
La responsabilità riguarda entrambi gli aspetti. Per quanto riguarda la “fattibilità economica”, la falsità penalmente rilevante non si concentra sull’esito della prognosi futura, ma sulla correttezza e completezza della base informativa, nonché dei metodi e criteri utilizzati dal professionista per formulare quella prognosi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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