Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6810 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6810 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/01/2023 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
lette, per l’imputato, le conclusioni scritte depositate il 3 ottobre 2023 dall’AVV_NOTAIO del Foro di Roma, che si è riportato al ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 12/01/2023, la Corte di appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Roma del 14/07/2021, che aveva condannato NOME COGNOME in ordine al reato di cui all’art. 7 D.L. n. 4/2019 alla pena di mesi quattro di reclusione.
Avverso tale sentenza ricorre, tramite il proprio difensore di fiducia, il COGNOME.
2.1. Con il primo motivo, lamenta violazione di legge in relazione al delitto contestato Sostiene il ricorrente che per essere penalmente rilevante, il mendacio deve sottendere l’intenzione di conseguire un beneficio non dovuto. Nel caso di specie, il patrimonio mobiliare dell’imputato era di soli 1.137 euro al di sopra della soglia di prevista dalla normativa.
2.2. Con il secondo motivo, lamenta vizio di motivazione; a fronte della censura sollevata in appello, secondo cui la domanda non era stata rivolta dall’imputato, bensì da un CAF, la Corte distrettuale non rispondeva in modo consono, soprattutto in riferimento alla sussistenza, negata dal ricorrente, del dolo specifico di agire nella consapevolezza di non avere i requisiti di leg per usufruire del RDC.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Le censure esposte nei due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto strettamente connesse, contestano l’affermazione della sussistenza del reato di false dichiarazioni al fine della percezione del reddito di cittadinanza, di cui all’art. 7, comma 1, d.l. n. 4 del 2019, deducend l’assenza di dolo in ordine alla omessa attestazione di cespiti da indicare nella dichiarazione resa al fine di ottenere il sussidio, o comunque l’innocuità del falso.
2.1. La sentenza di appello chiarisce che non può essere condivisa «la prospettazione difensiva principale che sposta sostanzialmente l’accento sulle modalità di trasmissione della domanda piuttosto che sul tenore della stessa; sul punto appare sufficiente rilevare che lo stesso imputato (nel corso dell’interrogatorio delegato reso il 26 settembre 2020, cfr. verbale acquisit in dibattimento in sua assenza) ha ammesso di essere titolare fin dal 2001 di partita iva inerente la sua attività di noleggio con conducente, nonché proprietario di un immobile sito in Pomezia è proprietario di 1/3 di un fondo rurale. Trattasi di elementi che, al contrario, venivano del tu omessi nella domanda per il riconoscimento del reddito di cittadinanza perché sono emersi solo a seguito degli accertamenti svolti dalla Guardia di finanza. L’entità e la rilevanza de circostanze emerse appare di tale spessore da escludere altresì qualsivoglia dubbio anche in ordine al profilo soggettivo della condotta».
2.2. La motivazione della sentenza – ossequiosa, peraltro, del principio di diritto espresso nell’informazione provvisoria della pronuncia diramata dalle Sezioni Unite della Corte, all’esit della pubblica udienza del 13 luglio 2023, n. 14512, secondo cui «le omesse o false indicazioni di informazioni contenute nell’autodichiarazione finalizzata all’ottenimento del reddito cittadinanza integrano il delitto di cui all’art. 7 del d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, conv. in I. 28 2019, n. 26 solo se finalizzate ad ottenere un beneficio non spettante ovvero spettante in misura inferiore» – non appare manifestamente illogica o contraddittoria.
Del resto, lo stesso ricorrente, si limita a generiche considerazioni sull’elemento oggettivo soggettivo del reato, reiterando le doglianze già formulate nel giudizio di appello, confinando ricorso ai limiti dell’inammissibilità per difetto di specificità.
2.3. Quanto all’elemento oggettivo del reato, correttamente la Corte territoriale ha escluso la possibilità di prospettare alcuna ipotesi di innocuità del falso, posto che la sentenza
accertato che il ricorrente ha omesso di segnalare, in occasione della presentazione della domanda per l’accesso al RDC, la sussistenza di proprietà immobiliari e una attività con partita IVA, elementi decisivi ai fini del godimento del beneficio in questione.
2.4. Quanto all’elemento soggettivo del reato, coglie nel segno il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIOe laddove evidenzia che le censure concernenti l’assenza di dolo non sono ammissibili in sede di legittimità in quanto, lungi dall’evidenziare vizi di motivazione della sentenza impugnata, s limitano a proporre una diversa valutazione delle risultanze istruttorie.
A fronte degli elementi evidenziati dai giudici di entrambi i gradi di merito, le deduzio formulate nel ricorso in ordine alla possibile mancanza del profilo soggettivo del dolo specifico ove l’imputato si sia rivolto ad un CAF o ad un soggetto abilitato per farsi aiutare nel predisposizione e presentazione di una pratica burocratica delicata e comunque l’errore o l’ignoranza dello stesso, appaiono non proponibili in quanto meramente rivalutative e fattuali.
Questa Corte ha, del resto, in diverse occasioni affermato che l’erronea opinione dell’agente circa la necessità di fornire determinate informazioni, laddove tale dovere informativo sia previsto da norme da ritenersi incorporate nel precetto penale, esula rispetto alla disciplin dell’errore su legge diversa da quella penale, di cui all’art. 47, comma terzo, cod. pen., ed è pertanto, irrilevante ai fini della esclusione della relativa responsabilità (per tutte: sez. 3, 6 2016, n. 27941; sez. 1, 19 settembre 2017, n. 42795).
Nel caso di specie, poi, ove l’omissione delle informazioni dovute è espressamente prevista come condotta penalmente rilevante, ove strumentale al conseguimento indebito del beneficio del reddito di cittadinanza, è evidente la estraneità della vicenda al tema dell’errore su legg extrapenale.
I motivi sono, pertanto, entrambi infondati.
La presente motivazione viene redatta in forma semplificata ai sensi del decreto n. 68 del 28/4/2016 del Primo Presidente della Corte di cassazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17/10/2023.