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False dichiarazioni reddito di cittadinanza: condanna

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per il reato di false dichiarazioni reddito di cittadinanza. L’imputato aveva omesso di dichiarare proprietà immobiliari e una Partita IVA, sostenendo la mancanza di dolo e l’irrilevanza della falsità. La Corte ha ritenuto le omissioni decisive e sufficienti a integrare il reato, respingendo il ricorso.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

False Dichiarazioni Reddito di Cittadinanza: La Cassazione non fa Sconti

Con la recente sentenza n. 6810/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul reato di false dichiarazioni reddito di cittadinanza, confermando una linea di rigore nei confronti di chi omette informazioni cruciali per l’ottenimento del beneficio. La decisione offre importanti spunti di riflessione sulla responsabilità personale, anche quando ci si affida a intermediari come i CAF, e sulla rilevanza penale di ogni omissione, a prescindere dall’entità del superamento delle soglie patrimoniali.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un cittadino condannato in primo e secondo grado per aver presentato una domanda per il Reddito di Cittadinanza omettendo di dichiarare elementi patrimoniali significativi. Nello specifico, l’imputato non aveva menzionato di essere titolare di una partita IVA per un’attività di noleggio con conducente, di possedere un immobile e una quota di un fondo rurale.

La difesa aveva basato il ricorso in Cassazione su due punti principali:
1. La violazione di legge, sostenendo che il mendacio non fosse penalmente rilevante poiché il patrimonio mobiliare superava di poco (circa 1.137 euro) la soglia prevista. Si trattava, secondo la difesa, di un ‘falso innocuo’.
2. Il vizio di motivazione riguardo all’elemento soggettivo del reato (il dolo), affermando che la domanda era stata presentata tramite un CAF e che non vi era la consapevolezza e volontà di violare la legge per ottenere il beneficio.

False Dichiarazioni Reddito di Cittadinanza: L’Analisi della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato in entrambi i motivi. I giudici hanno esaminato congiuntamente le censure, riconducendole alla questione centrale della sussistenza del reato di false dichiarazioni finalizzate alla percezione del reddito di cittadinanza, disciplinato dall’art. 7 del D.L. n. 4/2019.

La Rilevanza delle Omissioni

La Corte ha smontato la tesi del ‘falso innocuo’. I giudici hanno sottolineato che l’imputato stesso, in un interrogatorio, aveva ammesso di essere titolare della partita IVA e delle proprietà immobiliari fin dal 2001. Questi elementi, completamente omessi nella domanda, sono stati ritenuti di tale ‘spessore’ e ‘rilevanza’ da essere decisivi per la valutazione del diritto al beneficio.

L’omissione non riguarda una piccola eccedenza di patrimonio mobiliare, ma la mancata dichiarazione di interi cespiti (attività d’impresa e proprietà immobiliari) che sono fondamentali per la valutazione dei requisiti. Di conseguenza, il falso non poteva in alcun modo essere considerato ‘innocuo’.

L’Irrilevanza dell’Intermediario e la Sussistenza del Dolo

Anche l’argomento relativo alla mancanza di dolo, basato sul fatto che la domanda fosse stata gestita da un CAF, è stato respinto. La Cassazione ha chiarito che il focus dell’analisi penale deve essere sul ‘tenore della dichiarazione’ e non sulle ‘modalità di trasmissione’. La responsabilità delle informazioni fornite ricade sul dichiarante.

L’entità e la natura delle informazioni omesse sono state considerate sufficienti a escludere qualsiasi dubbio sul ‘profilo soggettivo della condotta’. In altre parole, era inverosimile che il richiedente non fosse consapevole che possedere immobili e un’attività lavorativa autonoma fossero informazioni da dichiarare obbligatoriamente.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte si allinea al principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite (sentenza n. 14512 del 2023), secondo cui le omissioni o le false indicazioni nella domanda per il reddito di cittadinanza integrano il reato solo se sono finalizzate a ottenere un beneficio non spettante o maggiore del dovuto. Nel caso di specie, era evidente che l’omissione di immobili e di una partita IVA avesse proprio questo scopo.

La Corte ha inoltre precisato che non si può invocare l’errore su legge extrapenale (art. 47 c.p.). Il dovere di fornire informazioni veritiere e complete è parte integrante del precetto penale che sanziona le false dichiarazioni reddito di cittadinanza. L’ignoranza su quali dati specifici inserire non può quindi essere usata come scusante per escludere la responsabilità.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la responsabilità nella compilazione delle autocertificazioni per l’accesso a benefici pubblici è personale e non delegabile. Affidarsi a un intermediario non solleva il cittadino dall’onere di fornire tutte le informazioni corrette e complete. L’omissione di dati patrimoniali e lavorativi cruciali non è una leggerezza, ma integra un reato la cui sussistenza non viene meno neppure a fronte di un superamento apparentemente modesto delle soglie di legge, quando la natura degli elementi omessi è di per sé decisiva. Una lezione importante per tutti i cittadini che intendono accedere a misure di sostegno al reddito.

Omettere informazioni nella domanda del Reddito di Cittadinanza è sempre reato?
Sì, secondo la sentenza, le omesse o false indicazioni integrano il reato previsto dall’art. 7 del D.L. 4/2019 se sono finalizzate a ottenere un beneficio non spettante o spettante in misura inferiore. L’omissione di elementi decisivi come proprietà immobiliari o attività lavorative è penalmente rilevante.

Se un CAF compila la domanda per mio conto, sono comunque responsabile per eventuali errori?
La Corte chiarisce che la responsabilità penale ricade su chi richiede il beneficio. L’accento è posto sul tenore della dichiarazione e non sulle modalità di trasmissione. L’aver delegato la compilazione a un CAF non esclude la responsabilità per le informazioni omesse, di cui il richiedente è a conoscenza.

Anche una piccola differenza tra il patrimonio dichiarato e quello reale può portare a una condanna?
La sentenza non si concentra sull’entità della discrepanza economica, ma sulla natura degli elementi omessi. Omettere la titolarità di proprietà immobiliari e di una Partita IVA è considerata un’omissione di elementi decisivi, a prescindere dal superamento marginale di una singola soglia, configurando così un ‘falso non innocuo’ e quindi il reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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