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False dichiarazioni reddito cittadinanza: la Cassazione

Un cittadino è stato condannato per aver omesso il proprio stato di lavoratore nella richiesta del reddito di cittadinanza. Ha presentato ricorso sostenendo che la sanzione per le false dichiarazioni reddito cittadinanza fosse incostituzionale e sproporzionata rispetto ad altri reati simili. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che la pena più severa è giustificata dalla necessità di contrastare un fenomeno fraudolento diffuso, relativo a un beneficio facilmente accessibile che altrimenti sfuggirebbe alle soglie di punibilità di reati analoghi.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

False Dichiarazioni Reddito Cittadinanza: Legittima la Pena Severa secondo la Cassazione

Con la sentenza n. 7528 del 2024, la Corte di Cassazione ha stabilito un punto fermo sulla questione delle false dichiarazioni reddito cittadinanza. La Corte ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata riguardo alla severità della pena prevista dall’art. 7 del d.l. n. 4/2019. Questa decisione conferma la volontà del legislatore di punire in modo più aspro chi dichiara il falso per ottenere indebitamente il sussidio, riconoscendo la specificità e la gravità di tale condotta.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un cittadino condannato sia in primo grado che in appello per il reato previsto dall’art. 7, comma 1, del d.l. n. 4/2019. L’imputato aveva presentato una dichiarazione sostitutiva unica (DSU) attestando di non svolgere alcuna attività lavorativa, al fine di ottenere il reddito di cittadinanza. In realtà, è stato accertato che egli svolgeva un’attività lavorativa alle dipendenze di una ditta privata da dicembre 2018, quindi anche nel periodo in cui ha presentato la domanda.

Le Ragioni del Ricorso e la Questione di Costituzionalità

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione lamentando che la Corte d’Appello non avesse considerato la sua eccezione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice. Secondo la difesa, la pena prevista (reclusione da due a sei anni) sarebbe irragionevolmente sproporzionata e iniqua se confrontata con altre fattispecie penali simili, come l’indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.), che prevede una pena molto più mite (reclusione da sei mesi a tre anni).

L’Analisi sulle False Dichiarazioni Reddito Cittadinanza da Parte della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, argomentando in modo approfondito sia sul piano processuale che su quello di merito riguardo alla questione di costituzionalità.

Il Confronto con l’Art. 316-ter c.p.

Il cuore della decisione risiede nella comparazione tra il reato specifico per il reddito di cittadinanza e la fattispecie generale dell’art. 316-ter c.p. Quest’ultima prevede una soglia di punibilità di circa 4.000 euro, al di sotto della quale il fatto non costituisce reato. Poiché il reddito di cittadinanza è un contributo mensile di importo inferiore a tale soglia, le frodi relative non potrebbero mai essere punite penalmente secondo la norma generale. Proprio per colmare questo vuoto di tutela, il legislatore ha introdotto una fattispecie speciale e più severa, eliminando qualsiasi soglia di punibilità.

La Ratio Legis: Perché una Pena più Severa?

La Cassazione ha evidenziato due ragioni fondamentali che giustificano la scelta di un trattamento sanzionatorio più severo:
1. Coprire gli illeciti minori: La norma mira a punire penalmente anche le frodi di importo modesto che, sommate, rappresentano un danno significativo per l’erario e minano la fiducia nel sistema di welfare.
2. Efficacia dissuasiva: Il reddito di cittadinanza è un beneficio di larga applicazione e di facile accesso. Questa facilità lo rende particolarmente vulnerabile a tentativi di frode. Una sanzione penale severa è quindi necessaria per fungere da deterrente efficace e scoraggiare comportamenti illeciti.

Il Rapporto con il Reato di Falso Generale

La Corte ha anche distinto il reato in esame da quello previsto dall’art. 76 del d.P.R. 445/2000 (dichiarazioni mendaci). Mentre quest’ultima norma punisce il falso in sé, l’art. 7 del d.l. 4/2019 punisce una condotta più complessa, finalizzata a un indebito conseguimento di un beneficio economico, avvicinandosi più alla logica della truffa che a quella del semplice falso.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché la questione di legittimità costituzionale, essendo una questione di puro diritto, può essere sollevata in ogni stato e grado del processo, ma il suo mancato esame da parte del giudice di merito non costituisce un vizio di motivazione che possa portare all’annullamento della sentenza. Nel merito, la Corte ha ritenuto la questione manifestamente infondata. La differenza di trattamento sanzionatorio tra le false dichiarazioni reddito cittadinanza e altri reati simili è pienamente giustificata. Esiste un rapporto di specialità tra la norma sul reddito di cittadinanza e l’art. 316-ter c.p., supportato da ragioni sistemiche chiare e coerenti: colpire un’area di illeciti altrimenti non punibili e garantire un’adeguata efficacia dissuasiva per un beneficio ad alto rischio di frode.

le conclusioni

La sentenza consolida l’impianto sanzionatorio previsto per le frodi sul reddito di cittadinanza. Chi rende dichiarazioni false od omette informazioni rilevanti per ottenere il beneficio commette un reato grave, punito con una sanzione penale significativamente più aspra rispetto ad altre forme di indebita percezione di fondi pubblici. Questa decisione ribadisce che la severità della pena non è irragionevole, ma una scelta ponderata del legislatore per proteggere le risorse pubbliche e garantire che gli aiuti statali raggiungano solo chi ne ha effettivamente diritto.

La pena per le false dichiarazioni finalizzate a ottenere il reddito di cittadinanza è incostituzionale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la questione di legittimità costituzionale è manifestamente infondata. La pena più severa rispetto ad altri reati simili è giustificata dalla necessità di contrastare un fenomeno fraudolento diffuso.

Perché questo reato è punito più severamente dell’indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.)?
Perché l’art. 316-ter c.p. prevede una soglia di punibilità (circa 4.000 euro) che non verrebbe quasi mai raggiunta con le singole erogazioni mensili del reddito di cittadinanza, lasciando di fatto impunite le frodi. La norma speciale è stata creata per colmare questo vuoto e per avere un forte effetto deterrente, data la facilità di accesso al beneficio.

È possibile fare ricorso in Cassazione se il giudice d’appello non ha esaminato una questione di costituzionalità?
Sì, ma non per ‘omessa motivazione’. La questione di costituzionalità, essendo una questione di diritto, può essere proposta direttamente davanti alla Corte di Cassazione. Il mancato esame da parte del giudice precedente non vizia la sentenza, ma permette semplicemente di riproporre la questione nel grado successivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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