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False comunicazioni sociali: la colpa è dell’amm.

La Corte di Cassazione conferma la condanna di un amministratore per il reato di false comunicazioni sociali. La sentenza stabilisce che la responsabilità per aver presentato bilanci non veritieri, tramite un’illegittima rivalutazione di immobili, ricade sull’amministratore anche se l’operazione è stata suggerita o non contestata da un consulente esterno. L’intento di far apparire la società più solida per accedere al credito costituisce l’ingiusto profitto richiesto dalla norma.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

False comunicazioni sociali: l’amministratore non può scaricare la colpa sul consulente

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Penale V, n. 4820/2024, offre un’importante lezione sulla responsabilità penale degli amministratori in materia di false comunicazioni sociali. Il principio cardine ribadito è inequivocabile: l’amministratore è il garante ultimo della veridicità del bilancio e non può esimersi da responsabilità adducendo la negligenza o l’errore del proprio consulente o degli organi di controllo. Questo caso chiarisce i confini del dolo e la natura dell’ingiusto profitto in uno dei reati societari più delicati.

Il Caso in Analisi

Il procedimento giudiziario ha origine dalla condanna di un amministratore unico di una S.r.l. per il reato di cui all’art. 2621 del codice civile. All’imputato veniva contestato di aver consapevolmente esposto, nei bilanci societari dal 2015 al 2018, fatti materiali non rispondenti al vero. In particolare, la falsità risiedeva in una macroscopica e illegittima rivalutazione di cespiti immobiliari e di alcuni beni mobili, effettuata in violazione della normativa di settore (D.L. n. 185/2008). Tale operazione aveva alterato in modo significativo la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società.

La Corte d’Appello, pur assolvendo l’imputato da alcuni reati fiscali connessi, aveva confermato la condanna per le false comunicazioni sociali, ritenendo le falsità “eclatanti” e la responsabilità dell’amministratore palese.

La Responsabilità dell’Amministratore e le false comunicazioni sociali

La difesa dell’imputato, nel ricorso per Cassazione, si basava su due argomenti principali:

1. L’errore del consulente: L’amministratore sosteneva di essere stato indotto in errore dal consulente della società (che rivestiva anche il ruolo di sindaco e revisore), il quale avrebbe predisposto le bozze di bilancio senza sollevare criticità sulla rivalutazione. A suo dire, non essendosi occupato materialmente della redazione, non si sarebbe potuto accorgere dell’illegittimità.
2. L’assenza di dolo specifico: La difesa contestava la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero il fine di conseguire un ingiusto profitto, sostenendo che non fosse chiaro quale vantaggio l’imputato potesse trarre dalla falsa appostazione.

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente tali argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile.

La Decisione della Cassazione sul reato di false comunicazioni sociali

La Suprema Corte ha fornito una motivazione chiara e netta, rafforzando i principi di responsabilità che governano l’operato degli amministratori.

Le Motivazioni

La Corte ha stabilito, in primo luogo, che la responsabilità della redazione del bilancio e della sua veridicità è una funzione propria e non delegabile dell’amministratore. Affidarsi a un professionista esterno non esonera l’amministratore dai suoi doveri di vigilanza e controllo. La condotta del consulente o la mancata obiezione degli organi di controllo, secondo i giudici, non possono mai avere un’efficacia scriminante per l’amministratore, ma potrebbero, al più, configurare un concorso di quest’ultimi nel reato.

Quanto all’elemento soggettivo, la Cassazione ha escluso che si potesse parlare di un mero dolo eventuale. La natura “macroscopica e non consentita” della rivalutazione rendeva inverosimile che l’amministratore non fosse pienamente consapevole della falsità dei dati inseriti in bilancio.

Infine, per quanto riguarda il dolo specifico di profitto, la Corte ha chiarito che questo è evidente. L’obiettivo della falsa rappresentazione contabile era quello di “procurare alla società e a se stesso, essendone l’amministratore, l’ingiusto profitto derivante dal far risultare la società in solide condizioni economiche e finanziarie”. Questo, a sua volta, le avrebbe permesso di accedere più facilmente al credito bancario e a quello dei fornitori, condizioni che nella realtà erano del tutto inesistenti. L’ingiusto profitto, quindi, non deve essere necessariamente un arricchimento monetario diretto, ma può consistere anche nel conseguimento di vantaggi indebiti, come una maggiore affidabilità creditizia basata su dati falsi.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale del diritto societario: l’amministratore è il custode della trasparenza e della correttezza contabile della società che dirige. Non è possibile nascondersi dietro l’operato di terzi, professionisti o revisori, per giustificare la presenza di dati palesemente falsi in bilancio. Questa decisione serve da monito per tutti gli amministratori, sottolineando che la responsabilità penale per le false comunicazioni sociali è personale e diretta, e richiede un controllo attivo e consapevole sulla documentazione contabile, la cui veridicità deve essere garantita in prima persona.

L’amministratore di una società può essere ritenuto responsabile per false comunicazioni sociali se l’errore è stato commesso dal suo consulente?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che la responsabilità per la veridicità del bilancio è un dovere diretto dell’amministratore. Affidarsi a un consulente non lo esonera da tale responsabilità; al massimo, la condotta negligente del professionista potrebbe configurare un concorso nel reato, ma non una scusante per l’amministratore.

Cosa si intende per “ingiusto profitto” nel reato di false comunicazioni sociali?
L’ingiusto profitto non consiste necessariamente in un arricchimento monetario personale e diretto. Come specificato dalla sentenza, anche il solo fatto di rappresentare la società in condizioni economiche e finanziarie migliori del vero per poter accedere al credito bancario o dei fornitori costituisce l’ingiusto profitto richiesto dalla norma per configurare il reato.

La mancata obiezione da parte del sindaco o del revisore dei conti può scagionare l’amministratore?
No. Secondo la Corte, l’omissione di rilievi da parte degli organi di controllo è del tutto irrilevante ai fini della responsabilità penale dell’amministratore. La loro condotta omissiva non scalfisce la responsabilità diretta di chi amministra la società per la redazione di un bilancio veritiero.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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