Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4820 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4820 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a IGLESIAS il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/03/2023 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata.
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RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 9 marzo 2023, la Corte di appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale, assolveva NOME COGNOME dai reati ascrittigli ai capi C), D) ed E) (l’utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti nelle dichiarazioni RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE, di cui l’imputato era stato amministratore unico, per gli anni 2014, 2015 e 2017) perché il fatto non sussiste, rideterminando la pena per il residuo delitto di cui al capo F), per avere, in violazione degli artt. 81 cpv cod. pen. e 2621 cod. civ., nella citata qualità, consapevolmente esposto, dal 31.12.2015 al 31.12.2018, nel bilancio e nella nota integrativa al medesimo, fatti materiali non rispondenti al vero, in particolare dati e notizie sull rivalutazione degli immobili strumentali, effettuata ai sensi del di n. 185/2008, rilevanti per la corretta comunicazione della situazione economica della società.
1.1. In risposta ai dedotti motivi di appello, la Corte territoriale osservava quanto appresso.
Assolveva, innanzitutto, l’imputato dai delitti fiscali considerando che i costi esposti, inerenti le imbarcazioni che la società noleggiava, non potevano considerarsi inesistenti ma, al più, non inerenti.
Quanto al delitto societario, invece – avendo, l’imputato appellante, lamentato di essere stato indotto in errore, circa la rivalutazione degli immobili, dai mancati rilievi sul punto da parte del sindaco e del revisore ai quali aveva trasmesso le bozze del bilancio – la Corte rilevava come fosse stato lo stesso COGNOME, quale amministratore unico, appunto, a redigere le bozze di bilancio e la nota esplicativa, talchè, a fronte delle palesi falsità in esse contenute, era del tutto irrilevante che gli organi deputati al controllo, il sindaco ed il revisore, non avessero mosso le pur dovute critiche.
Tanto più che, per definizione dello stesso imputato, il contrasto fra l’operata rivalutazione e la normativa di settore, era stato “eclatante”.
Così configurandosi gli elementi oggettivo e soggettivo del delitto contestato di cui all’art. 2621 cod. civ..
Propone ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, deducendo, con l’unico motivo, la violazione di legge ed in particolare degli artt. 2621 cod. civ., 42, comma 2 cod. pen. e 530 cod. proc. pen..
Il delitto di cui all’art. 2621 cod. civ. richiede, quale elemento soggettivo, i dolo generico, quanto alla falsità dell’appostazione in bilancio, e il dolo specifico quanto al fine di conseguire, da tale apparenza, un ingiusto profitto. Mai, pertanto,
l’autore ne risponde a titolo di dolo eventuale (Cass. n. 21672/2018), come, invece, aveva ritenuto la Corte territoriale.
L’imputato, poi, non si era materialmente occupato della predisposizione della bozza di bilancio e non avrebbe così potuto accorgersi della rivalutazione non consentita, effettuata dal consulente della società, che ne era anche il sindaco ed il revisore.
Gli organi di controllo poi non avevano fatto alcun rilievo.
Non era dato comprendere quale profitto l’imputato potesse dedurne dalla falsa appostazione.
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata, in assenza di adeguata motivazione sul dolo del reato contestato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse dell’imputato è manifestamente infondato.
L’art. 2621 cod. civ. punisce “gli amministratori (come era il prevenuto, all’epoca della consumata condotta), i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fi di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore”.
Nel caso di specie non vi è, innanzitutto, dubbio in ordine alla materialità della condotta (di cui al capo F dell’originaria rubrica): l’incongrua ed illegittim rivalutazione dei cespiti immobiliari (estesa, anche ed altrettanto illegittimamente, ad alcuni beni mobili) aveva comportato modifiche assai rilevanti (anche in ordine ai bilanci residui, dal 2015 al 2018) al risultato finale dell’esercizio, come riportato in bilancio (e nella relativa nota integrativa).
1.2. Quanto all’elemento soggettivo del reato, la Corte territoriale non aveva affatto affermato che la condotta fosse attribuibile all’imputato a titolo di mero dolo eventuale, ma aveva, invece, osservato come non fosse attendibile la versione dei fatti da questi sostenuta – l’essere stato tratto in inganno circa la legittimità delle appostazioni dai mancati rilievi del sindaco e del revisore (peraltro,
la medesima persona fisica) – posto che costoro, al più, avrebbero potuto essere chiamati a rispondere del medesimo reato in concorso con il prevenuto, a titolo di mancato controllo, e, certo, la loro condotta mai avrebbe potuto, come assunto, scriminare quella dell’amministratore della società sotto la cui diretta responsabilità (anche penale, dovendo essere comunque a lui ricondotta anche se si era, in ipotesi, affidato ad un professionista, non diversamente da quanto si è affermato in tema di bancarotta documentale: da ultimo Sez. 5, n. 36870 del 30/11/2020, Marelli, Rv. 280133) erano state redatte le bozze del bilancio e della nota illustrativa.
Quanto al dolo specifico di profitto (e di corrispettivo danno ai creditori della società) in capo all’imputato, è evidente come egli abbia consapevolmente inserito (o fatto inserire dal proprio consulente), nei bilanci e nelle note integrative agli stessi, fatti non rispondenti al vero – la macroscopica e non consentita rivalutazione degli immobili e di alcuni beni mobili – al fine di procurare alla società e a se stesso, essendone l’amministratore, l’ingiusto profitto derivante dal far risultare la società in solide condizioni economiche e finanziarie (così, fra l’altro, potendo accedere al credito bancario e dei fornitori), condizioni in realtà del tutto inesistenti.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, versando il medesimo in colpa, della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma il 5 dicembre 2023.