Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 38650 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 38650 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2024
SENTENZA
sul ricorso del Pubblico ministero presso il Tribunale di Teramo nel procedimento a carico di
COGNOME NOME, nato a Notaresco il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nata a Roma il DATA_NASCITA, avverso la sentenza in data 05/04/2023 del Tribunale di Teramo, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata; udito per gli imputati l’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento delle conclusioni di inammissibilità del ricorso rassegnate nella memoria scritta
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 5 aprile 2023 il Tribunale di Teramo ha assolto NOME COGNOME dal reato di truffa dell’art. 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. perché il fatto non sussiste e da quello di cui agli art. 55-quater, comma 1-bis e 55 quinquies d.lgs. n. 165 del 2001 perché il fatto non costituisce reato ed NOME Vizio!’ dagli
stessi reati del COGNOME e dal reato dell’art. 48, 479, 61 n. 2 e 9, cod. pen. perché il fatto non sussiste.
Il Pubblico ministero presso il Tribunale di Teramo ricorre per cassazione limitatamente all’assoluzione di entrambi gli imputati dai reati degli art. 55-quater e quinquies d.lgs. n. 165 del 2001 articolando due motivi per violazione di legge, il primo relativo alla COGNOME perché l’assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste” era basata su un’interpretazione errata della norma, il secondo relativo al COGNOME, perché il dolo che escludeva l’assoluzione con la formula “perché non costituisce reato” risiedeva nel registrare preventivamente al pc la sua uscita in modo tale da usare all’esterno solo il badge della moglie, così consentendo l’assenza ingiustificata per complessive dieci ore.
Gli imputati hanno presentato una corposa memoria nella quale hanno reiterato le ragioni che hanno giustificato l’assoluzione e hanno chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso del Pubblico ministero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è fondato.
I coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rispettivamente dirigente amministrativo e assistente giudiziario presso il Tribunale di Teramo e sono stati accusati della violazione dell’ art. 55quinquies del d.lgs. n. 165 del 2001, perché il primo, obliterando fraudolentemente il tesserino elettronico della seconda, ne aveva attestato falsamente la presenza in servizio nelle giornate e negli orari di lavoro in cui invece era assente in sei occasioni specificamente indicate nel capo d’imputazione, dal 28 aprile al 17 maggio 2021.
Il GRAGIONE_SOCIALEu.p. ha ritenuto giustificato il comportamento della coppia perché il marito si era limitato a passare il tesserino elettronico della moglie nell’incolpevole convinzione che avesse già effettuato la procedura di richiesta del permesso breve nell’applicativo informatico. D’altra parte, la moglie aveva diritto all’allontanamento dall’ufficio chiedendo dei permessi brevi ed era stato dimostrato in giudizio che il dipendente che riceveva il report delle timbrature a fine mese poteva chiedere all’amministratore di sistema delle correzioni sugli orari. In particolare, nel 2021 erano pervenute alla segreteria amministrativa del Tribunale n. 102 richieste di correzione e l’amministratore di sistema aveva effettuato 382 interventi di inserimento e 2.457 interventi di modifica delle timbrature. In tale contesto, la mail del 28 maggio con la richiesta di correzione degli orari integrava un “ravvedimento operoso” ed escludeva il reato.
Il P.m. ricorrente ha censurato l’assoluzione della moglie perché il reato degli art. 55-quater e quinquies del d.lgs. n. 165 del 2001 non contempla un ravvedimento operoso. L’ art. 55-quinquies del d.lgs. n. 165 del 2001, relativo alle false attestazioni o certificazioni, al comma 1 prevede che: “Fermo quanto previsto dal codice penale, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia è punito con la reclusione …”. Fra le modalità fraudolente che integrano il reato vi è l’abusiva timbratura del badge propria o altrui ovvero la consegna del proprio badge per risultare falsamente in servizio o l’utilizzo del badge di altri dipendenti pubblici per attestarne la presenza in ufficio (tra le più recenti, Sez. 2, n. 45106 del 12/09/2019, COGNOME, Rv. 277774-01 e Sez. 3, n. 45497 del 10/10/2019, COGNOME, Rv. 277277-01). Si tratta di un reato che si consuma con l’abusiva timbratura del badge, a prescindere dal danno economico per l’Amministrazione, perché il dipendente non può mutare a proprio piacimento gli orari di presenza in ufficio, alterando l’organizzazione dell’ufficio, al di fuori delle regole (Sez. 2, n. 7005 del 18/10/2018, dep. 2019, COGNOME, non mass., che richiama Sez. 3, n. 47043 del 27/10/2015, COGNOME, Rv. 265223-01). Il P.m. ha evidenziato che la mail per regolarizzare le assenze riscontrate dalla polizia giudiziaria, giustificate da un cumulativo permesso per motivi personali in via postuma e senza la preventiva autorizzazione del dirigente, non vale a elidere la valenza penale della condotta consumata. Sul punto, la motivazione della sentenza di assoluzione è perplessa perché, pur avendo spiegato analiticamente il funzionamento dell’applicativo informatico del rilevamento delle presenze e tutti i possibili correttivi con l’ausilio dell’amministratore di sistema, non ha spiegato come la mail potesse “sanare” ex post le irregolarità di timbratura. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Del pari perplessa è la motivazione dell’assoluzione del marito per la mancanza del dolo perché il G.u.p. ha aderito acriticamente alla prospettazione difensiva secondo cui era convinto che la moglie avesse provveduto a registrare preventivamente al pc le richieste dei permessi brevi. Sennonché, non solo non stati offerti elementi di giudizio concreti per fondare tale convinzione, quanto poi non irragionevolmente il P.m. ha sottolineato che il marito aveva provveduto a registrare la propria uscita al pc di modo da usare al dispositivo marcatempo un solo tesserino, quello della moglie, evitando sospetti sulla liceità della condotta.
S’impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di L’Aquila per nuovo giudizio.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla configurabilità del reato di cui all’art. 55 quater e 55 quinquies d.lgs. n. 165 del 2001 con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di L’Aquila Così deciso, il 19 marzo 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente