Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30436 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30436 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/06/2025
In nome del Popolo Italiano
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
COGNOME NOME
Presidente –
Sent. n. sez. 950/2025
ALDO ACETO
Relatore –
UP – 04/06/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 5550/2025
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a NAPOLI il 24/05/1961,
NOME nato a Surens (FRANCIA) il 13/04/1978
avverso la sentenza del 31/01/2024 della Corte d’appello di Napoli;
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi; uditi i difensori, Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME per COGNOME NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME che hanno concluso chiedendo lÕaccoglimento dei relativi ricorsi.
1.Tchicay AnguilŽ NOME e NOME ricorrono, con separati atti a firma dei rispettivi difensori, per lÕannullamento della sentenza del 31 gennaio 2024 della Corte di appello di Napoli che, in riforma della sentenza del 4 maggio 2022 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, pronunciata a seguito di giudizio abbreviato e da loro impugnata, ha ridotto la pena nella misura di due anni di reclusione e 34.017.880 euro ciascuno, ha
concesso ad entrambi il beneficio della sospensione condizionale della pena, ha revocato la confisca della somma di euro 61.500 sequestrata allÕAmato, ha confermato nel resto la loro condanna per il reato di cui agli artt. 81, 110 cod. pen., 40, comma 1, lett. b), commi 3 e 4, legge n. 504 del 1995.
Si contesta, in particolare, agli odierni ricorrenti, allÕAmato quale amministratore unico della societˆ RAGIONE_SOCIALE, al RAGIONE_SOCIALE AnguilŽ quale socio al 48% della RAGIONE_SOCIALE nonchŽ direttore della controllata RAGIONE_SOCIALE, di aver sottratto allÕaccertamento e al pagamento dellÕaccisa prodotti petroliferi in quantitˆ superiori a duemila chilogrammi.
Secondo lÕeditto accusatorio: (i) la societˆ RAGIONE_SOCIALE cedeva carburante (che documentalmente appariva provenire dalla Spagna) in sospensione di imposta a due societˆ ÒschermoÓ (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) che a loro volta lo cedevano alla RAGIONE_SOCIALE societˆ esterovestita in quanto amministrata in Italia e totalmente quivi operante; (ii) la RAGIONE_SOCIALE importava dallÕestero il gasolio acquistato da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE con diverse navi provenienti dalla Spagna che scaricavano il prodotto, in sospensione di imposta, direttamente presso il deposito fiscale della RAGIONE_SOCIALE sito nel porto di Napoli; (iii) il carburante veniva poi formalmente ceduto dalla RAGIONE_SOCIALE a compiacenti societˆ cartiere, sempre in sospensione di imposta e solo documentalmente, che a loro volta distribuivano il prodotto, sempre e solo documentalmente, a vari depositi commerciali intestati a societˆ che immettevano il prodotto sul mercato rivendendolo, in evasione di accisa, a distributori di carburante su strada; (iv) di fatto il prodotto, una volta scaricato presso il deposito fiscale della Garolla, veniva direttamente caricato sulle autobotti e trasportato ai depositi commerciali senza il passaggio intermedio delle societˆ cartiere; (v) in tal modo, nel solo periodo 27/02/2019-07/05/2019 erano stati sottratti al pagamento delle accise 27.548.305 litri di gasolio (pari a 23.002.835 chilogrammi) con evasione dellÕimposta nella misura di euro 17.008.940. Il fatto è contestato come commesso in Napoli e altri luoghi, dal 27 febbraio 2019 con condotta in atto.
2.Tchicay AnguilŽ NOME articola nove motivi.
2.1.Con il primo deduce lÕinosservanza o lÕerronea applicazione degli artt. 2, legge n. 504 del 1995, e 6, par. 3, lett. d), Direttiva (UE) 2020/262 (recepita con d.lgs. n. 180 del 2021), nonchŽ lÕerrata applicazione della disciplina della circolazione dei prodotti sottoposti ad accise in regime di sospensione di imposta.
Dopo aver ampiamente illustrato la differenza tra immissione in consumo dei prodotti soggetti ad accisa e immissione in libera pratica, il regime dei depositi fiscali, il fatto costitutivo dellÕobbligazione doganale (lÕeffettiva immissione in
consumo del prodotto che coincide con la sua estrazione dal deposito, con esclusione, allÕepoca del fatto, dellÕimportazione), conclude, al riguardo, che non sussiste nel caso di specie lÕimmissione in consumo dei prodotti sequestrati con conseguente insussistenza dellÕobbligo del pagamento delle accise. Aggiunge che, in ogni caso, il sequestro del prodotto estingue lÕobbligazione doganale e ricorda che il 17 luglio 2019 il carburante era stato sequestrato.
2.2.Con il secondo motivo deduce la contraddittorietˆ e la manifesta illogicitˆ della motivazione con riferimento alla individuazione, nella societˆ Eninco, del soggetto passivo dellÕobbligazione doganale che, stando a quanto afferma la stessa Guardia di Finanza, avrebbe dovuto invece individuarsi nella societˆ COGNOME, al più ravvisando una solidarietˆ passiva di Opera.
2.3.Con il terzo motivo deduce la contraddittorietˆ e la manifesta illogicitˆ della motivazione con riferimento al riconoscimento in capo al ricorrente di un potere di controllo sulla filiera commerciale che la stessa sentenza attribuisce, contraddittoriamente (appunto), ad COGNOME, ritenuto il vero gestore di RAGIONE_SOCIALE e reale dominus dellÕoperazione. Tali contrastanti conclusioni si fondano sulla consulenza tecnica del dott. NOME COGNOME che non cita nemmeno il segmento di condotta che coinvolge la Eninco.
2.4.Con il quarto motivo deduce lÕinosservanza o lÕerronea applicazione degli artt. 1253 e segg. cod. civ. e la mancanza di motivazione relativamente alla specifica doglianza devoluta in appello circa il fatto che il patto di riservato dominio sulle merci trasportate alle societˆ RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE non determina alcuna Òsignoria di fattoÓ sullÕintera operazione. Osserva che nella vendita con patto di riservato dominio (contratto molto diffuso nel commercio internazionale dei prodotti petroliferi) il rischio di perimento o danneggiamento del bene compravenduto si trasferisce allÕacquirente al momento della consegna in considerazione del fatto che il bene passa nella sfera di disponibilitˆ dellÕacquirente che ne assume il controllo, assolvendo il patto alla sola funzione di garantire il pagamento del bene, adempimento al quale la RAGIONE_SOCIALE avrebbe subordinato lo svincolo dal deposito di Garolla. Questa è lÕunica funzione del Ò placetÓ che RAGIONE_SOCIALE si riservava.
2.5.Con il quinto motivo deduce la mancanza e la manifesta illogicitˆ della motivazione e il travisamento della prova con riferimento alla consapevolezza del ricorrente di concorrere nel reato di cui allÕart. 40, comma 1, lett. b), commi 3 e 4, legge n. 504 del 1995. Il travisamento riguarda le annotazioni della Guardia di Finanza e dellÕAgenzia delle Dogane dalle quali risulta non solo che Eninco ha sempre rivenduto il carburante alla societˆ Mar Tankship ad un prezzo superiore a quello di acquisto dalla RAGIONE_SOCIALE ma che anche RAGIONE_SOCIALE operava un ricarico sulla successiva vendita a Opera. Ci˜ esclude che il ricorrente fosse a conoscenza della sorte del carburante una volta uscito dal deposito di Garolla e in
ogni caso toglie consistenza allÕargomento accusatorio legato alla natura antieconomica delle transazioni commerciali, quantomeno di quelle successive alle vendite di RAGIONE_SOCIALE. Il prezzo di vendita praticato da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE è argomento che non pu˜ provare la consapevolezza del ricorrente che a quella transazione era completamente estraneo.
2.6.Con il sesto motivo deduce lÕinosservanza degli artt. 132 e 133 cod. pen. sotto il profilo della mancata riduzione della pena pecuniaria (fissata in misura pari al triplo delle accise che si affermano evase) coerentemente con lÕintervenuta riduzione, di un quarto, della pena detentiva e della mancanza di motivazione sul punto.
2.7.Con il settimo motivo pone la questione di legittimitˆ costituzionale dellÕart. 40, comma 1, d.lgs. n. 504 del 1995 per violazione degli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost. nella parte in cui prevede una pena pecuniaria proporzionale (la multa dal doppio al decuplo dellÕimposta evasa non inferiore, in ogni caso, a 7.746 euro) senza alcun limite edittale.
2.8.Con lÕottavo motivo pone la questione di legittimitˆ costituzionale dellÕart. 40, comma 3, d.lgs. n. 504 del 1995 per violazione degli artt. 3, 25, comma 2, e 27, terzo comma, Cost. nella parte in cui equipara la forma tentata del reato a quella consumata.
2.9.Con il nono motivo deduce la mancanza della motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche invocate in appello con argomenti (il leale e costruttivo comportamento processuale improntato ad evitare ogni condotta ostruzionistica o dilatoria; il proprio ruolo defilato; il contributo conoscitivo apportato mediante lÕarricchimento del compendio probatorio) liquidati dalla Corte di appello con motivazione apparente e tautologica.
2.10.Il 29 maggio 2025 è pervenuta una articolata memoria difensiva, a firma dellÕAvv. NOME COGNOME di replica alle richieste del Procuratore generale.
3.NOME COGNOME articola quattro motivi.
3.1.Con il primo deduce la violazione dellÕart. 603, comma 2, cod. proc. pen. in relazione alla omessa acquisizione dellÕordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria che, nellÕambito di altro procedimento, ha applicato la misura coercitiva personale della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME ed altri per reati consumati a margine dellÕattivitˆ del deposito fiscale RAGIONE_SOCIALE la societˆ che, secondo la sentenza impugnata, avrebbe beneficiato del contributo concorsuale del ricorrente. In particolare, il procedimento riguarda i reati commessi Òa valleÓ della fornitura del prodotto petrolifero da Opera a RAGIONE_SOCIALE. Si tratta, afferma, di prova scoperta dopo il giudizio di primo grado e comunque di prova decisiva idonea a disarticolare la logica e il contenuto dellÕimputazione poichŽ il cd. ÒSistema RAGIONE_SOCIALE (ignoto ai
Giudici di questo processo) era finalizzato ad evadere lÕIVA, non le accise il cui regolare assolvimento costituiva presupposto strutturale e indefettibile della operativitˆ del sistema, pena la revoca delle licenze, non potendo essere valorizzato in senso contrario il contingente mancato pagamento delle accise stesse avvenuto per cause del tutto estemporanee (gli accertamenti della GdF presso lÕItalpetroli).
Il rigetto della Corte di appello si fonda su motivazione apparente e contraddittoria che ha omesso di confrontarsi con le ragioni della richiesta, con la sua causa petendi.
3.2.Con il secondo motivo deduce lÕinosservanza e lÕerronea applicazione dellÕart. 2, comma 2, d.lgs. n. 504 del 1995, e il vizio di motivazione apparente in relazione al ritenuto trasferimento sulle societˆ cartiere degli obblighi relativi al pagamento delle accise in realtˆ esigibili solo allÕatto della immissione in consumo del prodotto petrolifero e, dunque, dalla RAGIONE_SOCIALE, titolare del deposito fiscale cedente. Le cartiere, in questo caso, hanno agito in regime di sospensione dellÕIVA (non delle accise) con lÕintento di evaderla. LÕintero meccanismo – ribadisce – era finalizzato allÕevasione dellÕimposta sul valore aggiunto non delle accise perchŽ il loro mancato pagamento avrebbe comportato la revoca della licenza del deposito fiscale, ci˜ che ha indotto il ricorrente a confidare sulla affidabilitˆ della contribuente RAGIONE_SOCIALE, titolare di licenza dal 2016.
3.3.Con il terzo motivo deduce lÕinosservanza e/o lÕerronea applicazione degli artt. 110 cod. pen., 40 d.lgs. n. 504 del 1995.
Sotto un primo profilo sostiene che lÕomesso pagamento dellÕaccisa non è di per sŽ punito dallÕart. 40, cit., che sanziona solo quello scaturito da condotte fraudolente (assenti nel caso di specie). Un diverso approdo ermeneutico si risolve in una insidiosa violazione del principio di legalitˆ.
Sotto un diverso profilo deduce il malgoverno dellÕart. 192, comma 2, cod. proc. pen. nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto il concorso nel reato omissivo istantaneo proprio del soggetto obbligato al pagamento delle accise attribuendo valore indiziante alle mail e chat intercorse con il legale rappresentante di Opera (Al’ Nicol˜). Tali corrispondenze riguardano cessioni effettuate nel febbraio 2019 per le quali RAGIONE_SOCIALE avrebbe assolto lÕobbligo del pagamento dellÕaccisa il seguente 20 marzo.
Inoltre, trattandosi di reato omissivo proprio di natura istantanea, si sarebbe dovuto ravvisare in capo al concorrente una posizione di garanzia (inesistente nel caso di specie) o una condotta di istigazione o un accordo con lÕautore del reato del tutto insussistenti.
3.4.Con il quarto motivo deduce lÕerronea applicazione degli artt. 43, 110 cod. pen., 40, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 504 del 1995, il travisamento delle prove (attestante lÕassolvimento delle accise da parte di RAGIONE_SOCIALE fino al 16 aprile 2019
e la reale finalitˆ dellÕintero meccanismo) e la motivazione apparente circa il dolo di concorso dedotto in appello sotto il profilo della mancanza di consapevolezza del ricorrente dellÕevasione delle accise in costanza di regolare funzionamento del codice dellÕaccisa di RAGIONE_SOCIALE per tutto il periodo di fornitura a questÕultima.
4.Gli argomenti dedotti da NOME COGNOME con il quarto motivo sono oggetto di motivi nuovi con cui viene ulteriormente ribadito il travisamento dei messaggi scambiati con Nicol˜ Al’ il 20 febbraio 2019.
5.Con memoria del 26 maggio 2025 il Procuratore generale ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
6.Con memoria del 29 maggio 2025 il difensore di Tchicay AnguilŽ NOME COGNOME Avv. NOME COGNOME ha replicato alle richieste del PG insistendo per lÕaccoglimento del proprio ricorso.
1.I ricorsi sono infondati.
2.Dal testo della motivazione della sentenza impugnata risulta che:
2.1.Eninco, rappresentata da COGNOME AnguilŽ NOMECOGNOME acquistava carburante dalla RAGIONE_SOCIALE e rivendeva il prodotto alle societˆ cartiere Gardag o Mar Tankship;
2.2.RAGIONE_SOCIALE rivendeva il prodotto a Opera (rappresentata da AlCOGNOME) che si avvaleva del deposito fiscale della societˆ COGNOME (rappresentata da NOME COGNOME);
2.3.Opera rivendeva il carburante alla RAGIONE_SOCIALE che aveva un proprio deposito fiscale a Locri e successivamente alla societˆ Byone che si avvaleva del deposito fiscale della RAGIONE_SOCIALE
2.4.il carburante, per˜, non veniva mai scaricato a Locri ma reimmesso in circolazione con Òdocumenti di comodoÓ e trasferito a societˆ ÒcartiereÓ (Scevola, RAGIONE_SOCIALE) che provvedevano a consegnare il prodotto ai punti vendita (si dˆ atto, in motivazione, dei servizi di osservazione e di ripresa video che avevano accertato lÕuscita del carburante dal deposito Garolla documentalmente diretto a RAGIONE_SOCIALE ma ivi mai recapitato, nŽ scaricato);
2.5.il trasferimento (fittizio) dal deposito fiscale di COGNOME a quello di RAGIONE_SOCIALE avveniva in sospensione di accisa (trattandosi del trasferimento da un
deposito fiscale ad un altro) laddove la consegna alle societˆ cartiere incaricate della distribuzione finale avveniva in evasione dellÕimposta;
2.6.Eninco e Opera erano unitariamente rappresentate in Italia da Al’ Nicol˜, ritenuto il reale dominus dellÕintera operazione;
2.7.Opera, infatti, è societˆ esterovestita con sede fittizia a Malta, in un appartamento nel quale hanno sede numerose altre societˆ offshore;
2.8.NOME e NOME erano una cosa sola come si desume dal fatto che NOMECOGNOME nel corso di una conversazione intercettata aveva affermato che Òin Italia, NOME sono ioÓ;
2.9.Tchicay AnguilŽ NOME era a conoscenza del meccanismo di evasione fiscale (anzi, ne era il primo promotore) perchŽ acquistava il gasolio ad un costo che sul mercato italiano non avrebbe potuto essere competitivo se non prevedendo, a monte, di realizzare la vendita e il consumo in assenza del pagamento dellÕimposta; in particolare, Opera acquistava ad un prezzo unitario di euro 603,00 e rivendeva a RAGIONE_SOCIALE al prezzo sensibilmente inferiore di euro 534,00 più basso di quello al quale NOME acquistava (euro 555,33);
2.10.questo meccanismo aveva consentito lÕevasione dellÕIVA (non pagata dalle societˆ cartiere) e delle accise, mai versate dagli esercenti dei depositi fiscali.
2.11.Quanto al consapevole e volontario contributo dei ricorrenti nella consumazione del reato, la Corte di appello ha richiamato il principio affermato da Sez. 3, n. 18924 del 20/01/2017, COGNOME, Rv. 269903 – 01, secondo cui, in tema di evasione dell’IVA mediante il meccanismo delle cd. frodi carosello, che, nelle operazioni di importazione di beni, sfrutta la neutralizzazione dell’IVA all’acquisto mediante l’interposizione di societˆ cartiere, aventi il solo scopo di emettere fatture – con l’esposizione di un’imposta in realtˆ non versata – destinate ad essere utilizzate nella catena delle cessioni per creare crediti d’imposta inesistenti, una volta appurata l’oggettiva sussistenza della frode attraverso la ricostruzione dei passaggi in cui, in concreto, detto meccanismo si estrinseca, è insita nella stessa gestione di fatto delle societˆ coinvolte, e conseguentemente nella regia e supervisione delle operazioni commerciali dalle stesse poste in essere, la piena consapevolezza, in capo ai soggetti agenti, del sistema fraudolento complessivo, la cui prova principe è costituita dall’esiguitˆ del prezzo di acquisto della merce rispetto a quello corrente. Ha quindi desunto la partecipazione dei ricorrenti al meccanismo complessivo facendo leva sul pieno controllo che ciascuno di essi aveva della fase nella quale interveniva e cos’ lÕAmato quale legale rappresentante di COGNOME e interlocutore diretto di NOME COGNOME AnguilŽ NOME quale amministratore di Eninco e primo acquirente del carburante ceduto alle cartiere.
2.12.Con riferimento allÕAmato ha indicato ulteriori indici della sussistenza del dolo; in particolare:
2.13.lÕemissione di documenti di trasporto ÒcompiacentiÓ nei quali era indicato il deposito di RAGIONE_SOCIALE quale destinatario del carburante in uscita da Garolla;
2.14.la stipula di un contratto di warrant storage (patto di riservato dominio) che garantiva a Opera una consistente riserva sui depositi di carburante di Garolla, contratto che – ad avviso degli inquirenti – rendeva la societˆ di Amato luogo di esercizio di Opera;
2.15.la sostituzione, il 21 giugno 2019, di RAGIONE_SOCIALE (allÕindomani della verifica fiscale presso questÕultima) con la societˆ RAGIONE_SOCIALE, peraltro cessata giˆ il 16 giugno 2019;
2.16.la corrispondenza e le chat con lÕAl’ intercorse il 20 febbraio 2019 e, tra queste, la mail indirizzata da Opera a COGNOME nella quale si indicava come destinataria finale del gasolio la cartiera COGNOME, la immediata richiesta di COGNOME di una mail correttiva, la risposta di NOMECOGNOME che ingiuriava via chat gli autori della mail che smascherava il meccanismo fraudolento; mail e chat intervenute nel periodo in cui COGNOME e NOMECOGNOME stavano individuando il secondo deposito fiscale e lÕAmato aveva acconsentito alla richiesta di NOMECOGNOME di non pesare il gasolio;
2.17.il messaggio del 7 maggio 2019 con cui NOMECOGNOME diceva allÕAmato che darebbe stato meglio se il gasolio fosse rimasto nei depositi della Pa.Gi. (a conferma della consapevolezza del fatto che il carburante non veniva recapitato presso Italpetroli);
2.18.gli esiti della perquisizione effettuata il 17 luglio 2019 presso Garolla (tra i quali il rinvenimento di un appunto di NOME COGNOME nel quale si indica la percentuale di guadagno derivante dal riciclaggio);
2.19.lÕAmato era il diretto interessato perchŽ obbligato al pagamento delle accise;
2.20.il legale rappresentante di Pa.Gi aveva riferito di non conoscere la societˆ Opera, di non aver avuto contatti con RAGIONE_SOCIALE, ma di aver cominciato con Garolla.
2.21.Quanto al Tchicay AnguilŽ NOMECOGNOME la Corte di appello ha indicato i seguenti elementi:
2.22.Eninco (schermata in Italia da Opera) metteva il capitale e trasferiva il carburante (in sospensione di imposta);
2.23.il trasferimento veniva effettuato tramite cartiere che rivendevano a Opera (Al’ sosteneva che Eninco in Italia era lui, cos’ rivelando di agire nellÕinteresse dellÕinvestitore);
2.24.RAGIONE_SOCIALE – attraverso Opera – non pagava lÕimposta e poteva cos’ praticare un prezzo competitivo sul mercato (RAGIONE_SOCIALE acquistava ad un prezzo più basso di quello al quale RAGIONE_SOCIALE acquistava il prodotto petrolifero);
2.25.la stipula del contratto di RAGIONE_SOCIALE che obbligava lÕAmato a svincolare il gasolio depositato presso Garolla solo dopo il placet di Eninco, cos’
evidenziando il controllo da parte di questÕultima di tutte le fasi della filiera commerciale e la natura fittizia dei passaggi intermedi finalizzati solo a schermare lÕidentitˆ dellÕimportatore; il contratto serviva anche a esercitare la vigilanza sullÕoperato di Al’ che in Italia agiva per conto di Tchicay AnguilŽ NOME.
3.Prima di esaminare i ricorsi, è necessario ricordare (e ribadire) che:
3.1.lÕindagine di legittimitˆ sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontˆ del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilitˆ di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimitˆ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944 – 01);
3.2. lÕillogicitˆ della motivazione, come vizio deducibile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato di legittimitˆ al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchŽ siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 214794);
3.3. la mancanza e la manifesta illogicitˆ della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicchŽ dedurre tale vizio in sede di legittimitˆ significa dimostrare che il testo del provvedimento è manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e non giˆ opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica (Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, COGNOME, Rv. 205621), sicchŽ una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, munite di eguale crisma di logicitˆ (Sez. U, n. 30 del 27/09/1995, COGNOME, Rv. 202903);
3.4. il compito del giudice di legittimitˆ non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all’affidabilitˆ delle fonti di prova, bens’ di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi
a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv. 203428 – 01);
3.5. la verifica che la Corte di cassazione è abilitata a compiere sulla completezza e sulla correttezza della motivazione di una sentenza non pu˜ essere confusa con una rinnovata valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella fornita dal giudice di merito (Sez U, n. 2110 del 23/11/1995, COGNOME, Rv. 203767 – 01);
3.6. è estraneo all’ambito applicativo dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. ogni discorso confutativo sul significato della prova, ovvero di mera contrapposizione dimostrativa, considerato che nessun elemento di prova, per quanto significativo, pu˜ essere interpretato per “brani” nŽ fuori dal contesto in cui è inserito, sicchŽ gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimitˆ se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacitˆ dimostrativa. Sono, pertanto, inammissibili, in sede di legittimitˆ, le censure che siano nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione del risultato probatorio; cos’ come sono estranei al sindacato della Corte di cassazione i rilievi in merito al significato della prova ed alla sua capacitˆ dimostrativa (Sez. U, n. 41570 del 25/05/2023, COGNOME, n.m. sul punto, in motivazione);
3.7. lÕindagine di legittimitˆ pu˜ estendersi al contenuto delle singole prove solo quando la contraddittorietˆ della motivazione risulti da Òatti del processo specificamente indicatiÓ (cd. travisamento della prova), vizio configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova rilevante ai fini della pronuncia; il relativo vizio ha natura decisiva solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758 – 01; Sez. 1, n. 53600 del 24/11/2016, dep. 2017, Sanfilippo, Rv. 271635 – 01; Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, COGNOME, Rv. 258774; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499);
3.8.il travisamento della prova consiste, pertanto, in un errore percettivo (e non valutativo) tale da minare alle fondamenta il ragionamento del giudice ed il sillogismo che ad esso presiede. In particolare, consiste nellÕaffermare come esistenti fatti certamente non esistenti ovvero come inesistenti fatti certamente esistenti. Il travisamento rende la motivazione insanabilmente contraddittoria con le premesse fattuali del ragionamento cos’ come illustrate nel provvedimento
impugnato, una diversitˆ tale da non reggere allÕurto del contro-giudizio logico sulla tenuta del sillogismo. Il vizio è perci˜ decisivo quando la frattura logica tra la premessa fattuale del ragionamento e la conclusione che ne viene tratta è irreparabile. Come ben spiegato da Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, n.m. sul punto, il travisamento della prova sussiste quando emerge che la sua lettura sia affetta da errore “revocatorio”, per omissione, invenzione o falsificazione. In questo caso, difatti, la difformitˆ cade sul significante (sul documento) e non sul significato (sul documentato);
3.9. quando viene dedotto il travisamento della prova è onere del ricorrente, in virtù del principio di Òautosufficienza del ricorsoÓ, suffragare la validitˆ del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti medesimi (ovviamente nei limiti di quanto era giˆ stato dedotto in sede di appello), dovendosi ritenere precluso al giudice di legittimitˆ il loro esame diretto, a meno che il “fumus” del vizio dedotto non emerga all’evidenza dalla stessa articolazione del ricorso (Sez. 2, n. 20677 dellÕ11/04/2017, COGNOME, Rv. 270071; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, COGNOME, Rv. 265053; Sez. F. n. 37368 del 13/09/2007, Torino, Rv. 237302).
3.10.In conclusione: a) il vizio di motivazione non pu˜ essere utilizzato per spingere lÕindagine di legittimitˆ oltre il testo del provvedimento impugnato, nemmeno quando ci˜ sia strumentale a una diversa ricomposizione del quadro probatorio che, secondo gli auspici del ricorrente, possa condurre il fatto fuori dalla fattispecie incriminatrice applicata; b) lÕesame pu˜ avere ad oggetto direttamente la prova (ed il suo contenuto) quando se ne deduce il travisamento, purchŽ lÕatto processuale che la incorpora sia allegato al ricorso (o ne sia integralmente trascritto il contenuto) e possa scardinare la logica del provvedimento creando una insanabile frattura tra il giudizio e le sue basi fattuali; c) la natura manifesta della illogicitˆ della motivazione del provvedimento impugnato costituisce un limite al sindacato di legittimitˆ che impedisce alla Corte di cassazione di sostituire la propria logica a quella del giudice di merito e di avallare, dunque, ricostruzioni alternative del medesimo fatto, ancorchŽ altrettanto ragionevoli; d) non è consentito, in caso di cd. Òdoppia conformeÓ, dedurre il travisamento della prova mediante la pura e semplice riproposizione delle medesime questioni fattuali giˆ devolute in appello sopratutto quando, come nel caso di specie, la censura riguardi il medesimo compendio probatorio non avendo la Corte territoriale attinto a prove diverse da quelle scrutinate in primo grado.
3.11.Non è dunque ammesso, in sede di legittimitˆ, proporre unÕinterlocuzione diretta con la Suprema Corte in ordine al contenuto delle prove giˆ ampiamente scrutinate in sede di merito sollecitandone lÕesame e proponendole quale criterio di valutazione della illogicitˆ manifesta della motivazione; in questo modo si sollecita la Corte di cassazione a sovrapporre la
propria valutazione a quella dei Giudici di merito laddove, come detto, ci˜ non è consentito, nemmeno quando venga eccepito il travisamento della prova. Il travisamento non costituisce il mezzo per valutare nel merito la prova, bens’ lo strumento – come detto – per saggiare la tenuta della motivazione alla luce della sua coerenza logica con i fatti sulla base dei quali si fonda il ragionamento.
4.Il ricorso di Tchicay AnguilŽ NOME.
4.1.Il primo motivo è infondato.
4.2.Ai sensi dellÕart. 2, comma 1, d.lgs. n. 504 del 1995, nella versione vigente ratione temporis, per i prodotti sottoposti ad accisa lÕobbligazione tributaria sorge – per quanto qui rileva – al momento della loro importazione nel territorio dello Stato e diviene esigibile allÕatto dellÕimmissione in consumo del prodotto nel territorio dello Stato (comma 2). LÕart. 2, comma 2, lettere da a) ad e) , indica i casi in cui il prodotto si considera immesso in consumo (tra questi, per quanto qui rileva, lo svincolo, anche irregolare, di prodotti sottoposti ad accisa da un regime sospensivo). Obbligati al pagamento dellÕaccisa sono: a) il titolare del deposito fiscale dal quale avviene lÕimmissione in consumo e, in solido, i garanti del pagamento o colui nei cui confronti si verificano i presupposti per la esigibilitˆ dellÕimposta; b) il destinatario registrato che riceve i prodotti soggetti ad accisa alle condizioni di cui allÕart. 8 d.lgs. n. 504 del 1995; c) in caso di importazione e ingresso irregolare, il debitore dell’obbligazione doganale individuato in base alla relativa normativa e, in caso di importazione irregolare, in solido, qualsiasi altra persona che ha partecipato allÕimportazione (art. 2, comma 4, nella versione vigente ratione temporis ).
4.3.Non si considera immesso in consumo il prodotto detenuto nei depositi fiscali autorizzati (artt. 1, lett. e ed f, 5 d.lgs. n. 504 del 1995) e destinato ad altro deposito fiscale o un destinatario registrato (art. 6, comma 1, lett. a, d.lgs. n. 504, cit.). La detenzione ed il trasporto vengono effettuati in regime di sospensione ai sensi dellÕart. 1, comma 1, lett. g), d.lgs. n. 504 del 1995. La circolazione di prodotti sottoposti ad accisa, in regime sospensivo, inizia, nelle ipotesi di cui al comma 1, lettera a) , nel momento in cui essi lasciano il deposito fiscale di spedizione e si conclude nel momento in cui i medesimi sono presi in consegna dal destinatario. La circolazione in regime sospensivo deve aver luogo con un documento amministrativo elettronico (cd. e-DAS) emesso dal sistema informatizzato previo inserimento dei relativi dati da parte del soggetto speditore. I medesimi prodotti circolano con la scorta di una copia stampata del documento amministrativo elettronico o di qualsiasi altro documento commerciale che indichi in modo chiaramente identificabile il codice unico di riferimento amministrativo. Tale documento è esibito su richiesta alle autoritˆ competenti durante la circolazione in regime sospensivo. Il depositario autorizzato mittente è tenuto a
fornire garanzia del pagamento dell’accisa gravante sui prodotti spediti; in alternativa, la garanzia pu˜ essere prestata dal proprietario, dal trasportatore o dal vettore della merce ovvero, in solido, da più soggetti tra costoro. La garanzia pu˜ essere prestata anche dal destinatario dei prodotti, in solido con il depositario autorizzato mittente. LÕaccisa è esigibile all’atto del ricevimento dei prodotti da parte del destinatario e deve essere pagata entro il primo giorno lavorativo successivo a quello di arrivo. Il destinatario registrato deve comunque fornire, prima della spedizione dei prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo da parte del mittente, garanzia per il pagamento dell’imposta gravante sui medesimi.
4.4.Al di fuori dei casi di perdita irrimediabile, totale o parziale, o di distruzione totale dei prodotti che si trovano in regime sospensivo, in caso di irregolaritˆ o di infrazione commessa nel corso della circolazione di prodotti in regime sospensivo lÕaccisa, per quanto qui rileva, è corrisposta dalla persona fisica o giuridica che ne ha garantito il pagamento e, in solido, da qualsiasi altra persona che abbia partecipato allo svincolo irregolare e che era a conoscenza, o avrebbe dovuto ragionevolmente essere a conoscenza, della natura irregolare dello svincolo (art. 7, comma 1, lett. a, d.lgs. n. 504 del 1995).
4.5.Cos’ sommariamente ricostruita la normativa in tema di costituzione del rapporto tributario obbligatorio, individuazione del (o dei) soggetto(i) passivo(i) di imposta, nonchŽ esigibilitˆ dellÕimposta stessa, risulta chiaramente infondato il rilievo difensivo laddove non considera che lÕuscita del prodotto dal deposito fiscale verso destinazioni ignote, diverse da quelle documentate dalla documentazione richiesta, comporta il venir meno del regime di sospensione dellÕimposta e la sua immediata esigibilitˆ da parte del depositante e dalle altre persone indicate dallÕart. 7, comma 1, lett. a, cit. Lo svincolo irregolare di prodotti sottoposti ad accisa da un regime sospensivo si considera sempre immissione in consumo (art. 2, comma 2, lett. a, cit.).
In questa sede non rileva la distinzione tra Òimmissione in libera praticaÓ e Òimmissione in consumoÓ (sulla quale il ricorrente si dilunga) perchŽ la traccia accusatoria fa riferimento proprio alla immissione in consumo quale condotta integratrice la fattispecie penale contestata. Che un prodotto depositato allÕinterno di un deposito fiscale autorizzato non è considerato immesso in consumo (e non è perci˜ ancora soggetto ad accisa) è fatto non controverso ma non si pu˜ arrestare lÕindagine al fatto ÒstaticoÓ del deposito perchŽ lÕimputazione pone il tema dello svincolo irregolare dal deposito quale immissione in consumo e dunque fatto costitutivo dellÕobbligazione fraudolentemente elusa.
4.6.é manifestamente infondata la deduzione che il sequestro del prodotto oggetto di accisa determina lÕestinzione dellÕobbligazione doganale e, di conseguenza, del reato.
4.7.Ai sensi dellÕart. 124, ¤ 1, lett. e), del Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 952/2013 che istituisce il codice doganale dellÕUnione, il sequestro o la confisca delle merci soggette a dazi all’importazione o allÕesportazione comporta lÕestinzione dellÕobbligazione doganale. Ci˜ nondimeno il ¤ 2 della stessa norma stabilisce che l’obbligazione doganale non è considerata estinta ai fini delle sanzioni applicabili alle infrazioni doganali, qualora la legislazione di uno Stato membro preveda che i dazi all’importazione o all’esportazione o l’esistenza di un’obbligazione doganale costituiscano la base per la determinazione delle sanzioni.
SicchŽ è destituita di fondamento la deduzione difensiva secondo la quale il prodotto petrolifero non si pu˜ considerare immesso in consumo perchŽ sequestrato. Cos’ ragionando, oltretutto, il sequestro penale (che precede il fatto) verrebbe considerato causa di estinzione del reato benchŽ non espressamente previsto dalla legge (e ci˜ senza considerare che solo una parte del prodotto è stata sequestrata).
4.8.Il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto motivo devono essere esaminati congiuntamente costituendone tema comune la responsabilitˆ del ricorrente per il reato a lui ascritto.
4.9.Va in primo luogo sgombrato il campo da un equivoco (nel quale cade anche lÕAmato); trattandosi del reato di cui allÕart. 40, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 504 del 1995, sostenere che lÕimputato non è il soggetto passivo di imposta è argomento doppiamente fallace: sia perchŽ la condotta tipizzata riguarda la sottrazione dei prodotti energetici allÕaccertamento o al pagamento dellÕaccisa e pu˜ dunque essere commessa da chiunque, non solo dal soggetto passivo di imposta; sia perchŽ, essendo contestato il concorso nel reato, ci˜ che rileva è lÕapporto che il singolo concorrente fornisce per garantire il risultato finale. Occorre verificare se ed in che modo la sottrazione allÕaccertamento o al pagamento dellÕaccisa sia riconducibile sul piano causale alla condotta del concorrente e sia da questi preveduto e voluto come conseguenza della propria azione (o omissione). Non senza dimenticare che, come visto, lÕaccisa è esigibile anche Çda qualsiasi altra persona che abbia partecipato allo svincolo irregolare e che era a conoscenza, o avrebbe dovuto ragionevolmente essere a conoscenza, della natura irregolare dello svincoloÈ (art. 7, cit.).
Come correttamente ricordato anche dal PG, il soggetto attivo del reato di cui all’art. 40 del D.Lgs. n. 504 del 1995 pu˜ essere chiunque ponga in essere la condotta vietata, compreso il consumatore che possegga prodotti energetici senza averne titolo, ovvero se ne avvalga per usi diversi da quelli consentiti, atteso che non sono richieste per la integrazione della fattispecie nŽ l’immissione in commercio, nŽ la destinazione al commercio dei prodotti sottratti al pagamento dellÕaccisa (Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME Rv. 260609 – 01; Sez. 3, n.
10909 del 07/02/2007, COGNOME, Rv. 236089 – 01; Sez. 3, n. 36969 del 15/06/2005, COGNOME, Rv. 232478 – 01).
4.10.Ci˜ che rileva, pertanto, è lÕoggettiva esistenza di una obbligazione tributaria (altrettanto oggettivamente evasa) e la individuazione di colui o coloro che hanno contribuito a sottrarne lÕoggetto allÕaccertamento dellÕimposta e/o al relativo pagamento. é questione di fatto che pu˜ essere dedotta in questa sede nei termini e negli stretti limiti indicati dal ¤ 3 che precede, non potendo essere supportata dal richiamo ad atti delle indagini preliminari dei quali non viene nemmeno dedotto il travisamento e fermo restando che la valutazione della Corte di cassazione sulla tenuta logica della motivazione si arresta sulla soglia della non manifesta illogicitˆ della motivazione stessa.
4.11.La Corte di appello ha indicato le ragioni dellÕaffermato coinvolgimento del ricorrente nei termini giˆ sopra indicati. Il ragionamento dei Giudici territoriali non è nŽ contraddittorio, nŽ manifestamente illogico e non pu˜ essere sindacato facendo riferimento al contenuto di prove delle quali – come detto – non viene nemmeno dedotto (correttamente) il travisamento decisivo.
4.12.Che il trasferimento del prodotto avvenisse tramite societˆ cartiere (il GRAGIONE_SOCIALEp. le aveva descritte come Òprimo livello della catenaÓ) è questione nemmeno contestata dal ricorrente (egli stesso in qualche modo lo riconosce: pag. 16 della sentenza impugnata), cos’ come non è contestata la circostanza che Opera fosse una societˆ esterovestita.
4.13.La Corte di appello ne trae la conseguenza che tali passaggi intermedi fossero finalizzati a schermare il reale dominio della filiera non essendoci altra (e non essendo mai stata fornita) ragionevole spiegazione sulla necessitˆ di tali passaggi. Tale considerazione, se si salda con la circostanza che NOMECOGNOME (amministratore di Opera) rivendicava contemporaneamente di rappresentare (e gestire) la Eninco in Italia ( Çla Eninco in Italia sono ioÈ ) rende non manifestamente illogica nŽ contraddittoria la conclusione che lÕintera operazione fosse concordata o pianificata con lÕodierno ricorrente che della RAGIONE_SOCIALE era il rappresentante (cos’ lo qualifica la Corte di appello, senza contestazioni sul punto) e che finanziava lÕintera operazione (la rivendicazione dellÕAl’, limitata allÕItalia, non è affatto incompatibile, sul piano logico, con la concorrente signoria del ricorrente sullÕintera operazione nata fuori dall’Italia). In questo contesto, lÕinterpretazione del contratto di RAGIONE_SOCIALE quale strumento per conservare il dominio sul prodotto ceduto a Opera non è manifestamente infondata ed è questione che, come detto, non pu˜ essere sindacata in sede di legittimitˆ se la motivazione non manifestamente illogica. EÕ un dato di fatto che Opera (societˆ esterovestita) gestiva il deposito fiscale di Garolla nei termini indicati dalla Corte di appello disponendo in ordine allÕuscita del prodotto. Sottolineare, come fa il ricorrente, che il prezzo di vendita praticato da Eninco a Martankship fosse superiore a quello di acquisto e che dunque non gli si
pu˜ attribuire la responsabilitˆ della vendita finale del prodotto ad un prezzo inferiore è circostanza tuttÕaltro che risolutiva considerata la natura di cartiera di questÕultima societˆ.
Il dedotto travisamento, pertanto, non è decisivo perchŽ non solo non è in grado di disarticolare l’intero ragionamento probatorio ma si concilia perfettamente con la tesi accusatoria secondo cui le societˆ cartiere hanno assolto allÕunica funzione di ÒschermareÓ il reale dominus e finanziatore dellÕintera operazione. Le negoziazioni (solo) formalmente inappuntabili sul piano economico si inseriscono perfettamente in questo meccanismo che la Corte di appello ha ben spiegato.
4.14.Il sesto motivo è infondato.
4.15.Il ricorrente cita Sez. 3, n. 25556 del 05/04/2019, Leone, Rv. 276010 01, che ha affermato il principio di diritto secondo il quale, in tema di determinazione del trattamento sanzionatorio, nel caso in cui, per la violazione ascritta all’imputato sia prevista una pena congiunta, il giudice che, fissando in prossimitˆ del c.d. minimo edittale la pena detentiva, ritenga di irrogare invece la sanzione pecuniaria in misura apprezzabilmente superiore al cd. medio edittale, è tenuto ad esporre diffusamente le ragioni di tale seconda determinazione. In motivazione, la Corte ha chiarito che la giustificazione della scelta compiuta dev’essere tanto più esaustiva, quanto più ampia è la “forbice” tra le due specie di sanzioni per consentire al condannato di comprendere il procedimento logicogiuridico seguito, assicurando, in tal modo, alla pena lo svolgimento della sua funzione special-preventiva.
4.16.Nel caso di specie, tuttavia, non sussistono i presupposti indicati dalla sentenza invocata dal ricorrente a sostegno delle proprie doglianze perchŽ la penabase applicata dalla Corte di appello è pari al medio edittale del reato nella forma aggravata ai sensi del quarto comma dellÕart. 40 d.lgs. n. 504 del 1995 e dunque in misura tuttÕaltro che prossima al minimo ma anzi pari a tre volte il minimo stesso, allo stesso modo con cui è stata applicata la multa.
4.17.La questione di legittimitˆ costituzionale posta con il settimo motivo non è rilevante (ed è comunque manifestamente infondata) sia perchŽ al ricorrente è stata applicata la multa pari a tre volte lÕimposta evasa, sia perchŽ la fattispecie sanzionatoria prevede un limite minimo ed un limite massimo alla applicazione della pena pecuniaria sicchŽ è un fuor dÕopera evocare inesistenti automatismi applicativi e la conseguente lesione del principio di proporzionalitˆ.
4.18.Anche la questione posta con lÕottavo motivo è irrilevante poichŽ nel caso di specie non si verte in ipotesi di delitto tentato, bens’ di delitto consumato.
4.19.Il nono motivo è infondato.
4.20.La applicazione delle circostanze attenuanti generiche non è un diritto il cui mancato riconoscimento il giudice di merito deve giustificare poichŽ, non
diversamente da quelle ÒtipizzateÓ, la loro attitudine ad attenuare la pena si deve fondare su fatti concreti. Il loro diniego, pertanto, pu˜ essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la modifica dell’art. 62 bis, disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente non è più sufficiente lo stato di incensuratezza dellÕimputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610; Sez. 1, n. 3529 del 22/09/2013, COGNOME, Rv. 195339). Non è nemmeno necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244; Sez. 2, n. 2285 del 11/10/2004, Alba, Rv. 230691; Sez. 1, n. 12496 del 21/09/1999, COGNOME, Rv. 214570). Si tratta di un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimitˆ, purchŽ non sia contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dellÕesclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME Rv. 271269).
4.21.Nel caso di specie, la Corte di appello ha negato la applicazione delle circostanze attenuanti generiche osservando che la dedotta ÒcollaborazioneÓ del ricorrente si era limitata al (pur legittimo) esercizio del diritto di difesa (lÕessersi sottoposto a interrogatorio e aver prodotto la documentazione in proprio possesso) senza per˜ tradursi in un contributo conoscitivo dei fatti oggetto di indagini e che, per converso, il suo ruolo era stato tuttÕaltro che trascurabile considerato che era il primo finanziatore dellÕintera operazione.
4.22.Il ricorrente se ne duole (lo ha fatto anche in sede di odierna discussione) contestando i fatti posti dalla Corte di appello a fondamento della decisione assunta e il giudizio formulato sul proprio ruolo. In tal modo, per˜, la Corte di cassazione viene sollecitata ad una diversa, quanto inammissibile, (ri)valutazione, nel merito, del comportamento processuale dellÕimputato e del suo ruolo nella intera vicenda.
5.Il ricorso di NOME COGNOME.
5.1.Il primo motivo è infondato.
5.2.Il ricorrente cita Sez. 5, n. 46193 del 26/10/2004, COGNOME, Rv. 230457 01 che ha affermato il principio di diritto secondo il quale, in tema di prova documentale, pu˜ essere acquisito ex art. 234 cod. proc. pen. anche il verbale di un atto processuale quando questo sia stato formato al di fuori del procedimento
nel quale poi si intenda acquisirlo ed afferisca al fatto oggetto di conoscenza giudiziale. Ne consegue che possono ritenersi documenti acquisibili il verbale di una deposizione testimoniale, il processo verbale di constatazione della polizia giudiziaria, la sentenza non irrevocabile, l’ordinanza di custodia cautelare, le ordinanze di convalida dell’arresto o del fermo; pur con l’avvertenza che da tali atti non pu˜ trarsi la prova dei fatti in essi descritti ma possono ricavarsi elementi di giudizio – solo relativi ai fatti documentali in essi rappresentati – che il giudice, in base al suo libero convincimento, pu˜ utilizzare anche in senso favorevole all’imputato e comunque nell’ottica del perseguimento del fine primario del processo penale e cioè l’accertamento della veritˆ.
5.3.Il ricorrente neglige, per˜, lÕarresto di Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231677 – 01, secondo il quale le sentenze pronunciate in procedimenti penali diversi e non ancora divenute irrevocabili, legittimamente acquisite al fascicolo del dibattimento nel contraddittorio fra le parti, possono essere utilizzate come prova limitatamente alla esistenza della decisione e alle vicende processuali in esse rappresentate, ma non ai fini della valutazione delle prove e della ricostruzione dei fatti oggetto di accertamento in quei procedimenti (principio più recentemente ribadito da Sez. 3, n. 39076 del 03/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 283765 02, proprio in tema di valenza probatoria dellÕordinanza di custodia cautelare).
5.4.SicchŽ, a prescindere da ogni altra considerazione sui limiti della rinnovazione dibattimentale in appello in caso di giudizio abbreviato non condizionato (su cui pure si sofferma il PG nella sua memoria, criticando lÕimmotivata decisione della Corte di appello di non acquisire lÕordinanza), sbaglia comunque lÕAmato a qualificare lÕordinanza di custodia cautelare come ÒprovaÓ, non costituendo essa prova dei fatti che vi sono rappresentati con conseguente inapplicabilitˆ dellÕart. 603, comma 2, cod. proc. pen. e ci˜ a prescindere dalle corrette e condivisibili considerazioni del PG sulla effettiva duplice finalitˆ dellÕintero meccanismo fraudolento (evasione dellÕIVA, ma anche delle accise) desumibile dalla sentenza Sez. 2, n. 10341 del 28/01/2025, NOMECOGNOME non mass., pronunciata da questa Corte di cassazione nei confronti degli altri imputati (ci˜ che rende non decisivo il vizio dedotto).
5.5.Il secondo motivo è infondato per le medesime ragioni indicate in sede di esame del primo motivo del ricorso di COGNOME NOME NOME negligendo il ricorrente che il prodotto petrolifero uscito dal deposito di Garolla non era mai giunto a quello della Italpetroli cui era solo formalmente destinato.
5.6.Anche il terzo motivo è infondato alla luce delle considerazioni svolte al ¤ 4.9. Diversamente da quanto sostiene il ricorrente, la sottrazione delle accise allÕaccertamento e al pagamento è stata resa possibile in base ad un meccanismo fraudolento che egli aveva contribuito a realizzare cos’ che il fatto contestato è
causalmente collegato anche alle sue condotte poste in essere nella piena consapevolezza dello scopo perseguito. Del resto, per integrare il reato di sottrazione al pagamento dell’accisa sui carburanti, previsto dall’art. 40, comma 1, lett. b), del d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, è sufficiente che la sottrazione si attui Çcon qualsiasi mezzoÈ, non essendo nemmeno necessario che la condotta sia realizzata mediante particolari artifizi, accorgimenti o macchinazioni (Sez. 3, n. 39090 del 19/07/2017, COGNOME Rv. 271783 – 01).
Peraltro, diversamente da quanto si sostiene nel ricorso, il reato di cui allÕart. 40, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 504 del 1995, ha natura permanente che perdura fino al pagamento dell’accisa ovvero fino a quando l’agente, per atto volontario o per un provvedimento ablatorio da parte dell’autoritˆ giudiziaria, non ha più la disponibilitˆ del bene (Sez. 3, n. 41139 del 25/06/2019, Guerra, Rv. 277981 – 01; si veda, altres’, Sez. 3, n. 31404 del 14/06/2006, Cusenza, Rv. 235749 – 01, secondo cui, in relazione allÕaffine reato di sottrazione di prodotti al pagamento dell’accisa previsto dall’art. 43 D.Lgs. 26 ottobre 1995 n. 504, devono considerarsi soggetti obbligati al pagamento: a) nel caso di regime sospensivo – che consente la fabbricazione, la detenzione e la circolazione dei prodotti in condizione di esenzione fino al momento in cui l’accisa diventa esigibile e, cioè, fino al momento della immissione in consumo del prodotto nel territorio dello Stato; immissione che comprende anche lo svincolo dal regime sospensivo o la fabbricazione o la importazione avvenuta al di fuori di un regime sospensivo – gli esercenti di depositi fiscali autorizzati dai quali avviene l’immissione in consumo, oppure gli operatori professionali, registrati o non registrati, che ricevono prodotti in regime sospensivo o, infine, i rappresentanti fiscali designati da depositari autorizzati di altro Stato comunitario che esportino nel territorio nazionale; b) nel caso di circolazione del prodotto al di fuori del regime sospensivo, invece, i soggetti che procedono alla fabbricazione o all’importazione del prodotto).
5.7.Premesso che ai fini della integrazione del delitto di cui allÕart. 40 d.lgs. n. 504 del 1995 non è richiesto il dolo specifico, la Corte di appello ha indicato in modo specifico i fatti e le prove dai quali ha desunto il dolo del ricorrente (¤¤ 2.132.20) e che rendono tuttÕaltro che manifestamente illogico il ragionamento accusatorio del quale lÕAmato sollecita una diversa lettura, inammissibile in questa sede per le ragioni ampiamente illustrate al ¤ 3 che precede.
5.8.Il quarto motivo ed il motivo aggiunto sollecitano una diversa lettura delle prove ma negligono i contenuti dei messaggi e della corrispondenza intercorsa con lÕAmato (in particolare della corrispondenza intercorsa con lÕAl’ di cui al ¤ 2.16 che precede) dei quali non pu˜ essere fornita una diversa interpretazione in questa sede.
5.9.Secondo lÕinsegnamento della Corte di cassazione, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazioni telefoniche
costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non pu˜ essere sindacato in sede di legittimitˆ se non nei limiti della manifesta illogicitˆ ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 5, n. 35680 del 10/06/2005, Rv. 232576; Sez. 6, n. 15396 del 11/12/2007, Rv. 239636; Sez. 6, n. 17619 del 08/01/2008, Rv. 239724; Sez. 6, n. 11794 del 11/12/2013, Rv. 254439; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Rv. 258164). é possibile prospettare, in questa sede, una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformitˆ risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013, Rv. 259516; Sez. 6, n. 11189 del 08/03/2012, Rv. 252190; Sez. 2, n. 38915 del 17/10/2007, Rv. 237994). Tale orientamento interpretativo è stato autorevolmente ribadito da Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715, che ha affermato il principio di diritto secondo il quale in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimitˆ (principio ripreso e confermato da Sez. 3, n. 35593 del 17/06/2016, COGNOME, Rv. 267650, e, successivamente, da Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, DÕAndrea, Rv. 268389).
5.10.Nel caso di specie si tratta di conversazioni intercorse via mail e via chat, alcune delle quali nemmeno oggetto di doglianza (si tratta, in particolare, delle conversazioni intercorse il 20 febbraio 2019; supra ¤ 2.16) e non tengono conto della reazione dei ricorrenti alla verifica fiscale effettuata nel giugno 2019 nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Cos’ deciso in Roma, il 04/06/2025.
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME