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Estrazione dati informatici: non è atto irripetibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 75/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso, cogliendo l’occasione per ribadire un principio fondamentale in tema di prove digitali. La Corte ha stabilito che l’estrazione dati informatici da un dispositivo non costituisce un accertamento tecnico irripetibile. Di conseguenza, la mancata adozione di specifiche modalità di acquisizione non rende la prova automaticamente inutilizzabile, a meno che non si dimostri un’effettiva alterazione dei dati originali.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Estrazione Dati Informatici: Quando è Prova Valida nel Processo Penale?

Nell’era digitale, le prove informatiche sono diventate centrali in molti procedimenti penali. La corretta acquisizione di questi elementi è cruciale per garantirne la validità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto fondamentale: l’estrazione dati informatici da un dispositivo non è un atto irripetibile. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche per la difesa e l’accusa.

I Fatti del Caso

Il caso nasce dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. La difesa ha presentato quattro motivi di ricorso alla Corte di Cassazione, contestando diversi aspetti della decisione di secondo grado. I motivi includevano il presunto travisamento della prova riguardo l’aggravante dell’uso dell’arma, la manifesta infondatezza dell’aumento di pena per una precedente condanna, vizi procedurali legati alla mancata rinnovazione del dibattimento e, infine, l’inutilizzabilità delle prove digitali.

La Questione Centrale: L’Acquisizione delle Prove Digitali

Il punto più significativo del ricorso riguardava il quarto motivo. La difesa sosteneva che i dati estratti da un supporto informatico fossero inutilizzabili perché acquisiti senza le garanzie previste per gli accertamenti tecnici irripetibili. In sostanza, si contestava che le operazioni di copia dei dati avrebbero dovuto seguire un protocollo specifico per assicurare il contraddittorio tra le parti, data la natura potenzialmente alterabile del dato digitale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. I giudici hanno respinto tutti i motivi sollevati dalla difesa, confermando la decisione della Corte d’Appello. Per quanto riguarda le censure procedurali e di merito, la Corte le ha ritenute inammissibili o manifestamente infondate, in parte perché sollevate per la prima volta in Cassazione e in parte perché le motivazioni della corte territoriale erano state ritenute logiche e complete.

Le Motivazioni: Analisi sull’Estrazione Dati Informatici

La parte più interessante dell’ordinanza risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha respinto il quarto motivo. I giudici hanno ribadito un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità. L’estrazione dati informatici da un hard disk, uno smartphone o un altro dispositivo non è un ‘accertamento tecnico irripetibile’. Si tratta, infatti, di un’operazione puramente meccanica che si limita a ‘fotografare’ il contenuto del dispositivo in un dato momento, riversandolo su un altro supporto. Non è un’attività valutativa o critica, ma di mera duplicazione.

La Corte ha precisato che la Legge n. 48 del 2008 ha introdotto l’obbligo di adottare modalità tecniche idonee a garantire la conformità della copia ai dati originali. Tuttavia, la violazione di questo obbligo non comporta l’automatica inutilizzabilità della prova. L’eventuale mancata adozione di queste cautele (come la creazione di una ‘copia-clone’ o ‘bit-stream image’) non rende di per sé il dato inutilizzabile. Piuttosto, apre la strada alla difesa per contestare, in concreto, la corrispondenza tra i dati acquisiti e quelli originali. Spetterà quindi al giudice valutare l’eventuale sussistenza di alterazioni, ma la prova rimane, in linea di principio, ammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un principio di grande rilevanza pratica. Le difese non possono limitarsi a contestare in modo astratto le modalità di acquisizione delle prove digitali per chiederne l’inutilizzabilità. È necessario, invece, fornire elementi concreti che dimostrino o facciano sorgere un serio dubbio sull’alterazione dei dati. Per gli inquirenti, sebbene l’adozione di protocolli forensi certificati resti la prassi migliore per evitare contestazioni, la loro eventuale omissione non compromette irrimediabilmente l’esito del processo. La prova digitale, quindi, si conferma un elemento robusto, la cui ammissibilità dipende più dalla sua integrità sostanziale che dal rigido rispetto di formalità procedurali.

L’estrazione di dati da un computer è considerata un accertamento tecnico irripetibile?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito, secondo un orientamento costante, che l’estrazione di dati archiviati in un supporto informatico non costituisce un accertamento tecnico irripetibile, ma un’operazione di natura meccanica.

Cosa succede se non vengono seguite le modalità tecniche previste dalla legge per garantire la conformità dei dati digitali acquisiti?
La prova non diventa automaticamente inutilizzabile. La mancata adozione di tali modalità non comporta l’inutilizzabilità dei risultati probatori, ma apre alla necessità per il giudice di valutare, in concreto, la sussistenza di eventuali alterazioni dei dati originali e la loro corrispondenza con quelli estratti.

È possibile presentare un motivo di ricorso in Cassazione per la prima volta se non è stato sollevato in appello?
No, un motivo di ricorso non proposto nel giudizio di appello è inammissibile in Cassazione, a meno che non si tratti di una questione che il giudice può rilevare d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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