Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3758 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3758 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Città di Castello (Pg) il 23/11/1975
avverso la sentenza del 25/05/2024 della Corte di appello di Perugia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito l’Avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME che concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con il provvedimento in epigrafe, la Corte di appello di Perugia accogli la richiesta di estradizione avanzata il 23 febbraio 2023 dal Procuratore Gene presso la medesima Corte nei confronti di NOME COGNOME destinatario d ordine di cattura internazionale emesso dal Tribunale di Puke in Albania il 2 ot 2022 ai fini della celebrazione del giudizio per i reati di truffa, false dichi profanazione di tombe, intralcio alla giustizia, danneggiamento ed incendio.
r-
NOME COGNOME per il tramite del difensore di fiducia, ha proposto ricorso con cui ha dedotto:
-vizio di motivazione e violazione di legge, in relazione all’art. 3 cod. pen. e art. 2 della Convenzione Europea di estradizione, per avere la Corte distrettuale concesso l’estradizione in violazione del principio della doppia incriminazione.
COGNOME era stato assolto perché il fatto non costituisce reato quanto al delitto di simulazione di reato; il reato di attraversamento illegale della frontiera costituisce illecito amministrativo nell’ordinamento italiano; il reato di truffa non era perseguibile per difetto di querela e, in ogni caso, era estinto ai sensi dell’art. 162 ter cod. proc. pen. per avere il COGNOME risarcito interamente il danno alla società di noleggio; la condotta contestata al COGNOME non era, comunque, inquadrabile nel delitto di truffa per difetto di artifici e di raggiri, essendo al più rilevante s solo piano civilistico; quanto al reato di profanazione di tombe, il COGNOME deteneva ossa umane, ma detta condotta non presupponeva necessariamente la profanazione di una tomba; il reato di incendio non sussisteva per difetto dei presupposti fattuali della vastità, rapida propagazione e difficoltà di spegnimento delle fiamme, essendosi al più al cospetto di un mero danneggiamento non costituente reato per difetto di condotta violenta ex art. 635 cod. pen.
vizio di motivazione e violazione di legge in relazione all’art. 705, comma 2, lett. a) cod. proc. pen., per avere la Corte di appello disposto l’estradizione nonostante l’ordinamento albanese prevedesse per il reato di truffa aggravata una sanzione irragionevole e sproporzionata, là dove nell’ordinamento italiano la pena prevista oscilla da un minimo edittale di mesi sei di reclusione ad un massimo edittale di anni tre di reclusione, mentre nell’ordinamento albanese la pena base è pari ad anni cinque di reclusione;
vizio di motivazione e violazione di legge, in relazione all’art. 3 Cedu, art. 117 Cost. e artt. 704 e 705 cod. proc. pen., per avere la Corte di appello disposto la estradizione del COGNOME nonostante l’allegazione di documentazione da cui emergeva il rischio elevato di un trattamento carcerario disumano e degradante.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
Il primo motivo è infondato.
2.1. E’ corretta la premessa dalla quale muove il ricorrente, ossia che in tema d’estradizione per l’estero è necessario accertare la “doppia incriminabilità”.
Nondimeno per soddisfare detto requisito non si richiede che lo schema astratto della norma incriminatrice dell’ordinamento straniero trovi il suo esatto corrispondente in una norma dell’ordinamento italiano: è sufficiente che la concreta fattispecie sia punibile come reato da entrambi gli ordinamenti, a nulla rilevando l’eventuale diversità, oltre che del trattamento sanzionatorio, anche del titolo e di tutti gli elementi richiesti per la configurazione del reato ( ex multis, Sez. 6, n. 11598 del 13/3/2007, COGNOME, Rv. 235947; Sez. 6, n. 24771 del 18/6/2007, Porta, non mass. sul punto; Sez. 6, n. 4538 del 01/02/2012, Cozma, Rv. 251790; Sez. 6, n. 19406 del 17/05/2012, COGNOME, Rv. 252723; Sez. 6, n. 22249 del 03/05/2017, Bernard, Rv. 269918; Sez. 6, n. 27483 del 29/05/2017, COGNOME, Rv. 270405).
Analogamente è affermazione pacifica quella secondo cui non rileva la perseguibilità a querela, secondo l’ordinamento italiano (Sez. 6, n. 14040 del 7/4/2006, COGNOME, Rv. 233545, in tema di appropriazione indebita; Sez. 6, n. 46727, del 12/12/2007, COGNOME, Rv. 238095, in tema di lesioni colpose gravi; Sez. 6, n. 45525 del 20/12/2010, COGNOME, Rv. 248969; Sez. 6, n. 27483 del 29/05/2017, COGNOME, non mass.), la particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis cod. pen. o, mutatis mutandis, la sopravvenuta estinzione del reato per condotta riparativa, dovendosi aver riguardo unicamente alla qualificazione del fatto come reato in entrambi gli ordinamenti.
2.2. Ora, nel caso di specie, la Corte di appello – non discostandosi dall’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità – correttamente non ha ravvisato la doppia incriminabilità quanto alla contestazione del reato di attraversamento illecito delle frontiere ( cfr pag. 3 del gravato provvedimento), ritenendo – invece – sussistente detto requisito quanto alle ulteriori contestazioni.
Ed invero, con riferimento alla ipotesi del reato rubricato dalla autorità giudiziaria dello Stato emittente come “truffa”, di cui è stata contestata la punibilità nell’ordinamento italiano per difetto nella condotta del Pecorelli degli “artifici e raggiri”, si osserva come tale fattispecie, per come concretamente descritta, si riferisce alla condotta di chi avendo la disponibilità di una res aliena compia sulla stessa atti incompatibili con il titolo per cui si possiede: secondo la contestazione, infatti, il COGNOME incendiava l’autovettura, non di sua proprietà ma di cui aveva disponibilità sulla base di un titolo contrattuale.
Una simile condotta- come anche succintamente evidenziato dai Giudici di appello- è corrispondente a quella prevista dall’art. 646 cod. pen. che persegue la condotta di chi non ottempera all’obbligo di restituzione di un bene altrui -di cui abbia la disponibilità sulla base di un titolo- esercitando sullo stesso facoltà e poteri dominicali, sì da realizzare una vera e propria interversio possessionis.
Identiche conclusioni vanno fatte quanto al reato di profanazione delle tombe contestato nello Stato richiedente che – stando alla descrizione fattuale della condotta ascritta al COGNOME– rinviene il suo corrispondente nel delitto di vilipendio di cadavere ex art. 410 cod.pen.
La disponibilità in capo al COGNOME di ossa umane e il deposito di esse all’interno di un’auto – che poi veniva bruciata per simulare l’avvenuto decesso del predetto COGNOME in modo da potere sfuggire alle proprie responsabilità di debitore- integra indubbiamente tutti gli elementi strutturali del reato di vilipendio di cadavere: detto reato è integrato da qualunque manipolazione dei resti umani, e quindi anche delle ossa, che risulti obiettivamente idonea ad offendere il sentimento di pietà verso i defunti, e che nel contempo sia vietata da disposizioni regolamentari (Sez. 3 n 17050 del 21/02/2003 Rv.224787; sez.3, n 16569 del 11/01/2007 Rv.236489).
Anche l’avere appiccato il fuoco all’auto presa a noleggio è condotta che – per l’ordinamento italiano – è riconducibile al delitto di danneggiamento seguito da incendio, non essendo a tal fine necessario che ricorrano tutti gli indici fattuali enucleati dalla giurisprudenza in ordine alla fattispecie dell’incendio quale le dimensioni, la vastità e potenziale diffusività delle fiamme (così ex plurimis, Sez. 6 del 01/10/ 2003, Buda, RV. 227818).
Tanto basta per ritenere sussistente il requisito della doppia incriminazione essendo ultronea ogni altra questione, per carenza di interesse, quanto alla avvenuta assoluzione del COGNOME in ordine al delitto di simulazione di reato.
3. Manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso.
3.1. Ai fini della concedibilità dell’estradizione per l’estero «non assume rilievo l’eventuale difformità del trattamento sanzionatorio previsto nello Stato richiedente, potendo l’aspetto sanzionatorio rientrare tra le condizioni ostative all’estradizione solo nell’ipotesi in cui il trattamento sia del tutto irragionevole e manifestamente in contrasto con il principio di proporzionalità della pena» (Sez. 6, n. 7183 del 02/02/2011, Ghita, Rv. 249225).
Detta situazione non emerge dall’esame degli atti dal momento che il COGNOME in ordine a tutte le elevate contestazioni è stato condannato- nel corso del giudizio di primo grado conclusosi nelle more del presente procedimento – alla pena complessiva di quattro anni di reclusione.
Ad ogni buon conto, le eventuali riserve in ordine alla severità e rigidità del sistema punitivo dello Stato richiedente potranno rilevare nelle valutazioni di ordine politico spettanti al Ministro della giustizia, in sede di decisione sulla richiesta di estradizione ai sensi dell’art. 708 cod. proc. pen. (ex multis, Sez. 6, n. 5747 del 09/01/2014, Homm, Rv258802; Sez. 6 n 156507/2018)
Manifestamente infondato e generico risulta il motivo in ordine all’esclusa possibilità che il ricorrente subisca trattamenti inumani e degradanti ex artt. 3 Cedu e 705, comma 1 e 2, cod. proc. pen. nelle strutture deputate alla detenzione in Albania.
Si deve ricordare che, in tema di estradizione per l’estero, ai fini dell’accertamento della condizione ostativa prevista dall’art. 698, comma 1, cod. proc. pen., incombe sull’estradando l’onere di allegare elementi oggettivi, precisi, attendibili e aggiornati in merito alle condizioni di detenzione vigenti nello Stato richiedente, idonei a fondare il timore che la sua estradizione preluda a un trattamento incompatibile con i diritti fondamentali della persona (Sez. 6, n. 11492 del 14/02/2019, LIA, Rv. 275166).
Orbene, quanto al caso specifico, il recente rapporto sull’Albania del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa (CPT) del 24 maggio 2018 offre un quadro sostanzialmente positivo delle condizioni delle carceri albanesi manifestando riserve solo con riferimento ai detenuti con problemi psichiatrici, questione che qui certamente non si pone (si veda, in termini, Sez. 6, n. 35892 del 2019; Sez. 6, n. 1241 del 2020).
Nel rapporto del 17 settembre 2019 del CPT non sono state segnalate situazioni di degrado, comportanti rischi di violazione di diritti fondamentali, come evidenziato dalla giurisprudenza più recente di legittimità in cui si dà atto, sulla base di aggiornati rapporti ufficiali, di un quadro sostanzialmente positivo (si rinvia sul punto ex plurimis Sez. 6 n. 54004 del 19/01/2022, non mass.; Sez.6, n.19393 del 26/6/2020, Skarra; Sez. 6, n. 9203 del 3/3/2020, Xhiva; Sez. 6, n. 14428 del 14/1/2020, Carni; Sez. 6, n. 12213 del 4/12/2019, dep. 2020, Ademi).
Dette fonti internazionali, dunque, contraddicono l’assunto circa il rischio di subire un trattamento disumano in ragione del sovraffollamento delle carceri albanesi e rendono, dunque, ingiustificata la richiesta di informazioni suppletive alle Autorità dello Stato richiedente sulla specifica indicazione dell’istituto penitenziario di futura destinazione dell’estradando.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente – ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. – al pagamento delle spese processuali.
Alla Cancelleria vanno demandati gli adempimenti ex art. 203 disp. att. cod.proc.pen.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
GLYPH
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp att. cod. proc. pen.
Roma, il 16/12/2024