Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26804 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26804 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME nato in Messico il 14/12/1989
avverso la sentenza del 25/02/2024 emessa dalla Corte di appello di Roma visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato
inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza, la Corte di appello di Roma dichiarava sussistenti le condizioni per disporre l’estradizione del ricorrente verso gli Stat uniti, in relazione al reato di traffico di stupefacenti ivi contestato.
Nell’interesse del ricorrente sono stati formulati quattro motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. II, della I. 26 maggio 1984, n. 225 (di ratifica del Trattato di estradizione Italia-USA), in base al quale l’estradizione può aver luogo esclusivamente se il reato contestato sia sanzionato con la pena detentiva per un periodo superiore ad un anno o più severa.
Nel caso di specie, il reato di traffico di stupefacenti è punito, nel minimo, con la reclusione di un anno, e la pena massima dell’ergastolo, sicchè la pena minima non risultando “superiore a un anno” non consentirebbe l’estradizione.
2.2. Con il secondo motivo si censura la violazione degli artt. 698, comma 1, e 705, comma 2, lett.a) cod. proc. pen. in quanto difetterebbe la giurisdizione dello Stato richiedente. Si afferma che il reato contestato al ricorrente sarebbe stato interamente commesso in Messico da un cittadino straniero, il che priverebbe l’autorità giudiziaria statunitense del potere di perseguire il suddetto fatto di reato
2.3. Con il terzo motivo, deduce violazione dell’art.10 del Trattato estradizionale, nonché dell’art. 705 cod. proc. pen. e vizio di motivazione, essendo stata omessa la verifica della gravità indiziaria, posto che il trattato in question non deroga al principio generale dettato dall’art. 705 cod. proc. pen.
2.4. Con il quarto motivo, deduce il rischio di sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti consistenti, in particolare, nella sottoposizione all’isolamento prolungato e al sovraffollamento carcerario. A tal riguardo, il ricorrente richiama plurimi report, tratti da fonti giornalistiche e comunque di libero accesso, attestanti le condizioni di detenzione degli stranieri negli Stati Uniti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il primo motivo è volto a far valere la violazione dell’art. II del Trattat estradizionale, in base al quale la consegna è consentita esclusivamente per un reato «punibile secondo le leggi di entrambe le Parti contraenti con una pena restrittiva della libertà per un periodo superiore ad un anno o con una pena più severa».
Sostiene il ricorrente che, nel caso di specie, la pena minima prevista per il traffico di stupefacente sarebbe pari ad un anno e, quindi, inferiore rispetto al richiamato limite normativo.
La tesi è infondata posto che, come riconosciuto dallo stesso ricorrente, la pena di un anno di reclusione rappresenta il minimo previsto per la fattispecie contestata che, nel massimo, è punita con l’ergastolo.
L’individuazione di una soglia edittale al di sotto della quale non si dà seguito
all’estradizione è finalizzata ad evitare la consegna in presenza di fatti ritenuti d marginale gravità, ragion per cui deve ritenersi che il limite di pena cui far riferimento non è certamente quello relativo alla pena minima irrogabile, bensì è rappresentato dalla pena massima che, nel caso di specie, è quella dell’ergastolo.
In tal senso depone una sia pur risalente pronuncia di questa Corte /secondo cui il requisito di pena detentiva non inferiore ad un anno richiesto dal trattato di estradizione 13 ottobre 1983 tra Italia e ati uniti d’America, ratificato con legge 26 maggio 1984 n. 225, ai fini dell’estradabilità verso l’uno o l’altro , tato, deve intendersi riferito alla pena edittale massima contemplata nelle legislazioni di entrambi i gesi per l’ipotesi criminosa oggetto della richiesta di estradizione (Sez.1, n. 2922 del 17/11/1989, COGNOME, Rv. 182890).
È opportuno evidenziare come analogo principio è stato recentemente affermato in relazione alla affine disciplina del mandato di arresto europeo, essendosi precisato che / ai fini della valutazione della completezza delle informazioni contenute nel m.a.e. processuale relativamente all’indicazione della pena stabilita dalla legge dello Stato di emissione (art. 6, comma 1, lett. f), della legge 22 aprile 2005, n. 69), deve aversi riguardo non alla pena minima, bensì solo all’indicazione della pena detentiva edittale massima, l’unica rilevante ai fini della decisione sulla consegna, sia nella decisione quadro 2002/584/GAI del 13 giugno 2002, che nella su citata legge di attuazione nell’ordinamento italiano (Sez.6, n. 30006 del 26/10/2020, COGNOME, Rv. 279782-02; conf. Sez.6, n. 45364 dell’1/12/2011, COGNOME, Rv. 251187).
Il secondo motivo, relativo alla presunta carenza di giurisdizione dell’autorità richiedente, è manifestamente infondato.
Il ricorrente dà per acquisito il fatto che la condotta di traffico di stupefacent si sia interamente consumata in Messico, sicchè difetterebbe la giurisdizione degli Stati Uniti, con la conseguenzza che, in applicazione dell’art.III del Trattato, non sussisterebbero le condizioni legittimanti la consegna, posto che tale norma richiede che «Quando un reato è stato commesso al di fuori del territorio della Parte richiedente, la Parte richiesta ha il potere di concedere l’estradizione se le sue leggi prevedono la punibilità di tale reato o se la persona richiesta è un cittadino della Parte richiedente».
Nel caso di specie il reato sarebbe stato commesso all’estero da soggetto che non è cittadino della parte richiedente.
Il motivo non si confronta con la motivazione resa sul punto dalla Corte di appello che, nel descrivere la condotta, ha evidenziato come il reato contestato al ricorrente sarebbe stato commesso in concorso con NOME NOMECOGNOME il quale si
trovava negli Stati Uniti e da quel Paese prendeva accordi con il ricorrente per l’importazione della droga.
Ne consegue che la condotta – stante la natura concorsuale del reato – deve ritenersi commessa almeno in parte nello Stato richiedente, il che consente di superare il dedotto difetto di giurisdizione.
Il terzo motivo di ricorso, con il quale si censura l’omessa ricorrenza della gravità indiziaria, è manifestamente infondato.
L’art. X del Trattato prevede espressamente che, nel caso di richieste di estradizione riguardanti persone che non siano state ancora riconosciute colpevoli, la parte richiedente deve inviare «una relazione sommaria dei fatti, delle prove pertinenti e delle conclusioni raggiunte, che fornisca una base ragionevole per ritenere che la persona richiesta abbia commesso il reato per il quale viene domandata l’estradizione» (comma 3, lett.b).
Si tratta di una previsione che, nella sostanza, ricalca quella generale prevista dall’art. 705 cod. proc. pen., che presuppone la verifica della gravità indiziaria. A ben vedere, al di là della diversa terminologia impiegata, il concetto di “base ragionevole” di colpevolezza è equivalente alla nozione di gravità indiziaria.
Fatta tale precisazione, deve rilevarsi la genericità del motivo di ricorso /che non si confronta in alcun modo con l’adeguata valutazione della gravità indiziaria compiuta dalla Corte di appello, lì dove ha ricostruito gli accordi intervenuti tra il ricorrente e NOME NOME, verificando che gli stessi fossero finalizzati all’importazione di stupefacente, essendo stati evidenziati anche elementi oggetti di riscontro a quanto appreso dalle conversazioni intercettate (si veda pg.3-6 sentenza impugnata).
Si tratta di una ricostruzione in fatto ampiamente idonea a sostenere la gravità indiziaria, senza che il ricorrente abbia in concreto indicato in quale parte la motivazione risulterebbe viziata.
5. Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Occorre premettere che non è contestato che, nell’ambito dei rapporti estradizionali disciplinati dal Trattato in questione, l’autorità giudiziaria italiana tenuta a verificare che, in caso di consegna, l’estradando non subirà lesioni dei propri diritti fondamentali, né sarà sottoposto a trattamenti inumani o degradanti, posto che in tal senso depone chiaramente il contenuto degli artt. 698, comma 1, e 705, comma 2, lett.c), cod. proc. pen. applicabile al caso di specie stante l’assenza di una diversa disciplina convenzionale.
Nel merito, il prospettato rischio di sottoposizione a trattamenti inumani o
degradanti è affermato in maniera del tutto generica, sulla base di fonti che riferiscono di criticità nel sistema carcerario, senza, tuttavia, consentire d
affermare che vi sia uno strutturale deficit
di rispetto delle garanzie minime nei confronti dei detenuti.
Peraltro, gran parte delle fonti citate dal ricorrente attengono essenzialmente al diverso problema del trattamento degli immigrati clandestini, mentre nel caso
di specie il ricorrente è stato richiesto in consegna in quanto ritenuto responsabile di un reato e, quindi, 09EXiximirEdestinato all’inserimento nell’ordinario
sistema carcerario statunitense.
6. Le considerazioni che precedono conducono al rigetto del ricorso, cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 16 giugno 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente