Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21331 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21331 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato il 22/04/1972 in Perù
Avverso la sentenza del 30/01/2025 della Corte di appello di Firenze visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il difensore, Avv. NOME COGNOME in sost. dell’Avv. NOME COGNOME che ha chiesto
il rinvio della trattazione e comunque l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 30 gennaio 2025 la Corte di appello di Firenze ha dichiarato la sussistenza delle condizioni per l’estradizione di NOME COGNOME NOME COGNOME nato in Perù il 22/4/1972, richiesta dal Governo della Repubblica del Perù in esecuzione del provvedimento di cattura emesso dalla Corte Superiore di
Giustizia di Lima in data 25 agosto 2023 per il reato di rapina aggravata, risalente al 29 aprile 2006.
Ha proposto ricorso NOME COGNOME Sergio COGNOME tramite il suo difensore.
2.1. Con il primo motivo deduce la mancata valutazione della presentazione
in Perù di istanza di revoca dell’ordine di estradizione.
Segnala che il ricorrente è stato sottoposto a processo penale in Perù per un reato risalente al 2006, a fronte del fatto che egli dimora da tempo in Italia dove dispone di abitazione e di attività lavorativa, ed ha chiesto di poter essere considerato imputato libero, assistito dai suoi difensori, partecipando al processo mediante collegamento internet, previa revoca dell’ordine di estradizione.
La Corte, tuttavia, non aveva tenuto conto di ciò, omettendo di valutare l’inserimento del ricorrente nel territorio italiano.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge in relazione al trattato di estradizione del 24 novembre 1994, entrato in vigore per effetto della legge n. 135 del 2004.
In base al Trattato non è possibile disporre l’estradizione se il reato è estinto per prescrizione al momento della presentazione della richiesta di estradizione, condizione rilevabile nel caso di specie a fronte di reato risalente al 2006.
Dopo un primo rinvio, disposto in attesa che l’A.G. del Perù si pronunciasse sulla istanza di revoca del provvedimento restrittivo alla base della richiesta di estradizione, all’odierna udienza il difensore ha formulato ulteriore istanza, prospettando che di seguito l’A.G. del Perù si sarebbe pronunciata sulla richiesta.
Il Collegio ha tuttavia respinto l’istanza, ritenendo che non sussistessero i presupposti per un’ulteriore attesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è manifestamente infondato, in quanto ai fini dell’estradizione non assume rilievo dirimente la circostanza del radicamento in Italia, essendo inoltre inconferente l’avvenuta presentazione di istanza di revoca dell’ordine di estradizione, ove le Autorità della Repubblica del Perù non vi diano corso, dandone tempestiva comunicazione, fermo restando che non sono rimesse all’Autorità giudiziaria ma solo al Ministero della Giustizia eventuali valutazioni discrezionali (sul punto Sez. 6, n. 8823 del 08/01/2020, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 278616 – 01).
3. Il secondo motivo è manifestamente infondato, in quanto risulta dalla sentenza impugnata che la richiesta di estradizione è stata presentata in relazione
al reato di rapina aggravata, in quanto la condotta fu compiuta da persone riunite, tra le quali il ricorrente.
Essendo dunque applicabile la fattispecie di cui all’art. 628, comma terzo, cod.
pen. che prevede una pena di anni venti, deve escludersi che alla data odierna sia maturata la prescrizione in base all’ordinamento italiano.
4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa
sottesi alla causa dell’inammissibilità, a quello della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 09/092025