Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 33858 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 33858 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato in Moldavia il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/04/2025 della Corte di appello di Venezia udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità e in subordine il rigetto del ricorso;
udito l’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia di NOME COGNOME, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso .
RITENUTO IN FATTO
1.Con il provvedimento in epigrafe indicato, la Corte di appello di Venezia ha dichiarato la sussistenza delle condizioni per l’accoglimento della richiesta di estradizione formulata dalla Repubblica di Moldavia nei confronti di NOME COGNOME per l’esecuzione della sentenza emessa il 19 maggio 2004 dal Tribunale di Balti, modificata con sentenza emessa il 1° giugno 2009 dalla Corte Suprema di Giustizia di condanna alla pena di anni venti di reclusione in relazione ai reati di omicidio e
di rapina , con pena residua da scontare di anni tre mesi due e giorni quindici di reclusione .
Avverso il provvedimento NOME COGNOME, per il tramite del difensore di fiducia, ha proposto ricorso deducendo:
con il primo motivo, violazione di legge in relazione agli artt. 698 e 705 cod. proc. pen., per avere la Corte di appello disposto la consegna dell’estradand o, nonostante l’Autorità Giudiziaria moldava già avesse riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni subiti dal NOME per avere scontato un periodo di detenzione nelle strutture penitenziare moldave pari a 5.392 giorni in una situazione disumana e degradante e nonostante le relazioni sullo stato dei penitenziari moldavi non fosse all’attualità rassicurante emergendo la violazione dei parametri stabiliti dalla Cedu;
con il secondo motivo, violazione di legge in relazione agli artt. 2,3 e 6 della Cedu, agli artt. 4,9, 51 e 52 della Carta di Nizza, degli art. 33 della Carta di Ginevra, degli artt. 3,24 e 27 della Cost. e degli art. 698 e 705 cod. proc. pen. per avere la Corte di appello disposto la consegna del NOME, nonostante il consegnando avesse chiesto ed ottenuto con provvedimento del 29 aprile 2025 della Commissione territoriale di Verona la protezione internazionale in considerazione del rischio grave e concreto di violazione dei diritti umani.
Alla odierna udienza – che si è svolta a trattazione orale – il Pg e il difensore hanno concluso come in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va rigettato.
La Corte di appello, a seguito di richiesta di informazioni complementari all’autorità giudiziaria moldava, ha escluso la situazione prevista dall’art. 705, comma 2, lett. c) del cod. proc. pen. ostativa alla pronuncia di estradizione per assenza di pericolo concreto circa la sottoposizione del consegnando a trattamenti inumani e/o degradanti (pagg. 3 e ss della sentenza). La valutazione dei Giudici di merito poggia sulla relazione rilasciata dalla autorità richiedente nella quale è illustrata in modo dettagliato la attuale situazione carceraria moldava con specifico riferimento agli istituti penitenziari di Chisinau n INDIRIZZO e di Leova n INDIRIZZO in cui sarà recluso il NOME una volta disposta la consegna. La Corte distrettuale ha, infatti, rilevato come le informazioni, ufficialmente fornite dalle competenti autorità moldave, rechino una descrizione particolareggiata della logistica degli istituti
penitenziari che ospiteranno il NOME, con specifico riferimento agli spazi garantiti, al numero di detenuti ospitati per cella, ai servizi igienici forniti , alla illuminazione naturale ed artificiale et similia , nonché una compiuta elencazione dei servizi garantiti agli internati, tra cui la tutela sanitaria, l’ assistenza psicologica, sociale ed educativa, l’ assistenza e tutela legale senza limitazioni , i colloqui con i parenti.
La non ravvisabilità nel caso sub iudice di una situazione che si traduca nella violazione e/o grave limitazione dei diritti umani da parte della Corte di appello è il portato di una complessiva valutazione che si fonda su atti ufficiali tra cui una relazione, peraltro trasfusa per la parte di interesse nel corpo motivazionale della sentenza, contenente informazioni aggiornate, specifiche e puntuali, riferite al caso concreto , rilasciata dall’autorità giudiziaria moldava su richiesta dello Stato italiano. Una tale valutazione è dunque esente dalla dedotta violazione di legge (Sez. 6, n. 8529 del 13/01/2017, COGNOME, Rv. 269201-01; Sez. 6, n. 10905 del 06/03/2013, COGNOME NOME, Rv. 254768 – 01).
Violazione di legge, peraltro, solo assertivamente ipotizzata dalla difesa sulla base di una dedotta non affidabilità delle fonti valutate dalla Corte di appello senza allegare elementi oggettivi e concreti da cui possa anche solo trasparire una realtà diversa da quella rappresentata in modo da sollevare quanto meno un serio dubbio sul la ‘veridicità’ delle informazioni. Informazioni che – è bene ricordare- non solo sono contenute in un provvedimento ufficiale e redatto da quella stessa autorità che non ha esitato a riconoscere in capo al COGNOME il diritto al risarcimento del danno per il pregresso trattamento carcerario disumano e degradante.
In ordine poi alla seconda doglianza, va in limine rilevato che la questione sia a monte superata dal fatto che, diversamente da quanto dedotto con il ricorso, la istanza volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale (avanzata nelle more del procedimento di estradizione) è stata respinta dalla competente Commissione territoriale con provvedimento del 29 aprile 2025, prodotto in atti dalla stessa difesa (cfr atto allegato al ricorso).
3.1. Comunque e ad ogni buon conto, la decisione della Corte di appello di non sospendere il procedimento di estradizione, in attesa della valutazione sulla domanda di protezione internazionale, e quindi di concedere l’estradizione una volta esclusa la sussistenza delle condizioni ostative di cui all’art. 705 cod. proc. pen. è incensurabile non ravvisandosi alcuna violazione di legge.
L’art. 7, comma 1, D.Lgs. del 28 gennaio 2008 n. 25 – nel prevedere che il richiedente lo status di rifugiato è autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato fino alla decisione della Commissione territoriale – non neutralizza, invero, il potere/dovere del AVV_NOTAIO della Giustizia di deliberare, tempestivamente e comunque, sulla domanda di estradizione sulla base dell’art. 708 cod. proc. pen.,
senza che possa profilarsi alcuna violazione del principio del non refoulement . Occorre, infatti, chiarire che il procedimento di estradizione è scansionato in due fasi -i.e. una giurisdizionale e una amministrativa -: nell’ambito della fase giurisdizionale , l’AG. competente procede alla verifica che l’estradizione non comporti la violazione dei diritti umani, in virtù di quanto previsto dagli artt. 698 e 705 cod. proc. pen.; nell ‘ambito della fase amministrativa, l’autorità competente verifica la eventuale sussistenza di cause che possano giustificare l’esercizio del potere facoltativo di rifiuto dell’estradizione per motivi riguardanti gli “interessi essenziali” dello Stato (art. 697 cod. proc. pen.). In breve, una volta disposta l’estradizione, l’Amministrazione in sede di consegna valuta, nell’ambito dei propri poteri ex art. 708 cod. proc. pen., l’esito della domanda di protezione internazionale. Come chiarito anche dalla giurisprudenza amministrativa deve essere rimarcata la natura di atto di “alta amministrazione” del decreto di estradizione passiva: il AVV_NOTAIO valuta, in base a considerazioni di ampio respiro inerenti ai rapporti internazionali, l’ an dell’estradizione. Ciò perché « nella fase giurisdizionale campeggia l’interesse dell’estradando alla tutela dei propri diritti fondamentali (di qui, appunto, la natura giurisdizionale della fase), nella successiva fase amministrativa, che si apre solo a seguito della sentenza definitiva favorevole all’estradizione, viene in rilievo l’interesse dello Stato alla cura dei rapporti diplomatici ed internazionali con gli altri Stati: tale interesse è affidato alla valutazione del AVV_NOTAIO della giustizia, la cui decisione, frutto di ampia discrezionalità, è sindacabile in giudizio solo per macroscopica e grossolana illogicità o palese travisamento dei fatti, impingendo altrimenti il Giudice amministrativo in scelte istituzionalmente rimesse in via esclusiva all’autorità di governo»(CdS sent. n. 5019/2021).
3.2. Peraltro, già questa stessa Sezione (così Sez. 6, n. 29910 del 12/06/2019 Touji, Rv. 276465) ha sancito il principio secondo cui tra il procedimento di estradizione e quello di protezione internazionale non vi è alcuna pregiudizialità, di guisa che il primo non deve essere sospeso nelle more dell’esame della richiesta di protezione internazionale, in attesa dell’esito, e la estradizione non può essere rifiuta per la sola pendenza di tale procedimento. E ciò perché, vale ribadire, il necessario scrutinio dell’Autorità giurisdizionale – dapprima della Corte d’appello e, quindi, eventualmente, anche della Corte di cassazione, per di più competente in via eccezionale “anche per il merito” (art. 706 cod. proc. pen.) – circa il rispetto dei diritti fondamentali dell’estradando determina l’indifferenza del procedimento di estradizione rispetto all’eventuale procedimento di protezione internazionale parallelamente attivato dall’interessato.
Nemmeno- come pure precisato nella indicata sentenza dalla Corte di cassazione- « può essere invocata una sorta di anticipazione del principio di cui
all’art. 33 della Convenzione di Ginevra a colui che non sia titolare del diritto alla protezione internazionale e per il solo fatto che la sua domanda non sia ancora definitivamente decisa. L’eventuale successivo riconoscimento della protezione internazionale potrà essere valutato nell’ambito dei poteri discrezionali demandati all’organo ministeriale nella fase esecutiva ex art. 708 cod. proc. pen….».
3.3. Ed ancora a identiche conclusioni conduce anche la direttiva 2013/32/UE. Ed invero, essa prevede all’art. 9 che: a) “i richiedenti sono autorizzati a rimanere nello Stato membro, ai fini esclusivi della procedura, fintantoché l’autorità accertante non abbia preso una decisione” (paragrafo 1); b) “gli Stati membri possono derogare a questa disposizione solo se l’interessato presenta una domanda reiterata ai sensi dell’articolo 41, o se essi intendono consegnare o estradare, ove opportuno, una persona in altro Stato membro in virtù degli obblighi previsti da un mandato di arresto europeo o altro, o in un paese terzo, o presso un giudice o un tribunale penale internazionale” (paragrafo 2); c) “gli Stati membri possono estradare un richiedente in un paese terzo ai sensi del paragrafo 2 soltanto se le autorità competenti hanno accertato che la decisione di estradizione non comporterà il “refoulement” diretto o indiretto, in violazione degli obblighi internazionali e dell’Unione di detto Stato membro” (paragrafo 3).
E’ allora evidente che , stando al paragrafo 1, l’autorizzazione ex lege a rimanere nel territorio dello Stato vale “ai fini esclusivi della procedura”, impregiudicate dunque le esigenze connesse a distinte e concorrenti “procedure”; – il paragrafo 2 cita espressamente, quale deroga che gli Stati possono prevedere, la consegna ad uno Stato “terzo”, ossia non membro dell’Unione; – il paragrafo 3 subordina la possibilità di estradare un richiedente la protezione all’accertamento che la decisione di estradizione stessa non ne violi i diritti fondamentali stabiliti in via convenzionale ed unionale, e cioè proprio ciò che accerta la fase giurisdizionale del procedimento di estradizione.
3.4. Che poi la pendenza del procedimento di protezione internazionale non si rifletta sulla procedura di estradizione è conclusione che si trae anche dall’art. 708, commi 1 e 2, cod. proc. pen. Detta norma, nello stabilire un termine perentorio di quarantacinque giorni per l’emanazione del decreto di estradizione a seguito di una sentenza favorevole all’estradizione, decorso il quale l’interessato deve essere posto in libertà, non prevede alcuna eccezione. Ciò significa che la pendenza del procedimento di protezione internazionale non ha alcun rilievo, posto che, altrimenti, la mera formulazione della relativa istanza sarebbe sufficiente a paralizzare l’estradizione e a rimettere in libertà l’estradando. Lo stesso comma 5 della disposizione individua un termine di quindici giorni, decorrente dall’emanazione del decreto di estradizione, per l’esecuzione materiale
dell’estradizione stessa, con una sola espressa eccezione e cioè la sospensione in via cautelare del decreto ministeriale.
Conseguentemente, deve ritenersi che la procedura estradizionale resta insensibile ad ogni ulteriore valutazione attinente al procedimento di concessione della protezione internazionale.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, il 17/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME