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Estradizione e pena di morte: no senza trattato

La Corte di Cassazione ha annullato una decisione della Corte di Appello che concedeva l’estradizione di un cittadino pakistano per omicidio. Il motivo principale risiede nel divieto assoluto di estradizione per reati punibili con la pena di morte nello Stato richiedente, come previsto dalla legge italiana, specialmente in assenza di un trattato specifico. La Corte ha ritenuto che le assicurazioni diplomatiche o le ordinanze interne del Pakistan non fossero sufficienti a superare questa fondamentale barriera legale e costituzionale.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Estradizione e Pena di Morte: La Cassazione Stabilisce un Limite Assoluto in Assenza di Trattati

Con la sentenza n. 21107 del 2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un tema cruciale in materia di cooperazione giudiziaria internazionale: la concessione dell’estradizione verso un Paese dove per il reato contestato è prevista la pena di morte. La decisione ribadisce un principio fondamentale dell’ordinamento italiano, ovvero il divieto assoluto di consegnare una persona a uno Stato estero se rischia la pena capitale, soprattutto quando manca una normativa pattizia a regolare i rapporti tra i due Paesi.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Estradizione

Il caso ha origine dalla richiesta di estradizione avanzata dal Governo della Repubblica Islamica del Pakistan nei confronti di un proprio cittadino, accusato di un omicidio commesso nel dicembre 2020. La Corte di appello di Milano, in prima istanza, aveva dichiarato sussistenti le condizioni per accogliere la domanda, aprendo la strada alla consegna dell’uomo alle autorità pakistane.

La Decisione della Corte di Appello e i Motivi del Ricorso

Contro la decisione della Corte territoriale, la difesa dell’estradando ha proposto ricorso per cassazione, basandosi su diversi motivi. Tra i principali, la violazione del principio del ne bis in idem (poiché un tribunale danese aveva già negato una precedente richiesta di estradizione per gli stessi fatti) e, soprattutto, la violazione delle norme del codice di procedura penale che regolano l’estradizione in relazione alla pena di morte.

La difesa ha sostenuto che, in assenza di un trattato bilaterale tra Italia e Pakistan, il fatto che l’omicidio fosse punibile con la pena capitale secondo il codice penale pakistano rappresentava un ostacolo insormontabile. Le rassicurazioni fornite dal Pakistan, basate su un’ordinanza presidenziale che avrebbe escluso l’applicazione della pena di morte nel caso specifico, sono state ritenute inidonee a garantire la tutela della vita dell’estradando.

L’Analisi della Cassazione sul Divieto di Estradizione

La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso, accogliendo quello relativo al divieto di estradizione per reati punibili con la pena capitale. L’analisi dei giudici si è concentrata su due punti chiave.

Il Principio del “Ne Bis in Idem”

La Corte ha rapidamente liquidato il primo motivo, chiarendo che il principio del ne bis in idem internazionale opera solo in presenza di una sentenza straniera definitiva sul merito della responsabilità penale. La decisione del tribunale danese, che aveva negato l’estradizione basandosi sul rischio di trattamenti inumani, non era una pronuncia sulla colpevolezza o innocenza dell’imputato e, quindi, non impediva all’Italia di valutare autonomamente la nuova richiesta.

La Questione Cruciale: Estradizione e Pena di Morte

Il cuore della sentenza risiede nell’analisi dell’articolo 698, comma 2, del codice di procedura penale. Questa norma vieta l’estradizione verso uno Stato estero quando il fatto è punito con la morte, a meno che non vi sia un trattato che preveda garanzie diverse. Poiché tra Italia e Pakistan non esiste un accordo di questo tipo, si applica il regime codicistico, che pone un divieto assoluto.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha affermato che la previsione della pena di morte nell’ordinamento pakistano per il reato di omicidio costituisce una “condizione ostativa” che non può essere superata da “assicurazioni” fornite dallo Stato richiedente. I giudici hanno spiegato che l’ordinanza presidenziale pakistana, citata a sostegno della richiesta, non modifica la legge penale sostanziale, ma rappresenta solo una garanzia procedurale. Tali assicurazioni sono state ritenute costituzionalmente incompatibili con l’articolo 27 della Costituzione italiana, che vieta la pena di morte in modo assoluto. Affidare la vita di una persona a valutazioni discrezionali sull’affidabilità di garanzie estere, senza il solido fondamento di un trattato, è contrario ai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano. La Corte ha sottolineato che il bene della vita è essenziale e deve essere tutelato in modo incondizionato.

Le Conclusioni

In conclusione, la sussistenza della pena capitale nell’ordinamento pakistano per il reato contestato è stata ritenuta un ostacolo insormontabile alla concessione dell’estradizione. Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza della Corte di appello, dichiarando non sussistenti le condizioni per l’estradizione. Ha inoltre ordinato la revoca della misura cautelare e l’immediata liberazione dell’uomo, segnando un punto fermo nella protezione dei diritti fondamentali nelle procedure di cooperazione internazionale.

È possibile concedere l’estradizione verso un Paese dove è prevista la pena di morte se l’Italia non ha un trattato specifico con quello Stato?
No. La sentenza chiarisce che, in assenza di un trattato, l’art. 698, comma 2, del codice di procedura penale stabilisce un divieto assoluto di estradizione se il reato è punibile con la pena di morte secondo le leggi dello Stato richiedente.

Le “assicurazioni” fornite dallo Stato richiedente, come un’ordinanza che escluderebbe la pena capitale per il caso specifico, sono sufficienti a superare il divieto?
No. La Corte Suprema ha stabilito che tali assicurazioni non possono derogare al divieto assoluto. Affidarsi a queste garanzie discrezionali è stato ritenuto in contrasto con l’art. 27 della Costituzione italiana, che sancisce un divieto assoluto della pena di morte.

Il principio del “ne bis in idem” (non essere processati due volte per lo stesso fatto) si applica se un’altra nazione ha già rifiutato l’estradizione per la stessa persona e lo stesso reato?
No, in questo caso non si applica. Il principio del “ne bis in idem” internazionale opera solo se esiste una decisione giurisdizionale estera definitiva sul merito della responsabilità penale. Una decisione che nega l’estradizione per motivi procedurali o di tutela dei diritti umani non è una sentenza sul merito e, pertanto, non impedisce una nuova procedura di estradizione in un altro Stato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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