Estradizione e Misure Cautelari: Quando il Ricorso è Inammissibile
La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 17926/2025, offre un importante chiarimento sui confini tra il procedimento di estradizione e quello relativo alle misure cautelari applicate alla persona richiesta in consegna. La Suprema Corte ha stabilito che le contestazioni relative ai presupposti stessi dell’estradizione non possono essere sollevate in sede di appello contro la misura cautelare, ma devono essere discusse nel procedimento principale. Analizziamo insieme la vicenda e le sue implicazioni.
I Fatti del Caso
Un uomo, destinatario di una richiesta di consegna da parte dell’Uruguay, era stato posto agli arresti domiciliari in Italia. La Corte di Appello di Brescia, pur rigettando la richiesta di revoca totale della misura, aveva sostituito gli arresti domiciliari “ristretti” con quelli “non ristretti”.
Insoddisfatto della decisione, il difensore dell’uomo proponeva ricorso per cassazione, basandolo su tre motivi principali, tutti volti a dimostrare l’illegittimità della misura cautelare in quanto, a suo dire, l’estradizione stessa non avrebbe potuto essere concessa.
I Motivi del Ricorso
La difesa ha articolato il proprio ricorso su tre argomenti distinti:
1. Mancanza di motivazione: Il primo motivo lamentava che la Corte d’Appello avesse motivato la sua decisione facendo riferimento a un precedente provvedimento favorevole all’estradizione, le cui motivazioni non erano però ancora state depositate e rese note.
2. Violazione del Trattato di Estradizione: Il secondo motivo sosteneva che il reato contestato non rispettasse il limite minimo di pena previsto dal Trattato bilaterale Italia-Uruguay del 2017. Secondo la difesa, il trattato richiede una pena minima di almeno due anni, mentre il reato in questione era punito nel minimo con dodici mesi. Questa circostanza avrebbe reso impossibile concedere l’estradizione.
3. Estinzione del Reato: Infine, il terzo motivo argomentava che il reato, se ricondotto alla fattispecie italiana di appropriazione indebita, sarebbe ormai estinto per prescrizione. Di conseguenza, secondo il trattato, l’estradizione sarebbe vietata.
In sostanza, la linea difensiva mirava a scardinare la misura cautelare dimostrando che il suo presupposto fondamentale, ovvero la possibilità di una futura estradizione, era insussistente.
La Decisione della Cassazione sull’Estradizione
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno ritenuto che i motivi proposti fossero generici e, soprattutto, non pertinenti al procedimento in esame.
Le Motivazioni
La Corte ha spiegato in modo chiaro e netto la ragione della sua decisione. Il procedimento che riguarda l’applicazione o la modifica di una misura cautelare a fini estradizionali è distinto e autonomo rispetto a quello che decide nel merito la concessione dell’estradizione.
I motivi sollevati dal ricorrente, in particolare il secondo e il terzo, non riguardavano la legittimità della misura cautelare in sé (ad esempio, l’esistenza di un pericolo di fuga), ma mettevano in discussione la stessa concedibilità dell’estradizione. Secondo la Cassazione, queste sono questioni di merito che devono essere affrontate e decise esclusivamente all’interno del procedimento giurisdizionale di estradizione, che si era già concluso con una decisione favorevole.
Tentare di riaprire la discussione sui presupposti dell’estradizione in sede di appello sulla misura cautelare è stato considerato un errore procedurale. La Corte ha definito tali motivi “generici” proprio perché non si confrontavano con la logica del provvedimento impugnato (che verteva sulla misura cautelare), ma tentavano di introdurre elementi di un dibattito già concluso in un’altra sede. Anche il primo motivo, sulla mancanza di motivazione, è stato liquidato come palesemente generico.
Le Conclusioni
La sentenza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale internazionale: ogni questione deve essere discussa nel suo corretto contesto processuale. Le obiezioni relative agli ostacoli all’estradizione (come la soglia di pena o la prescrizione del reato) sono il cuore del giudizio sulla domanda di consegna e non possono essere utilizzate come grimaldello per scardinare le misure cautelari in una sede diversa. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di una strategia difensiva proceduralmente corretta, che concentri le argomentazioni nel foro competente per evitare una declaratoria di inammissibilità.
È possibile contestare i presupposti per l’estradizione in un ricorso contro una misura cautelare?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che le questioni che ostacolano l’estradizione (come la soglia di pena o la prescrizione) devono essere valutate e decise nella sede propria del procedimento di estradizione, non in quella relativa alla misura cautelare applicata.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano considerati generici e non pertinenti. Essi sollevavano questioni di merito sulla concedibilità dell’estradizione, che avrebbero dovuto essere discusse nel procedimento principale e non in quello incidentale sulla misura cautelare.
Quali erano gli ostacoli all’estradizione sollevati dal ricorrente?
Il ricorrente sosteneva principalmente due ostacoli: primo, che il reato contestato non raggiungeva la soglia minima di pena di due anni richiesta dal Trattato di estradizione Italia-Uruguay; secondo, che il reato, secondo il diritto italiano, era già estinto per prescrizione.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 17926 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 17926 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Brescia il 15/10/1963 avverso la ordinanza del 24/01/2025 della Corte di appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio; udito il difensore, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Brescia ha sostituito gli arresti domiciliari ristretti, ai sensi dell’art. 284, comma 2, cod. proc. pen., c quelli non ristretti all’estradando NOME COGNOME rigettando l’istanza di revoca dell misura.
Avverso la ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME deducendo i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo, mancanza della motivazione, non essendo sufficiente il richiamo alla decisione del 23 gennaio 2025 favorevole alla estradizione, la cui motivazione non era ancora stata depositata.
2.2. Con il secondo motivo, violazione dell’art. 2.1. del Trattato di estradizione Italia-Uruguay del 2017.
Il titolo di reato di cui si discute non consente l’estradizione passiva in base al citato Trattato che impone un limite edittale riguardante il minimo e non il massimo, essendo quello contestato punito nel minimo in dodici mesi, essendo il limite stabilito dal Trattato fissato in almeno due anni.
Cosicché l’impossibilità di concedere l’estradizione del ricorrente incide sulle condizioni applicative della misura cautelare disposta a fini estradizionali, ostandovi ad essa ai sensi dell’art. 714, comma 3, cod. proc. pen.
2.3. Con il terzo motivo, estinzione del reato oggetto della domanda di estradizione in base al diritto italiano e conseguente divieto di estradizione in base al Trattato del 2017. La fattispecie oggetto di contestazione non è assimilabile alla bancarotta fraudolenta per mancanza dell’elemento costitutivo della dichiarazione di fallimento e, pertanto, l’unica fattispecie alla quale essa è riconducibile l’appropriazione indebita, estinta per prescrizione, in base al diritto italiano considerando la commissione del fatto nel 2016, operando la previsione di cui all’art. 3 lett. h) del Trattato di estradizione del 2017.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è palesemente generico rispetto al rinvio alle precedenti decisioni sulle ragioni della reiezione delle analoghe istanze.
3.11 secondo e terzo motivo sono generici rispetto alla intervenuta decisione favorevole all’estradizione, sede propria di valutazione degli addotti elementi ostativi.
4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima eq
determinare in euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de
Ammende.
Così deciso il 10/04/2025.