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Estradizione e Diritti Umani: il ricorso generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino straniero contro la sua estradizione in Marocco, dove è stato condannato per omicidio preterintenzionale. L’uomo sosteneva il rischio di subire trattamenti inumani a causa del sovraffollamento delle carceri marocchine. La Corte ha stabilito che la doglianza era generica, poiché non supportata da prove specifiche, recenti e individualizzate di un rischio concreto, confermando l’importanza di un equilibrio tra estradizione e diritti umani.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Estradizione e Diritti Umani: Quando la Genericità Rende il Ricorso Inammissibile

La recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto internazionale: il bilanciamento tra la cooperazione giudiziaria tra Stati e la tutela dei diritti fondamentali dell’individuo. Il caso riguarda la delicata materia dell’estradizione e diritti umani, chiarendo quali requisiti debba avere un ricorso per evitare una declaratoria di inammissibilità quando si lamenta il rischio di trattamenti inumani e degradanti.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine dalla decisione della Corte di Appello di Torino, che aveva dato il via libera all’estradizione di un cittadino marocchino verso il suo Paese d’origine. L’uomo era stato condannato in Marocco alla pena di dieci anni di reclusione per il reato di omicidio preterintenzionale. La difesa dell’estradando, tuttavia, si è opposta alla consegna, presentando ricorso alla Corte di Cassazione.

Il Ricorso in Cassazione e la questione dell’estradizione e diritti umani

Il difensore ha basato il ricorso su un unico motivo, sostenendo la violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), che vieta la tortura e i trattamenti inumani o degradanti. Secondo la difesa, la situazione generale delle carceri marocchine, caratterizzata da un grave sovraffollamento, avrebbe esposto il suo assistito a un concreto pericolo di subire tali trattamenti una volta consegnato.

La tesi difensiva poggiava sull’idea che la Corte di Appello avrebbe dovuto, di fronte a tale rischio generalizzato, richiedere allo Stato marocchino informazioni specifiche e individualizzate sulle condizioni di detenzione che sarebbero state riservate all’estradando, adempimento che era stato invece omesso.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione si fonda sulla valutazione di genericità delle censure mosse dal difensore.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha ritenuto le argomentazioni della Corte di Appello pertinenti e congrue. I giudici di merito avevano correttamente escluso il rischio, basando la loro decisione su tre punti fondamentali:

1. Assenza di profili di politicità: Il reato per cui l’uomo era stato condannato (omicidio preterintenzionale) è un delitto comune, privo di qualsiasi connotazione politica.
2. Non appartenenza a categorie a rischio: L’estradando non risultava far parte di gruppi specifici che, secondo fonti internazionali, sono politicamente a rischio in Marocco, come gli indipendentisti Saharawi, gli islamisti radicali o gli autonomisti berberi Amazigh.
3. Mancanza di prove concrete e attuali: Il ricorrente non ha fornito notizie circostanziate e recenti, provenienti da fonti qualificate come le organizzazioni non governative, che attestassero l’esistenza di situazioni particolarmente critiche nelle carceri marocchine. La Corte ha sottolineato che un’affermazione generica sul sovraffollamento carcerario, non supportata da dati specifici e attuali che dimostrino un rischio concreto e individualizzato, non è sufficiente per attivare l’obbligo del giudice di richiedere ulteriori garanzie allo Stato richiedente.

In sostanza, la Cassazione ha ribadito che il pericolo di trattamenti inumani non può essere presunto sulla base di una situazione generale, ma deve essere provato con elementi specifici che riguardino la persona dell’estradando o un contesto detentivo particolarmente critico e documentato.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre un importante chiarimento sui principi che governano l’estradizione e i diritti umani. Per bloccare una procedura di consegna, non basta invocare genericamente le cattive condizioni delle carceri dello Stato richiedente. È necessario che il ricorrente fornisca elementi concreti, specifici e attuali che dimostrino un rischio reale e personale di subire trattamenti contrari all’art. 3 della CEDU. In assenza di tali prove, il ricorso viene considerato generico e, pertanto, inammissibile. La pronuncia rafforza il principio secondo cui la cooperazione internazionale in materia penale prevale, a meno che non sia dimostrata una violazione probabile e individualizzata dei diritti fondamentali.

Quando può essere negata l’estradizione per rischio di trattamenti inumani?
L’estradizione può essere negata quando esistono prove concrete, specifiche e attuali che la persona richiesta, una volta consegnata, correrebbe un rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti, in violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

È sufficiente denunciare una situazione generale di sovraffollamento carcerario per bloccare un’estradizione?
No, secondo la sentenza, la semplice denuncia di una situazione generale di sovraffollamento carcerario nello Stato richiedente non è sufficiente. Il ricorso deve essere supportato da notizie circostanziate e recenti che dimostrino un rischio concreto e individualizzato per la persona da estradare.

Cosa ha deciso la Corte di Cassazione in questo caso specifico?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le censure erano formulate in maniera generica. Non sono stati forniti elementi specifici che dimostrassero un rischio concreto per il ricorrente, il quale non apparteneva a categorie politicamente a rischio e il cui reato non aveva natura politica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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