Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26195 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26195 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nata nella Repubblica Dominicana il 20/10/1987
avverso la sentenza del 07/05/2025 della Corte di appello di Milano
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Milano dichiarava sussistenti le condizioni per l’estradizione di NOME COGNOME richiesta dalla Repubblica Dominicana al fine del suo perseguimento per i reati di tentato omicidio commessi il 10 aprile 2023 ed il 26 ottobre 2022 ai danni di NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME
Secondo quanto riportato dalla sentenza della Corte di appello, NOME COGNOME avrebbe dato mandato a terze persone per eseguire in territorio della Repubblica Dominica dietro pagamento di una somma di denaro l’omicidio della sorella NOME COGNOME e del cognato NOME COGNOME senza riuscire nell’intento.
Nella sentenza si dava atto anche delle plurime testimonianze rese dalle persone offese e dal coimputato che avrebbe ricevuto l’incarico di trovare dei sicari per uccidere la sorella ed il cognato dell’estradanda, per volontà e ordine della stessa e del di lei marito NOME COGNOME.
La Corte passava, poi, ad esaminare le eccezioni difensive, ritenendole infondate con specifico riferimento al pericolo di trattamenti inumani e degradanti, dopo aver ritenuto rassicuranti le informazioni richieste e trasmesse dall’Autorità dello Stato richiedente sulle condizioni delle carceri dominicane e della descrizione del trattamento penitenziario che sarebbe stato assicurato all’estradanda.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’interessata, denunciando, a mezzo del proprio difensore, i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione dell’art. 6 cod. pen. che prevede la giurisdizione italiana per il reato contestato.
Il mandato ad uccidere è stato inoltrato dall’Italia essendo la stessa residente in territorio italiano, pertanto, il reato deve ritenersi commesso almeno in parte nel territorio nazionale.
Conseguentemente l’estradizione non può essere concessa avendo lo Stato Italiano interesse a reprime ogni reato commesso nel proprio territorio.
2.2. Violazione di legge in relazione agli artt. 705, co.2, lett. a) e b) e relazione all’art. 3, comma 1, sub e) del Trattato di estradizione tra Italia e Repubblica Dominicana.
Si rappresenta che nel codice penale della Repubblica Dominica il reato di tentato omicidio è punito con la stessa pena prevista per l’omicidio consumato, e che per l’aggravante della premeditazione è prevista la pena fissa di trenta anni di lavori pubblici.
Pertanto, non essendo prevista la possibilità di graduare la pena in relazione al caso concreto ne risulta violato il principio costituzionale della proporzionalità della pena.
2.3. Violazione di legge in relazione agli artt. 698, co. 1 e 705, co.2, lett. c) cod. proc. pen. con riguardo al rischio da parte dell’estradanda di subire un trattamento inumano o degradante per le condizioni delle carceri dominicane.
Le condizioni del trattamento carcerario ed in particolare l’inadeguatezza degli spazi disponibili non sono state prese in considerazione adeguatamente, essendosi la Corte di merito limitata a prendere atto delle informazioni trasmesse dalle Autorità dello Stato richiedente, rettificando in via interpretativa le misure della cella in modo arbitrario, risultando dalla comunicazione inviata che lo spazio disponibile per ciascun detenuto nelle celle è di 99,363 metri di lunghezza e di
1,33 metri di larghezza, quindi di fatto un tunnel stretto e lungo tale da creare un senso di soffocamento.
Inoltre, deduce che non si è tenuto conto dei report prodotti dalla difesa che attestano le condizioni di sovraffollamento del carcere di Najayo che dovrebbe ospitare l’estradanda, come anche le pessime condizioni igieniche ed il mancato computo del periodo di carcere preventivo ai fini della durata della pena da scontare e ulteriori criticità per segnalazioni di abusi, violenze torture ai danni de detenuti anche per mancato rispetto dei termini di durata massima.
2.3. Violazione di legge in relazione alla delibazione dei gravi indizi di colpevolezza, essendo dubbia l’attendibilità delle testimonianze assunte dalle vittime e dal coimputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato con riferimento alla sola questione dedotta in merito all’omessa verifica del motivo di rifiuto relativo al rischio di essere sottoposto pene o maltrattamenti che in ogni modo siano considerati come violazione dei diritti fondamentali e che trova fondamento anche nella disposizione processuale di carattere generale prevista dall’art. 698 cod. proc. pen. in tema di tutela dei diritti fondamentali della persona.
Costituisce ius receptum, nella giurisprudenza di questa Corte in tema di estradizione per l’estero, che ai fini dell’accertamento della condizione ostativa prevista dall’art. 698, comma primo, cod. proc. pen., la Corte d’appello deve valutare se sussiste un generale rischio di trattamento disumano o degradante nel Paese richiedente, utilizzando, a tal fine, elementi oggettivi, attendibili, precisi e opportunamente aggiornati in merito alle condizioni di detenzione vigenti nello Stato richiedente e, verificata la sussistenza di tale rischio, deve svolgere un’indagine mirata, anche attraverso la richiesta di informazioni complementari, al fine di accertare se, nel caso concreto, l’interessato alla consegna sarà sottoposto, o meno, ad un trattamento inumano o degradante (cfr. Sez. 6, n. 28822 del 28/06/2016, COGNOME, Rv. 268109 – 01).
Nel caso in esame la Corte di appello ha dato credito e fatto affidamento sulle indicazioni fornite dall’Autorità giudiziaria della Repubblica Dominicana e trasmesse su esplicita richiesta, che appaiono però carenti perché non chiariscono le esatte caratteristiche della cella in cui sarà rinchiusa l’indagata né il numero dei detenuti per ciascuna cella.
In particolare, non si comprende se le misure di 99,363 metri di lunghezza e di 1,33 decametri di larghezza si riferiscano alle singole celle o agli spazi comuni,
essendo estremamente improbabile che ogni detenuta disponga di una singola cella con uno spazio di tale ampiezza.
Peraltro, anche l’indicazione della larghezza espressa in “decametri” non risulta corrispondente a quella effettivamente indicata nella comunicazione trasmessa dall’Ambasciata della Repubblica Dominicana in lingua spagnola, in cui si parla di “diametros”, con ulteriore incertezza del dato considerato attendibile nella sentenza impugnata.
Restano, quindi, validi i criteri in merito forniti dalla Corte di giustizia de Unione europea (sentenza 5 aprile 2016, C404/15, COGNOME e C 659/15, COGNOME), per cui l’accertamento di un rischio concreto di trattamento inumano o degradante del regime carcerario riservato alla persona richiesta in consegna, una volta puntualmente sollecitato dalle indicazioni difensive del soggetto da consegnare, va svolto attraverso la richiesta allo Stato emittente di tutte le informazioni relative alle specifiche condizioni di detenzione previste per l’interessato (in questo senso, tra le molte, Sez. 6, n. 23277 del 01/06/2016, Barbu, Rv. 267296).
Si ritiene, pertanto, necessaria una nuova richiesta di integrazione di informazioni allo Stato richiedente per specificare in concreto quale sarà il trattamento penitenziario riservato alla persona richiesta in rapporto alle condizioni di affollamento ed alle caratteristiche delle celle in cui sarà detenuta.
Di qui il vizio di motivazione della sentenza impugnata occorrendo assumere informazioni chiare ed univoche sul tipo di trattamento carcerario cui sarebbe sottoposta la ricorrente.
La stessa autorità giudiziaria dovrà poi rinviare la propria decisione sulla consegna fintantoché non ottenga – entro un termine ragionevole – informazioni complementari che le consentano di escludere la sussistenza di un siffatto rischio.
La sentenza va dunque annullata, con rinvio per nuovo esame del capo relativo al trattamento carcerario, nei termini fin qui esposti.
2. Tutti gli altri motivi dedotti sono, invece, inammissibili.
Quanto al primo motivo si deve ricordare che in tema di estradizione per l’estero, la commissione in Italia di parte del reato non esclude la concorrente giurisdizione straniera, né impedisce l’estradizione che trova la sua specifica disciplina nel trattato di estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica dominicana, sottoscritto a Roma il 13 febbraio 2019, ratificato con la legge 18 maggio 2021, n. 78.
Secondo l’art. 4 del citato Trattato solo la pendenza di un processo per gli stessi fatti può dar luogo solo ad una causa facoltativa di rifiuto di estradizione,
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che non è di competenza dell'autorità giudiziaria, ma rientra nelle attribuzioni esclusive del Ministro della Giustizia (Sez. 6, n. 53176 del 15/11/2018, COGNOME, Rv. 274582; Sez. 6, n. 9119 del 25/1/2012, COGNOME, Rv. 252040; Sez. 6, n. 24474 del 2/4/2009, COGNOME, Rv. 244359).
Deve, inoltre, rilevarsi che, in tema di estradizione processuale per l'estero, la condizione ostativa della pendenza di un procedimento penale sussiste solo se nei confronti dell'estradando, per lo stesso fatto, è stata esercitata l'azione penale ovvero è stata emessa un'ordinanza applicativa della custodia cautelare.
Circostanze queste che in relazione al caso in esame non sono emerse, né sono state specificamente allegate per i fatti oggetto della richiesta di estradizione.
Del tutto generiche sono le doglianze articolate nel secondo motivo, atteso che ai fini della concedibilità dell'estradizione per l'estero non assume rilievo l'eventuale difformità del trattamento sanzionatorio del reato previsto nell'ordinamento dello Stato richiedente, atteso che la relativa disciplina rientra nella discrezionalità dell'esercizio del potere legislativo del medesimo, a meno che il trattamento sia del tutto irragionevole e si ponga manifestamente in contrasto con il principio di proporzionalità della pena (Sez. 6, n. 16507 del 20/03/2018, Napolitano, Rv. 272911).
A tale riguardo le affermazioni difensive appaiono del tutto assertive perché desumono l'assenza di un potere del giudice di commisurazione della pena e di adeguamento della stessa al caso concreto dal richiamo solo ad alcuni articoli del codice penale della Repubblica Dominicana, senza tenere conto della collocazione sistematica di tali norme nel quadro complessivo degli istituti normativi di quello Stato (ad es. in tema di applicazione delle circostanze attenuanti), pervenendo ad asserzioni del tutto ingiustificate e manifestamente prive di fondamento.
Inoltre, neppure si specifica se le criticità segnalate sull'addotta assenza di istituti nel codice penale dello Stato richiedente per la mitigazione e l'adeguamento della pena edittale astratta al caso concreto siano state oggetto di richieste di informazioni integrative sollecitate davanti alla Corte di appello.
Tali richieste risultano essere state sollecitate unicamente con riguardo al diverso profilo delle condizioni di sovraffollamento delle carceri.
Pertanto, la genericità delle doglianze anche sotto questo profilo è tale da rendere palese l'inammissibilità del motivo.
Parimenti inammissibile deve ritenersi il quarto motivo di ricorso, ove si consideri che, in tema di estradizione per l'estero, l'Autorità giudiziaria italiana tenuta ad accertare, con una sommaria delibazione, che la documentazione allegata alla domanda sia in concreto idonea ad evocare, nella prospettiva del
sistema processuale dello Stato richiedente, l'esistenza di elementi a ca dell'estradando.
Di tali regole ha fatto corretta applicazione la Corte d'appello, che nel valu la sussistenza del requisito della gravità indiziarla ha richiamato il cont
dell'ordine di arresto adottato dal Procuratore del distretto giudiziario di San de Marcoris dal quale è possibile trarre una puntuale descrizione delle condot
delittuose addebitate all'indagata in concorso con altre persone e delle risult investigative sinora emerse riguardo alla commissione dei fatti oggetto del
petitum estradizionale ed alla partecipazione ad essi della predetta ricorrente.
5. In conclusione la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio limitatamente alle necessità di assumere informazioni "individualizzate" circa
tipo di trattamento carcerario cui sarebbe specificamente sottoposta la ricorre in caso di condanna e durante lo svolgimento del processo a suo carico ove
sottoposta a misura cautelare detentiva con specifico riferimento alla prec indicazione dello spazio disponibile per ciascun detenuto all'interno della cella
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alle condizioni carcerarie di cui al terzo motivo di ricorso con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte Appello di Milano. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. c proc. pen.
Così deciso il 16 luglio 2025
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