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Estradizione e diritti umani: il caso Cassazione

Una donna, richiesta per estradizione dalla Repubblica Dominicana per tentato omicidio, ha fatto ricorso in Cassazione lamentando, tra le altre cose, il rischio di trattamenti inumani a causa delle condizioni carcerarie. La Corte ha accolto questo motivo, ritenendo le informazioni fornite dallo Stato richiedente sulle dimensioni delle celle poco chiare e inaffidabili. Di conseguenza, la sentenza che autorizzava la consegna è stata annullata con rinvio per una nuova e più approfondita valutazione sul tema dell’estradizione e diritti umani, mentre gli altri motivi di ricorso sono stati respinti.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Estradizione e Diritti Umani: La Cassazione Annulla per Rischio Trattamenti Inumani

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26195 del 2025, ha riaffermato un principio fondamentale nel delicato equilibrio tra cooperazione internazionale e tutela dei diritti individuali. Al centro della pronuncia vi è il tema dell’estradizione e diritti umani, con la Corte che ha annullato una decisione favorevole alla consegna di una cittadina alla Repubblica Dominicana a causa di informazioni insufficienti e poco chiare sulle condizioni carcerarie del Paese richiedente. Questo caso sottolinea l’obbligo per i giudici italiani di verificare scrupolosamente l’assenza di rischi di trattamenti inumani o degradanti prima di autorizzare un’estradizione.

Il Caso: Richiesta di Estradizione e i Motivi del Ricorso

Una donna, residente in Italia, era stata oggetto di una richiesta di estradizione da parte della Repubblica Dominicana. L’accusa era gravissima: aver dato mandato, dietro pagamento, a terze persone per commettere l’omicidio della propria sorella e del cognato nel territorio dominicano, tentativo poi fallito. La Corte di Appello di Milano aveva ritenuto sussistenti le condizioni per l’estradizione.

Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione basato su quattro motivi principali:
1. Violazione della giurisdizione italiana: Poiché il mandato a uccidere era partito dall’Italia, il reato era da considerarsi commesso, almeno in parte, sul territorio nazionale.
2. Violazione del principio di proporzionalità della pena: La legge dominicana punisce il tentato omicidio con la stessa pena fissa (30 anni di lavori pubblici) prevista per l’omicidio consumato, senza possibilità di graduazione.
3. Rischio di trattamenti inumani e degradanti: Le condizioni delle carceri dominicane, e in particolare l’incertezza sulle dimensioni della cella destinata all’estradanda, esponevano la donna a un serio rischio per i suoi diritti fondamentali.
4. Carenza di gravi indizi di colpevolezza: La difesa contestava l’attendibilità delle testimonianze a carico.

La Decisione della Cassazione: il nesso tra estradizione e diritti umani

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ma limitatamente al terzo motivo, annullando la sentenza della Corte di Appello e rinviando il caso per un nuovo esame. Gli altri motivi sono stati dichiarati inammissibili.

La Carenza di Informazioni sulle Condizioni Carcerarie

Il punto cruciale della decisione riguarda proprio il rapporto tra estradizione e diritti umani. La Cassazione ha ritenuto che la Corte di Appello si fosse basata su informazioni fornite dalle autorità dominicane che erano “carenti” e “incerte”. In particolare, i dati sulle dimensioni della cella (descritta come di “99,363 metri di lunghezza e di 1,33 decametri di larghezza”) erano palesemente improbabili e contraddittori. La Corte ha sottolineato che non era chiaro se tali misure si riferissero a una cella singola o a spazi comuni, né quale fosse il numero di detenuti per cella. Tale incertezza impediva di escludere con ragionevole sicurezza il rischio di un trattamento disumano o degradante, come il sovraffollamento.

L’Inammissibilità degli Altri Motivi

La Corte ha respinto gli altri argomenti difensivi:
– Sulla giurisdizione, ha chiarito che il trattato bilaterale tra Italia e Repubblica Dominicana non esclude l’estradizione anche se una parte del reato è stata commessa in Italia.
– Sulla proporzionalità della pena, ha giudicato le doglianze troppo generiche e assertive, non supportate da un’analisi completa del sistema normativo dominicano.
– Sui gravi indizi di colpevolezza, ha ribadito che in sede di estradizione il giudice italiano deve compiere solo una delibazione sommaria, non un accertamento di responsabilità penale, e che tale valutazione era stata correttamente effettuata dalla Corte di Appello.

Le Motivazioni della Sentenza

Nelle motivazioni, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato (definito ius receptum): quando viene sollevato un rischio concreto di violazione dei diritti fondamentali, il giudice dell’estradizione ha il dovere di condurre un’indagine approfondita. Non è sufficiente prendere atto delle rassicurazioni formali dello Stato richiedente, ma è necessario acquisire “elementi oggettivi, attendibili, precisi ed opportunamente aggiornati”. Se le informazioni sono ambigue o insufficienti, il giudice deve chiedere ulteriori chiarimenti e non può concedere l’estradizione fino a quando non avrà ottenuto dati chiari e univoci che consentano di escludere il rischio. La Corte ha censurato il tentativo della Corte di Appello di “rettificare in via interpretativa” le misure della cella, definendolo un atto arbitrario.

Conclusioni: L’Obbligo di Verifica Concreta

Questa sentenza è un importante promemoria del ruolo di garanzia che l’autorità giudiziaria italiana svolge nelle procedure di estradizione. La cooperazione internazionale nella lotta al crimine non può prevalere sulla tutela dei diritti fondamentali della persona. La decisione afferma con forza che, di fronte al dubbio sul rispetto di tali diritti, il giudice deve fermarsi, indagare e decidere solo sulla base di certezze. L’annullamento con rinvio impone ora alla Corte di Appello di Milano di richiedere alla Repubblica Dominicana informazioni precise e concrete sul trattamento penitenziario che verrebbe riservato alla donna, per poter finalmente decidere se l’estradizione sia compatibile con i principi fondamentali del nostro ordinamento.

È possibile negare l’estradizione se si sospetta un trattamento inumano nel Paese richiedente?
Sì. La sentenza stabilisce che il giudice italiano deve valutare se sussiste un rischio generale di trattamento disumano o degradante nel Paese richiedente. Se, a seguito di un’indagine mirata e basata su elementi oggettivi, questo rischio non può essere escluso con certezza per il caso specifico, l’estradizione non può essere concessa.

La commissione parziale di un reato in Italia impedisce l’estradizione verso un altro Stato?
No. Secondo la Corte, la commissione di una parte del reato in Italia non esclude di per sé la giurisdizione straniera né impedisce l’estradizione, che è regolata da specifici trattati internazionali. Nel caso di specie, il trattato tra Italia e Repubblica Dominicana permette la consegna.

Cosa succede quando la Corte di Cassazione annulla una sentenza di estradizione con rinvio?
Significa che la decisione della Corte di Appello è stata cassata, ma solo per il motivo accolto (in questo caso, la verifica delle condizioni carcerarie). Il caso torna alla Corte di Appello, in diversa composizione, che dovrà effettuare un nuovo giudizio attenendosi ai principi di diritto stabiliti dalla Cassazione, ovvero richiedendo informazioni complementari e chiare prima di decidere nuovamente sulla concessione dell’estradizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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