Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 18326 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 18326 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
NOME NOMECOGNOME nata a Borgosesia 1’11/8/1956
COGNOME GaetanoCOGNOME nato a Caltanissetta il 12/01/1952
avverso la sentenza emessa il 13/12/2023 dalla Corte di appello di Caltanissetta;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, dott.ssa NOME COGNOME che chiesto che i ricorsi siano dichiarati inammissibili; lette le conclusioni dell’Avv. NOME COGNOME difensore della parte civi NOME NOMECOGNOME che ha chiesto la conferma della sentenza impugnata; lette le conclusioni dell’Avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di COGNOME LauraCOGNOME ch ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Caltanissetta, in sede di giudizio di rinvio e in riforma d sentenza assolutoria di primo grado, ha condannato COGNOME NOME e COGNOME Gaetano, rispettivamente amministratrice unica e socio della società RAGIONE_SOCIALE per il reat estorsione per avere in concorso:
-minacciato COGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME, dipendenti della società, di licenziarli, cosi costringendoli ad accettare quale retribuzione per lavoro prestato una somma inferiore rispetto a quella indicata nella busta paga e a non ricevere l’importo previsto come quattordicesima mensilità, nonché a svolgere, da una parte, la propria attività lavorativa a tempo pieno sebbene fosse stato stipulato un contratto di lavoro part time, e, dall’altra, attività straordinaria lavorativa senza ric compenso.
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 25124 del 7.3.2023, aveva annullato la precedente sentenza di condanna rinviando alla Corte di appello per un nuovo giudizio attraverso la rinnovazione dell’esame degli imputati e una nuova audizione delle persone offese.
Hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati articolando tre motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge; si assume che il trattamento “deteriore” delle condizioni economiche fosse stato convenuto “sin dall’inizio” del rapporto contrattuale, sicchè non vi sarebbe nella specie: a) una prospettazione di un male ingiusto, e, dunque, la minaccia del delitto contestato, non sussistendo prima della conclusione dell’accordo un diritto dell’aspirante lavoratore ad essere assunto a determinate condizioni, considerate l’assenza di minimi salariali e del diritto de lavoratore alla parità di trattamento; b) neppure un danno ingiusto in ragione della preesistente condizione di disoccupazione del lavoratore.
2.2. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione per avere la Corte ritenuto sussistente il reato nonostante le dichiarazioni della stessa parte civile, COGNOME che avrebbe riferito di non avere “creduto” di poter essere licenziata, così confermando l’assenza di un effettivo timore: dunque, una scelta del lavoratore dettata da ragioni di convenienza.
2.3. Con il terzo motivo si deduce vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità.
Il giudice di primo grado aveva sottolineato come gli assunti delle parti civili no potessero considerarsi riscontrate dagli ispettori del lavoro e ciò in ragione del fatto ch l’attività di questi era stata basata solo sull’audizione delle stesse parte civili.
Tale dato sarebbe stato ignorato dalla sentenza impugnata e, sotto altro profilo, che lo stesso contenuto di una captazione acquisita non sarebbe dimostrativa del reato; né, ancora, sarebbero state adeguatamente valutate le testimonianze che avevano riferito come gli orari di lavoro non fossero compatibili con le richieste delle parti civili.
E’ pervenuta una memoria nell’interesse dell’imputata COGNOME con cui si riprendono gli argomenti posti a fondamento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi, i cui motivi possono essere valutati congiuntamente, sono infondati.
2. Con il primo motivo dei ricorsi gli imputati pongono la questione di diritto relativ alla stessa configurabilità del delitto di estorsione e a tal fine richiamano alcune decisio in cui questa Corte ha avuto modo di affermare che non integra il reato di estorsione la condotta del datore di lavoro che, al momento dell’assunzione, prospetti agli aspiranti dipendenti l’alternativa tra la rinunzia a parte della retribuzione e la perd dell’opportunità di lavoro, in quanto, pur sussistendo un ingiusto profitto per il prim costituito dal conseguimento di prestazioni d’opera sottopagate, ciò non significa che l’ottenimento di un impiego rechi un danno ai lavoratori rispetto alla preesistente situazione di disoccupazione (cfr., in tal senso, Sez. 6, n. 6620 del 03/12/2021, COGNOME, Rv. 282903; Sez. 2, n. 21789 del 04/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275783).
Si tratta di un orientamento non univoco atteso che in altre decisioni si è invece ripetutamente ribadito che integra il delitto di estorsione la condotta del datore di lavo che, in presenza di una aspettativa di assunzione, costringa l’aspirante lavoratore, quale “contropartita” per essere assunto, ad accettare condizioni di lavoro contrarie alla legge o ai contratti collettivi (cfr., Sez. 2, n. 8477 del 20/02/2019, COGNOME, Rv. 275613; S 2, n. 11107 del 14/02/2017, Tessitore, Rv. 269905; Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014, COGNOME, Rv. 261553; Sez. 2, n. 50074 del 27/11/2013, Bleve, Rv. 257984; Sez. 2, n. 16656 del 20/04/2010, COGNOME, Rv. 247350; Sez. 2, n. 36642 del 21/09/2007, COGNOME, Rv. 238918).
In realtà, dal dato testuale delle imputazioni e dalla motivazione della sentenza impugnata emerge chiaramente, da una parte, che le parti civili, dopo essere state assunte, iniziarono ad eseguire prestazioni lavorative diverse da quelle dovute (un numero di ore superiore), ad essere retribuite in misura inferiore rispetto a quanto contrattualmente stabilito), nonché a non essere retribuite per il lavoro straordinario eseguito e, dall’altra, come, davanti alle loro proteste, i datori rispondevano che se non avessero accettato quelle condizioni, avrebbero dovuto dimettersi.
In tale quadro di riferimento, la Corte di appello ha precisato con una motivazione puntuale, la minaccia, diversamente dagli assunti degli imputati, non consistette nella mancata assunzione se non fossero state accettate le deteriori condizioni di lavoro, quanto, piuttosto, nel licenziamento, cioè nella possibilità di “perdere il posto di lavoro in caso di mancata accettazione delle condizioni prospettate.
Dunque, un motivo infondato, ai limiti della inammissibilità.
3. Il secondo e il terzo motivo sono inammissibili.
Ha spiegato la Corte di appello che: a) il convincimento di COGNOME e COGNOME di non potere essere licenziate, non significava affatto che le stesse non temessero che ciò
potesse verificarsi, come in effetti accadde; b) non solo non vi sono ragioni per dubitare dell’attendibilità delle persone offese, e che, piuttosto, dette dichiarazioni so
indirettamente confermate dalla registrazione del dialogo intercorso tra COGNOME e le odierne persone offese in occasione dell’incontro intercorso presso la sede del patronato.
Nulla di specifico è stato dedotto dagli imputati che, obiettivamente, non si sono confrontati con la motivazione della sentenza impugnata.
4. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna degli imputati al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 7 novembre 2024
Il Consigfiere estensore esicr nte