Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5529 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5529 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a TRENZANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/05/2023 del TRIBUNALE di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza in data 23 maggio 2023, Il Tribunale di Brescia, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza con cui NOME COGNOME ha chiesto il riconoscimento dell’avvenuta espiazione della pena in regime di affidamento in prova ai servizi sociali. Ha invece accolto l’istanza limitatamente
allo scomputo dalla pena del periodo di “effettiva” esecuzione della misura dell’affidamento in prova.
1.1. Questi i fatti a base della richiesta:
Il COGNOME è stato condanNOME dal Tribunale di Brescia con sentenza in data 29.11.2012 (irrevocabile il 19.11.2013) alla pena della reclusione di anni due e mesi sei di reclusione.
Con provvedimento del Tribunale di sorveglianza di Brescia in data 10.11.2020, veniva ammesso alla misura dell’affidamento in prova ai servizi sociali in relazione alla pena residua da espiare pari a anni 2, mesi 2 e giorni 8 di reclusione. La misura aveva inizio il 25.11.2020.
In data 7.7.2021 il Magistrato di sorveglianza di Brescia, preso atto che il COGNOME era stato segnalato in relazione al reato di falsa dichiarazione per ottenere il reddito di cittadinanza (reato punito ai sensi dell’art. 7, di. n. 4 del 2019), senza sospendere la misura, disponeva la trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza per la decisione in ordine alla revoca. Tale provvedimento veniva notificato al COGNOME a mani proprie, così come il provvedimento con il quale il Tribunale di sorveglianza fissava udienza in camera di consiglio.
A seguito di udienza camerale svoltasi in data 21.9.2021 alla presenza del difensore di fiducia, il Tribunale di sorveglianza revocava con effetto ex nunc la misura dell’affidamento in prova con ordinanza depositata il 30.9.2021. In pari data tale provvedimento veniva notificato tramite PEC al difensore di fiducia, mentre non era notificato al COGNOME.
Solo in data 3.4.2023 veniva emesso ordine di carcerazione a seguito della intervenuta revoca della misura dell’affidamento in prova. Tale ordine, su istanza dell’interessato, veniva sospeso.
1.2. Il COGNOME ha promosso incidente di esecuzione avverso l’ordine di esecuzione emesso dalla Procura della Repubblica che aveva rigettato la richiesta di riconoscimento dell’avvenuta espiazione della pena in regime di affidamento in prova ai servizi sociali, rilevando che egli non aveva avuto conoscenza della revoca e, fino al momento dell’esecuzione dell’ordine di carcerazione, aveva continuato a rispettare le prescrizioni dell’affidamento in prova, essendo sottoposto ai controlli dei carabinieri. Chiedeva pertanto che il periodo trascorso in questa anomala forma di affidamento in prova fosse computato come pena espiata, con conseguente declaratoria di avvenuta esecuzione della pena.
1.3. Il Tribunale di Brescia, disposti accertamenti, verificava che i controlli notturni dei carabinieri erano proseguiti per tutto il periodo. Si erano invece interrotti i contatti con l’UEPE.
Quindi ha ritenuto che la funzione rieducativa e di reinserimento della misura fosse venuta meno, sicché essa non poteva ritenersi eseguita. Ha pertanto accolto
la richiesta limitatamente allo scomputo dalla pena del periodo di “effettiva” esecuzione della misura dell’affidamento in prova, e cioè fino al momento della revoca.
Avverso tale provvedimento il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione deducendo un unico motivo con il quale lamenta violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione.
Il ricorrente sostiene di aver subito una illegittima restrizione della libertà personale per effetto della mancata esecuzione del provvedimento di revoca e della emissione dell’ordine di carcerazione per quasi due anni. Del tutto irrilevante sarebbe la considerazione della scarsa lesività della restrizione, che comunque vi sarebbe stata e non per ragioni a lui imputabili.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
Il COGNOME ha depositato una memoria con cui ha svolto ulteriori argomentazioni a sostegno delle censure.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato e deve essere pertanto rigettato.
La questione prospettata dal ricorrente attiene alla possibilità di considerare come espiazione della pena l’arco temporale in cui, successivamente al provvedimento del Tribunale di sorveglianza che ha revocato la misura dell’affidamento in prova ai servizi sociali, egli ha continuato ad essere sottoposto ai controlli notturni da parte dei carabinieri fino alla emissione dell’ordine di carcerazione.
È certamente da escludersi che tale situazione possa essere qualificata come esecuzione della misura alternativa dal momento che, oltre ad essere stata espressamente revocata, ne mancavano in concreto gli elementi caratterizzanti, essendo stati interrotti i rapporti tra il COGNOME e l’UEPE, successivamente al provvedimento di revoca.
Correttamente l’ordinanza impugnata ha, altresì, negato che la mera sottoposizione a controlli notturni da parte dei Carabinieri integrasse una restrizione tale da poter essere equiparata a pena detentiva effettivamente espiata. Vale in proposito richiamare la giurisprudenza di questa Corte la quale, sia pure con riguardo alla questione della possibilità di assimilare agli arresti
domiciliari l’obbligo di dimora, in ragione della imposizione del divieto di allontanamento dalla abitazione, ha evidenziato che a tal fine assume rilievo determinante il lasso temporale quotidiano in cui tale limitazione venga imposta, dovendo essere eccedente l’arco di tempo che usualmente viene trascorso nella dimora per attendere alle ordinarie necessità di vita, riposo e cura della persona, «così oltrepassandosi quella naturale soglia di sacrificio che deriva necessariamente dalla sottoposizione a misura cautelare» (Sez. 1, Sentenza n. 37302 del 09/09/2021, COGNOME, Rv. 281908 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 36231 del 08/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 271043 – 01).
A tale criterio ha correttamente fatto riferimento il Tribunale di sorveglianza, il quale ha ineccepibilmente messo in rilievo come il lasso temporale (dalle 23.00 alle 06.00) durante il quale si era protraeva la permanenza in casa del COGNOME era breve e comunque coincideva con l’usuale tempo di pernottamento.
Oltre a tali considerazioni, nella specie assume rilievo significativo la circostanza – anch’essa evidenziata dall’ordinanza impugnata – che il ricorrente era ben a conoscenza, oltre che del decreto del magistrato di sorveglianza che trasmetteva gli atti al Tribunale ai fini della decisione in ordine alla eventuale revoca della misura, anche dell’udienza fissata dal Tribunale di sorveglianza per l’esame della questione, dal momento che entrambi i provvedimenti gli erano stati notificati a mani. A quell’udienza, inoltre, ha preso parte il difensore di fiducia del ricorrente, al quale il provvedimento di revoca è stato notificato tramite EMAIL.
Tali circostanze, ed in particolare la mancanza di rilievi in ordine al rapporto fiduciario tra il COGNOME e il proprio difensore di fiducia, che pertanto consente di ritenere che lo stesso fosse ritualmente instaurato, non permettSf i rdare credito alla affermazione del ricorrente di essere all’oscuro del provvedimento di revoca, essendo piuttosto indice di effettiva conoscenza del medesimo.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
C Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 dicembre 2023.