Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 13803 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 13803 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Canale il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza del 14 settembre 2023 del Tribunale di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; letta la memoria depositata il 10 gennaio 2024 dall’AVV_NOTAIO, nell’interesse del ricorrente, con la quale si insiste nell’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è l’ordinanza, resa il 14 settembre 2023, con la quale il Tribunale di Torino, in accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico Ministero, ha applicato la più grave misura della custodia cautelare in carcere a
NOME COGNOME, già sottoposto all’obbligo di dimora e alla misura interdittiva del divieto di esercitare attività imprenditoriale e di ricoprire uffici direttivi di per giuridiche, in quanto gravemente indiziato di plurimi reati fallimentari, contestati, nei capi d’incolpazione provvisoria, in relazione ai fallimenti di due imprese individuali (RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) e di due società cooperative (RAGIONE_SOCIALE), delle quali è stato ritenuto gestore di fatto.
2. Il ricorso si compone di un unico motivo di censura a mezzo del quale si deduce, sotto il profilo del vizio di motivazione, che il Tribunale del riesame avrebbe omesso di valutare il profilo dell’attualità delle ritenute esigenze cautelari, atteso che la consumazione del reato sarebbe da collocarsi, al più, nell’ottobre RAGIONE_SOCIALE, data della dichiarazione di fallimento, e le condotte contestate, risalirebbero addirittura al 2019. E, a fronte di ciò, l’unica argomentazione offerta a sostegno dell’aggravamento sarebbe riferita al ritenuto coinvolgimento nella gestione della RAGIONE_SOCIALE e al riscontrato allontanamento dal territorio italiano; dati, in realtà, privi di forza inferenziale o, comunque, ampiamente giustificati dal ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorrente, per come si è detto, censura esclusivamente il profilo dell’adeguatezza della misura applicata e la valutazione di attualità e concretezza del pericolo di recidiva.
Ebbene, va premesso che il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdotto nell’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. da legge 16 aprile 2015, n. 47 deve fondarsi su dati concreti ed oggettivi, che rendano tale esigenza reale ed attuale, cioè effettiva, nel momento in cui si procede all’applicazione della misura cautelare. Cosicché è onere del giudice motivare sull’esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati della stessa specie di quello per il quale si procede (Sez. 3, n. 49318 del 27/10/2015, Barone, Rv. 265623).
Parallelamente, nella scelta della misura e nella valutazione della relativa adeguatezza, incombe sul giudice che emette o conferma, sia pure in sede di impugnazione, un’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere, il dovere di esplicitare specificamente le ragioni per le quali sono inadeguate le altre misure coercitive ed interdittive “anche se applicate congiuntamente” (Sez. 3, n. 842 del 17/12/2015, dep. 2016, Boscolo, Rv. 265964).
Ebbene, in applicazione di tali principi, il Tribunale, delimitato il thema decidendum, ha dato atto, in primo luogo, dell’assoluta inidoneità delle misure in
atto (evidenziando l’assenza di una stabile dimora ove radicare i controlli e l’inidoneità della misura interdittiva a prevenire la realizzazione di reati commessi prescindendo dall’assunzione formale di carica amministrative) e, con essa, l’oggettivo aggravamento delle esigenze cautelari, desunto, da un canto, dalla prosecuzione in tempi attuali di attività analoghe a quelle contestate (caratterizzate dalla gestione di fatto di società a lui non direttamente riconducibili), e, dall’altro, dal deliberato allontanamento dal territorio dello Sta italiano, senza alcuna specifica allegazione idonea a giustificarlo (se non una documentazione redatta in lingua spagnola ed attestante, asseritamente, la residenza nel territorio di quello Stato, circostanza, in sé, inidonea a giustificare l violazione delle prescrizioni imposte).
A fronte di ciò, il ricorrente non si confronta con le dettagliate argomentazioni offerte dalla Corte territoriale, ma invoca una rivalutazione del materiale indiziario valutato dai giudici di merito. Deduce, infatti, una pluralità di circostanze attinen alla valutazione del ritenuto coinvolgimento del COGNOME nella gestione della nuova società o al suo allontanamento dal territorio italiano, dimenticando, tuttavia, che il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene alla ricostruzione dei fat né all’apprezzamento che di essi ne fa il giudice di merito, ma alla sola verifica della non (manifesta) illogicità della motivazione e della sua coerenza con i dati processuali richiamati.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen., il presente provvedimento deve essere comunicato, per estratto e a cura della Cancelleria, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, per la successiva esecuzione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. esec. del codice di procedura penale.
osì deciso il 16 gennaio 2024