Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7679 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7679 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CODOGNO il 01/10/1999
avverso l’ordinanza del 07/10/2024 del TRIB. LIBERTA di Milano; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procui atore generale NOME COGNOME che ha insistito per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
l, Il Tribunale di Milano, con provvedimento del 07/10/2024, ha confermato l’ordinanza del GIP del Tribunale di Lodi del 09/09/2024 che aveva applicato al NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere in considerazione delle plurime imputazioni provvisorie allo stesso ascritte ai capi 1, 2, 3, 5, 6, 7, 10 e 11, e la misur cautelare degli arresti domiciliari in relazione alle diverse imputazioni di cui ai capi 4, 8 9 e 12.
avverso la predetta ordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME per il tramite dei proprio difensore, che articola un unico motivo di ricorso con cui deduce carenza ed illogicità della motivazione per mancata enunciazione delle ragioni a sostegno
della ritenuta sussistenza di esigenze cautelari con particolare riferimento a quelle concernenti il pericolo di inquinamento probatorio di cui alla lett. a) dell’art. 274 cod proc. pen.; rileva, infatti, che il riferimento a possibili contatti con i coindagati non appa idoneo a giustificare l’adozione della più grave delle misure personali, mancando ogni indicazione su quale sarebbe stato l’oggetto del possibile inquinamento probatorio anche alla luce della risalenza nel tempo della commissione dei fatti con la completa cristallizzazione del quadro probatorio, integrato in gran parte da dati tecnici e documentali già acquisiti oltre che dalle sommarie informazioni testimoniali delle persone offese, anch’esse già formalizzate;
2.1. con un motivo aggiunto, introdotto con memoria del 20/12/2024, il difensore ha insistito nel motivo già articolato con il ricorso principale sottolineando l’intervenut chiusura delle indagini preliminari, con conseguente impossibilità di inquinamento probatorio;
la Procura Generale ha concluso, per iscritto, per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché generico.
E’ in primo luogo utile ribadire che, in terna di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile solo laddove abbia ad oggetto la violazione di specifiche norme di legge ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando proponga censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr., in tal senso, Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628-01; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884-01; Sez. 3, n. 20575 del 08/03/2016, COGNOME, Rv. 266939-01; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252178-01).
Tanto premesso, rileva il collegio che l’ordinanza impugnata ha motivato ;n termini congrui ed esaustivi in ordine alle ravvisate esigenze cautelari (unico profilo censurato), con particolare riguardo alla ravvisata sussistenza del pericolo concreto di recidiva specifica, con cui il ricorrente non si è realmente confrontato essendosi piuttosto limitato a sostenere che il rischio, paventato dai giudici della cautela, avrebbe potuto essere adeguatamente fronteggiato con la adozione di una misura di natura extramuraria arricchita, semmai, da uno strumento di controllo a distanza.
2.1 Il ricorrente non ha infatti effettivamente preso in esame la motivazione con cui il Tribunale ha sorretto la propria decisione facendo leva sull’accertato ruolo centrale svolto dal COGNOME nelle vicende esaminate, caratterizzate dalla predisposizione di mezzi e persone in modo sostanzialmente organizzato e dalla particolare capacità a delinquere
dimostrata anche in considerazione del suo saldo inserimento in contesti criminali radicati sul territorio (cfr., pag. 21-22 dell’ordinenza).
A tal proposito, va ribadito l’orientamento di questa Corte secondo cui il pericolo di reiterazione ben può essere ravvisato indipendentemente dalla positiva ricognizione di effettive e immediate opportunità di ricadute a portata di mano dell’indagato, essendo piuttosto necessario, ma nel contempo sufficiente, formulare una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispec concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale (cfr., Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891; Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282767; Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991; Sez. 5, n. 1154 del 11/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282769; Sez. 2, n. 5054 del 24/11/2020, Barletta, dep. 2021, Rv. 280566; Sez. 1, n. 14840 del 22/01/2020, COGNOME, Rv. 279122).
Il Tribunale ha dunque correttamente applicato il principio, che qui si intende ribadire, secondo il quale in tema di misure coercitive, l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari non deve essere concettualmente confusa con l’attualità e concretezza delle condotte criminose, onde il pericolo di reiterazione di cui all’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. può essere legittimamente desunto dalle modalità delle condotte contestate, anche nel caso che esse siano risalenti nel tempo, ove persistano atteggiamenti sintomaticamente proclivi al delitto e collegamenti con l’ambiente in cui il fatto illecito contestato è maturato (Sez. 2, n. 9501 del 23/02/2016, Stamegna, Rv. 267785-01).
2.2 Altrettanto generica, inoltre, è la doglianza relativa alle pur ravvisate esigenze di salvaguardia della genuinità della prova poiché il ricorso, pur formulando una serie di considerazioni circa la risalenza dei fatti per cui si procede e la acquisizione di elementi di prova che, secondo la difesa, sarebbero ormai intangibili, non si è ancora una volta confrontato criticamente con la motivazione con cui il Tribunale ha richiamato l’episodio di depistaggio delle indagini posta in essere dal COGNOME mediante la condotta di simulazione del furto del veicolo utilizzato per la rapina del 02/01/2024 su cui il Tribunale ha radicato la sua prognosi (cfr., ivi, pag. 24).
3. E’ d’altra parte appena il caso di ribadire che anche nella materia cautelare è necessario che il ricorso per cassazione rispetti i necessari requisiti di specificità stabil dall’art. 581, lett. c), cod, proc. pen., al fine di consentire l’autonoma individuazione del questioni che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità (c in tal senso, Sez. 6, Sentenza n. 11008 del 11/02/2020, COGNOME, Rv. 278716 – 01: Sez. 3, n. 13744 del 24/02/2016, COGNOME, Rv. 266782 – 01) e che, pertanto, deve ritenersi inammissibile l’impugnazione nel caso in cui difetti la correlazione tra le ragioni poste a fondamento dalla decisione impugnata e quelle argomentate nell’atto di impugnazione, atteso che questo non può – come invece avvenuto nel caso di specie –
ignorare GLYPH le GLYPH affermazioni GLYPH del GLYPH provvedimento GLYPH censurato GLYPH (cfr., GLYPH da GLYPH ultimo, Sez. 4, n. 19364 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286468 – 01).
Da ultimo, vale la pena di sottolineare che le esigenze cautelari relative al pericolo di inquinamento delle prove, di fuga e di reiterazione del reato previste dall’art. 274 cod. proc. pen. non devono necessariamente concorrere, bastando anche l’esistenza di una sola di esse per giustificare o confermare, in sede di riesame, l’adozione del provvedimento (cfr., Sez. 3, n. 15980 del 16/04/2020, COGNOME, Rv. 278944 – 02, resa in caso nel quale la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione del tribunale del riesame che aveva confermato il provvedimento del giudice per le indagini preliminari facendo riferimento solo al pericolo di reiterazione del reato, senza alcun riferimento al pericolo di inquinamento probatorio al quale pure aveva fatto riferimento l’ordinanza impugnata).
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende, non emergendo motivi di esonero.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 17/01/2025
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