Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 10507 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 10507 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da Procuratore della repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, nel procedimento a carico di COGNOME NOMECOGNOME nato a Vibo Valentia il 04/05/1994
avverso l’ordinanza del 26/11/2024 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata;
lette le conclusioni scritte degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, difensori di COGNOME NOME, che hanno chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, comunque, che sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Catanzaro, adito ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., ha confermato l’ordinanza emessa il 15/04/2024 dal Tribunale di Vibo Valentia, che aveva rigettato l’istanza di applicazione della misura cautelare della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME
condannato in esito al giudizio di primo grado alla pena di anni diciannove e mesi due di reclusione per il reato di associazione dedita al narcotraffico e per una serie di reati fine aggravati ex art. 416-bis.1 cod. proc. pen.
Avverso tale ordinanza propone ricorso il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Catanzaro che articola un unico motivo di annullamento per violazione di legge -in relazione agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen.- e difetto di motivazione. Premesso che NOME COGNOME è stato sottoposto a misura cautelare custodiale dal 19/12/2019 al 17/07/2020, deduce il ricorrente che erroneamente il Tribunale ha ritenuto non sussistenti le esigenze cautelari del pericolo di reiterazione nel reato e del pericolo di fuga in conseguenza della sentenza di condanna alla pena di diciannove e mesi due anni di reclusione. L’entità della pena, l’assenza di un ampio periodo di presofferto, la circostanza che la contestazione del reato associativo fosse aperta e che il suo accertamento copra il periodo fino alla pronuncia della sentenza di primo grado militano nel senso dell’esistenza delle esigenze cautelari.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale e i difensori dell’imputato hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
L’art. 275, comma 1-bis, cod. proc. pen. stabilisce che «contestualmente ad una sentenza di condanna, l’esame delle esigenze cautelari è condotto tenendo conto anche dell’esito del procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti, dai quali possa emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna delle esigenze indicate nell’articolo 274, comma 1, lettere b) e c)».
L’ufficio di Procura ha fondato la richiesta di applicazione della misura cautelare nei confronti dell’imputato -erroneamente qualificandola come aggravamento di misura in essere- sulla base di un solo elemento sopravvenuto, ossia la sentenza di condanna a severa pena detentiva, senza indicare alcun specifico elemento ulteriore e specifico a sostegno dell’istanza.
Tale elemento, però, di per sé non è sufficiente a fondare il provvedimento di applicazione di misura cautelare, dovendo essere valutato, in applicazione dell’art. 275, comma 1-bis cod. proc. pen. sopra riportato, congiuntamente ad altri elementi specificamente sintomatici del pericolo di fuga o di recidivanza.
Il Tribunale di Catanzaro ha fatto corretta applicazione di tali principi, rilevando che i fatti contestati all’imputato risalgono all’anno 2016 e che, da allora, non risultano collegamenti con il contesto ambientale all’interno del quale sono maturati i fatti, per cui, non vi sono elementi da cui desumere l’attualità elle esigenze cautelari, che non possono essere basate solo alla condanna a pena severa.
Tale motivazione resiste alle generiche censure contenute nel ricorso, in cui il ricorrente si limita a evidenziare come unico elemento sopravvenuto la sentenza di condanna.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 04/03/2025.