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Esigenze cautelari: la Cassazione annulla l’ordinanza

Un imputato, condannato in primo grado per traffico internazionale di stupefacenti, ha impugnato un’ordinanza di custodia cautelare eseguita a distanza di molti anni. La Corte di Cassazione ha annullato tale ordinanza, evidenziando la necessità di una valutazione attuale e concreta delle esigenze cautelari. Il Tribunale del riesame aveva omesso di considerare adeguatamente il lungo tempo trascorso dai fatti e la condotta dell’imputato in quel periodo, elementi che possono incidere sulla persistenza del pericolo di fuga o di reiterazione del reato.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze Cautelari e Decorso del Tempo: La Cassazione Annulla un’Ordinanza di Custodia Cautelare

La valutazione delle esigenze cautelari rappresenta un pilastro del nostro sistema processuale penale, poiché bilancia la libertà personale dell’individuo con la necessità di tutelare la collettività. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale: tale valutazione deve essere sempre attuale e concreta, non potendosi basare su circostanze ormai risalenti nel tempo. Il caso in esame riguarda un’ordinanza di custodia cautelare in carcere eseguita a quasi otto anni dalla sua emissione, annullata proprio per un difetto di motivazione sulla persistenza dei pericoli che ne avevano giustificato l’adozione.

I Fatti del Caso

Un uomo veniva imputato per gravi reati legati al traffico internazionale di stupefacenti, in particolare per l’importazione di ingenti quantitativi di cocaina e hashish dalla Spagna all’Italia, commessi tra il 2015 e il 2016. Per questi fatti, veniva condannato in primo grado.

Nel 2017, il Giudice per le Indagini Preliminari emetteva un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei suoi confronti. Tuttavia, il provvedimento rimaneva ineseguito per anni, poiché l’uomo si trovava in Spagna, dove era sottoposto a un altro procedimento penale. Una volta tornato in libertà in Spagna nel 2018, aveva continuato a vivere lì, costruendo una famiglia e svolgendo un’attività lavorativa.

Solo nel 2025 l’ordinanza del 2017 veniva eseguita. La difesa dell’imputato presentava istanza di riesame al Tribunale di Roma, chiedendo l’annullamento della misura. Il Tribunale respingeva la richiesta, confermando la detenzione in carcere. Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione

La difesa ha articolato diversi motivi di ricorso, ma il fulcro della questione si è concentrato sulla valutazione delle esigenze cautelari.

La Questione della Traduzione dei Documenti Stranieri

La difesa lamentava che il Tribunale del riesame avesse dichiarato inammissibili alcuni documenti in lingua spagnola, volti a dimostrare la buona condotta dell’imputato. La Cassazione ha respinto questo motivo, chiarendo che nel procedimento di riesame, caratterizzato da tempi molto stretti, è onere della parte interessata fornire la documentazione già tradotta in italiano, non potendosi gravare il giudice di tale incombenza.

L’Omesso Interrogatorio di Garanzia

Un altro motivo, rigettato dalla Corte, riguardava la presunta inefficacia della misura per mancato svolgimento dell’interrogatorio di garanzia. La Corte ha precisato che tale adempimento è obbligatorio solo se la misura viene eseguita prima dell’apertura del dibattimento. Nel caso specifico, essendo stata eseguita mentre il processo era già in fase di appello, l’obbligo non sussisteva.

La Valutazione delle Esigenze Cautelari: il Punto Accolto dalla Corte

Il motivo che ha portato all’annullamento dell’ordinanza è quello relativo alla persistenza delle esigenze cautelari. La difesa sosteneva che il pericolo di fuga e di reiterazione del reato non fossero più attuali e concreti, dato il lungo tempo trascorso (quasi dieci anni dai fatti), l’assenza di altri reati commessi nel frattempo, la stabilità familiare e lavorativa raggiunta in Spagna e il fatto che l’imputato, pur a conoscenza della condanna, non si fosse mai dato alla fuga.

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondata questa censura, rilevando una grave lacuna nella motivazione del Tribunale del riesame. Quest’ultimo si era limitato a richiamare gli elementi originari che avevano giustificato la misura nel 2017, senza confrontarsi criticamente con gli elementi di novità portati dalla difesa.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha sottolineato che il giudice del riesame non può ignorare il notevole lasso di tempo trascorso. Il fatto che un imputato, per almeno sette anni, non si sia dileguato e non risulti aver commesso altri reati, pur potendolo fare, è un elemento che deve essere attentamente ponderato. Questa circostanza potrebbe indicare un “possibile ripensamento delle sue scelte di vita criminali”, rendendo non più attuali e concreti i pericoli di fuga o di recidiva.

Inoltre, la Corte ha censurato il Tribunale per non aver considerato un altro fatto rilevante: la sentenza d’appello che, nel frattempo, aveva riguardato un coimputato per gli stessi fatti, ridimensionando la gravità di alcune accuse. Sebbene una sentenza riguardante un’altra persona non si estenda automaticamente all’imputato, le circostanze oggettive emerse in quel giudizio avrebbero dovuto essere valutate per le possibili ricadute sulla sua posizione.

La motivazione del Tribunale è stata definita carente perché si è limitata a “richiamare l’originario provvedimento cautelare, senza verificare se ed in che misura le circostanze emerse nel successivo processo… potessero avere delle ricadute” sulla posizione dell’imputato. In sostanza, è mancato quel “supplemento di motivazione” necessario per giustificare il mantenimento della misura più afflittiva a fronte di un quadro significativamente mutato.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza e rinviato il caso al Tribunale di Roma per una nuova valutazione. Il messaggio è chiaro: la legittimità di una misura cautelare, specialmente la custodia in carcere, non può basarsi su una fotografia sbiadita del passato. Il giudice ha il dovere di effettuare un’analisi dinamica, aggiornata alla situazione attuale dell’imputato. Il decorso del tempo, unito a una condotta di vita regolare e all’evoluzione del quadro processuale, sono fattori determinanti che possono erodere la base giustificativa delle esigenze cautelari, imponendo una riconsiderazione della misura applicata.

È onere del giudice provvedere alla traduzione di documenti in lingua straniera prodotti dalla difesa nel procedimento di riesame?
No, la Cassazione ha ribadito che, data la rapidità del procedimento di riesame, è onere della parte interessata produrre la documentazione già tradotta in italiano.

Il lungo tempo trascorso dai fatti può far venir meno le esigenze cautelari che giustificano la detenzione in carcere?
Sì, la Corte ha stabilito che il Tribunale deve effettuare una valutazione concreta e attuale delle esigenze cautelari. Il notevole lasso di tempo in cui l’imputato non ha commesso altri reati è un elemento cruciale che deve essere attentamente considerato e non può essere ignorato.

L’interrogatorio di garanzia è sempre obbligatorio dopo l’esecuzione di una misura cautelare?
No, non è obbligatorio se la misura viene eseguita quando il processo è già in una fase avanzata (in questo caso, in grado d’appello). L’obbligo vige solo fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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