Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30274 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30274 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 07/03/2025 del Tribunale di Napoli udita la relazione svolta dal Consigliere NOME Maria COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Sent. n. sez. 1854/2025 CC – 27/05/2025 R.G.N. 12230/2025
La contestazione si riferisce a un omicidio pluriaggravato commesso nell’anno 1996 nell’ambito di una piø ampia attività criminale caratterizzata dalla partecipazione all’associazione camorristica denominata ‘clan Sarno’.
Il programma di protezione Ł stato recentemente revocato in quanto l’indagato ha commesso dei reati, anche gravi, tra i quali risulta un tentato omicidio.
L’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere per questo omicidio, quindi, rilevato il sopravvenire del pericolo di reiterazione dei reati Ł stata richiesta e applicata solo da ultimo.
Il Tribunale del riesame, preso atto delle censure della difesa fondate sul lungo tempo trascorso dai fatti, ha individuato le esigenze cautelari nella recente, anche recentissima, commissione di reati come, da ultimo, la detenzione di armi del 6 febbraio 2025 e nel contegno tenuto dall’indagato (cfr. pagine da 8 a 10 dell’ordinanza impugnata)
2.2. Nel primo motivo di ricorso e nella memoria di replica la difesa, considerata la pacifica attribuibilità del fatto al ricorrente, deduce il vizio di motivazione con riferimento alla sola sussistenza e consistenza delle esigenze cautelari, ciò evidenziato il lunghissimo tempo trascorso dai fatti, circa 30 anni, e, comunque, rilevato il fatto che l’organo dell’accusa, nonostante la pregressa e risalente conoscenza dei fatti, non ha mai in precedenza ritenuto di richiedere l’applicazione di alcuna misura.
La doglianza Ł manifestamente infondata.
In materia di misure cautelari personali il ricorso per cassazione che deduca l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o l’assenza delle esigenze cautelari, Ł ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (cfr. Sez. 5, n. 22066 del 06/07/2020, COGNOME, Rv. 279495 – 02; Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628).
Nel giudizio di legittimità, infatti, sono rilevabili esclusivamente i vizi argomentativi che incidano sui requisiti minimi di esistenza e di logicità del discorso motivazionale svolto nel provvedimento e non sul contenuto della decisione, ciò in quanto il controllo di logicità deve rimanere all’interno del provvedimento impugnato e non Ł possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate e, nel ricorso afferente i procedimenti “de libertate”, a una diversa delibazione in merito allo spessore degli indizi e delle esigenze cautelari (cfr. Sez. un., n. 11 del 22/3/2000, COGNOME, Rv 215828; Sez. 5, n. 22066 del 06/07/2020, COGNOME, Rv. 279495 – 02; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976; Sez. 4, n. 18807 del 23/3/2017, COGNOME, Rv 269885; Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244).
Ciò in quanto il controllo di legittimità concerne il rapporto tra motivazione e decisione e non già il rapporto tra prova e decisione e, quindi, il ricorso per cassazione che
devolva il vizio di motivazione, per essere ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione e non deve riguardare la valutazione sottesa che, in quanto riservata al giudice di merito, Ł estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di cassazione (cfr. Sez. 5, n. 22066 del 06/07/2020, COGNOME, Rv. 279495 – 02).
Nel caso di specie il giudice del riesame, pure considerato e valutato il lungo periodo di tempo trascorso, ha coerentemente evidenziato come questo, tenuto conto che il ricorrente era collaboratore di giustizia, non consentiva da solo di escludere la sopravvenuta sussistenza delle esigenze cautelari.
Sotto tale profilo, d’altro canto, la circostanza che il ricorrente abbia commesso recentemente dei reati, anche gravi, come da ultimo un tentato omicidio ed essere stato trovato in possesso di armi, appare sicuramente rilevante e significativa quanto al mutamento del quadro originario e alla necessità, attuale di garantire la tutela delle esigenze cautelari ora sopravvenute.
La conclusione circa la sussistenza, consistenza e gravità di esigenze cautelari, pertanto, Ł adeguatamente motivata e il Tribunale, diversamente da quanto indicato dal difensore, ha risposto in termini specifici alle censure della difesa, ora solo reiterate, pure sollecitando una diversa, e non consentita, lettura degli elementi emersi.
Nel secondo motivo la difesa deduce la violazione di legge in relazione all’art. 297 cod. proc. pen. con riferimento a un’altra ordinanza custodiale emessa in precedenza e che sarebbe relativa a un altro e diverso omicidio, commesso il 6 novembre 2008 e nella memoria di replica chiede che gli venga riconosciuto un termine a difesa al fine di produrre documenti a sostegno della censura esposta.
La doglianza non Ł consentita e la richiesta di concedere un termine a difesa deve essere respinta.
Come pure indicato dal Procuratore generale la questione, che comporta degli accertamenti di fatto che non possono essere compiuti in questa sede, non Ł stata posta nel corso del riesame nØ, d’altro canto, risulta che sia stata presentata un’autonoma e distinta istanza sul punto, il cui esito, d’altro canto, non potrebbe essere oggetto di critica nell’attuale ricorso.
In tale corretta prospettiva la doglianza, peraltro illustrata in termini generici, non Ł quindi consentita in questa sede e, conseguentemente, la richiesta di concedere un termine al fine di produrre documenti sul punto, che sarebbero comunque privi di rilievo ai fini della decisione, deve essere respinta.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchØ, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 27/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME