Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 28484 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 28484 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/06/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 04/09/2025 del Tribunale di Genova audita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n.137/2020 e successivo art. 8 d.l. 198/2022.
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova, con ordinanza emessa in data 20 novembre 2023, ha disposto la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere nei confronti della ricorrente in relazione ai reati di cui agli artt. 493-ter e 648-bis cod. pen.
NOME COGNOME a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 19 marzo 2025 con cui il Tribunale di Genova ha rigettato la richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare avanzata dall’imputata, sottolineando l’assenza di elementi nuovi attestanti l’affievolimento delle esigenze cautelari.
La ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta violazione dell’art. 274 cod. proc. pen. nonchØ contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine all’attualità e concretezza delle esigenze cautelari.
Il giudice dell’appello, limitandosi a fondare il rigetto sulla gravità dei fatti e sull’atteggiamento non collaborativo della ricorrente, avrebbe violato il principio del diritto al silenzio ed il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui le situazioni di concreto e attuale pericolo non possono essere desunte dalla mancata ammissione degli addebiti nonchØ dalla sola gravità delle condotte oggetto di giudizio.
Il Tribunale, inoltre, avrebbe omesso di valutare che la Miniailova non ha commesso alcun reato nell’arco dei sette mesi in cui Ł stata sottoposta a misura cautelare e della conseguente mancanza di un concreto e attuale pericolo di reiterazione.
La ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta violazione ed errata applicazione dell’art. 275 cod. proc. pen.
Sent. n. sez. 1107/2025
CC – 10/06/2025
R.G.N. 13743/2025
Il Tribunale avrebbe omesso di valutare la possibilità di applicare una misura cautelare meno afflittiva e piø consona alle esigenze da soddisfare nel caso concreto.
I giudici dell’appello avrebbero ignorato la brevità del residuo pena da scontare nonchØ il rilevante arco temporale intercorso dalla commissione delle condotte in assenza di condotte sintomatiche di perdurante pericolosità, con conseguente affievolimento delle esigenze cautelari.
In data 3 giugno 2025 il difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME ha depositato memoria di replica con la quale ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile per le ragioni che seguono.
I due motivi di impugnazioni sono aspecifici e reiterativi avendo ad oggetto questioni relative alla valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari, già esaminate dai giudici di appello che hanno trattato e disatteso, con specifica ed adeguata motivazione, tutte le deduzioni difensive sviluppate nei motivi del gravame, pervenendo al rigetto della richiesta di sostituzione della misura custodiale attraverso una disamina completa ed approfondita delle risultanze logico-fattuali addotte dalla difesa, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
L’ordinanza impugnata Ł motivata in modo congruo, logico e non manifestamente contraddittorio, con riguardo alla attualità delle esigenze cautelari che giustificano la prosecuzione dell’esecuzione della misura coercitiva della custodia in carcere ed alla insufficienza degli elementi addotti dalla difesa a far ritenere affievolite le esigenze cautelari poste a base del provvedimento impositivo.
3.1. I giudici dell’appello hanno motivato la conferma dell’ordinanza di rigetto facendo presente come nessun elemento dedotto dalla difesa (corso del tempo dalla consumazione della condotta e dall’inizio dell’esecuzione della misura cautelare, mancata realizzazione di ulteriori condotte criminose da parte della ricorrente) aveva il carattere della novità idonea a far ritenere attenuate le esigenze cautelari. Deve rimarcarsi, in proposito, che non Ł sufficiente l’astratta e generica deduzione del tempo intercorso dall’inizio di applicazione della misura cautelare, perchØ possa dirsi formulata un’argomentata censura avverso la permanenza delle esigenze cautelari.
Il fatto nuovo rilevante ai fini della revoca ovvero della sostituzione della misura coercitiva con altra meno grave, deve essere, infatti, costituito da elementi di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento delle esigenze cautelari apprezzate all’inizio del trattamento cautelare, risultando a tale scopo inconferente il mero decorso del tempo dall’inizio dell’applicazione della misura. (Sez. 4, n. 13895 del 05/03/2020, COGNOME, Rv. 278866 – 01). Sotto altro profilo non può non considerarsi che parte appellante si Ł limitata a dedurre i menzionati profili di novità, senza tuttavia chiarire adeguatamente in quale misura ed in quali termini tali asseriti fatti nuovi hanno inciso sulle esigenze cautelari poste a fondamento dell’ordinanza genetica.
3.2. Il Tribunale ha correttamente valorizzato l’attualenza del pericolo di reiterazione criminosa, dando rilievo alla particolare gravità delle condotte criminose, alle modalità di partecipazione all’attività delittuosa caratterizzate da significativa professionalità, efficienza organizzativa e da importanti competenze informatiche nonchØ all’intensità del dolo desumibile dalla prosecuzione dell’attività delittuosa in un periodo successivo alla sottoposizione alla misura cautelare degli arresti domiciliari, dall’assenza di una reale resipiscenza e dalla rescissione dei legami con gli ambienti criminali in cui si Ł esplicata la
vicenda oggetto di indagine (vedi pagine da 3 a 6 dell’ordinanza impugnata).
La ricostruzione in esame, immune da censure sotto il profilo della completezza argomentativa e della coerenza logica giuridica, si fonda su valutazioni di fatto che non risultano affette nØ da contraddittorietà nØ da manifesta illogicità, rendendole, pertanto, insuscettibili di sindacato in sede di legittimità.
3.3. L’assenza di elementi nuovi da cui desumere l’affievolimento delle esigenze cautelari rende manifestamente infondata la doglianza difensiva inerente la carenza motivazionale dell’ordinanza impugnata in tema di adeguatezza della misura, adeguatezza che era stata già correttamente valutata dal giudice della misura, con conseguente idoneità della motivazione sintetica con la quale i giudici di appello hanno ribadito la perdurante necessità della pratica domiciliare in considerazione della ‘situazione di precarietà assoluta’ in cui versa la ricorrente e della mancata prospettazione di affidabili e stabili soluzioni alternative alla detenzione custodiale (vedi pag. 6 dell’ordinanza impugnata).
I giudici dell’appello hanno correttamente applicato il principio di diritto secondo cui, ai fini del mantenimento della custodia cautelare in carcere, non Ł necessaria un’analitica dimostrazione delle ragioni che rendono inadeguata ogni altra misura, ma Ł sufficiente che il giudice, come ha fatto il Tribunale, indichi, con argomenti logico-giuridici tratti dalla natura e dalle modalità di commissione dei reati nonchØ dalla personalità dell’indagata, gli elementi specifici che inducono ragionevolmente a ritenere la misura prescelta come quella piø adeguata al fine di impedisce la prosecuzione dell’attività criminosa, rimanendo in tal modo assorbita l’ulteriore dimostrazione dell’inidoneità delle altre misure coercitive (vedi, Sez. 5, n. 51260 del 04/07/2014, COGNOME, Rv. 261723-01; Sez. 3, n. 30443 del 11/02/2022, Encarnacion, non massimata e Sez.1, n. 35837 del 06/06/2023, Santarella, non massimata).
4 . All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
Non conseguendo dall’adozione del presente provvedimento la rimessione in libertà dell’indagata, deve provvedersi ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 10/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME