Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5262 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5262 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 04/12/1981
avverso l’ordinanza del 17/09/2024 del TRIBUNALE di TRENTO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME il quale ha chiesto pronunciarsi il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 17 settembre 2024, il Tribunale del riesame di Trento ha parzialmente accolto l’appello, proposto dal pubblico ministero, avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti NOME COGNOME per l’ipotesi di concorso in reato di furto aggravato, applicando la misura di cui all’art. 282 del codice di rito.
Avverso l’ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per il tramite del proprio difensore, Avv. NOME COGNOME affidando le proprie censure ai due motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
C 43
2.1 Con il primo motivo, si duole di vizio di motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari, posto che, con l’atto d’appello, il pubblico ministero si sarebbe limitato a contestare la valutazione espressa dal giudice per le indagini preliminari in tema d’insussistenza della gravità indiziaria. Data la totale assenza di deduzioni in tema di esigenze cautelari, l’atto d’appello doveva essere rigettato, non avendo il pubblico ministero indicato in alcun modo il concreto e attuale interesse all’adozione della misura cautelare; a tal proposito, la difesa cita precedenti di questa Corte, secondo cui, nel caso in cui il pubblico ministero proponga ricorso per cassazione onde ottenere l’esatta applicazione della legge, sussiste l’interesse richiesto dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen. solo se, con l’impugnazione, può raggiungersi un risultato non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole. Si ricordano altresì pronunce in cui si è affermata l’inammissibilità, per difetto di interesse, del ricorso per cassazione del pubblico ministero, proposto nei confronti dell’ordinanza di reiezione dell’appello avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di misura cautelare, con cui il pubblico ministero, senza nulla prospettare in ordine alle esigenze cautelari, si limiti a contestare il mancato riconoscimento della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. In casi siffatti, l’accoglimento del gravame in ordine a tale profilo, non potendo comunque condurre all’applicazione della misura, sarebbe privo di alcun risultato pratico vantaggioso per l’impugnante.
2.2 Col secondo motivo, s’invoca la nullità dell’impugnata ordinanza con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi e, più precisamente, si contesta la valutazione in tema di utilizzabilità delle spontanee dichiarazioni dell’indagato, assunte, ex art. 350 del codice di rito, all’esito della perquisizione effettuata presso la residenza dello stesso. Secondo la difesa, il Tribunale avrebbe omesso di fornire motivazione circa la natura, spontanea o meno, delle dichiarazioni auto ed eteroaccusatorie rese dal ricorrente.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, a) le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME il quale ha chiesto pronunciarsi il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il primo motivo è fondato, nei limiti di seguito indicati. Coglie nel segno la difesa nel censurare la carenza di motivazione dell’impugnata ordinanza in merito alla sussistenza delle esigenze cautelari (cfr., ex multis, Sez. 3, n. 15980 del 16/04/2020, COGNOME, Rv. 278944 – 01: «in tema di ordinanza
“de libertate” del tribunale del riesame, è ravvisabile il vizio di omessa motivazione quando dal provvedimento, considerato nella sua interezza, non risultino le ragioni del convincimento del giudice su punti rilevanti per il giudizio e non anche quando i motivi per il superamento delle tesi difensive su una determinata questione siano per implicito desumibili dalle argonnentazioni adottate per risolverne altra»).
In particolare, è fondata l’eccezione difensiva secondo cui il Tribunale avrebbe dovuto fornire più specifiche ragioni in merito al precipuo ruolo del ricorrente nelle condotte di reato provvisoriamente ascritte. Invero, in motivazione, il giudice dell’appello cautelare si è concentrato sulle modalità dell’azione dei co-indagati (non ricorrenti in questa sede) NOME e NOMECOGNOME evidenziandone la particolare “spregiudicatezza e callidità” dell’agire “con o senza il concorso dell’autista NOME“. Valorizzando le dichiarazioni, auto ed etero-accusatorie rese dal ricorrente, il Tribunale ha inoltre ricordato che la confessione di quest’ultimo faceva riferimento soltanto a tre dei sette episodi contestati.
Ebbene, le diversità tra le condotte del COGNOME, da un lato, e quelle dei due co-indagati, dall’altro, emergenti dalla motivazione dell’impugnato provvedimento, avrebbero imposto una più accurata esplicitazione delle esigenze cautelari con riferimento anche alla posizione del ricorrente, che risulta, invece, non adeguatamente approfondita; il fugace riferimento all’incensuratezza dei due co-indagati fa supporre che i precedenti penali del ricorrente abbiano avuto un peso decisivo nella valutazione del Tribunale. Ma si tratta, appunto, di mere deduzioni che il Collegio, non confortato da più esplicite valutazioni su un profilo rilevante per il giudizio cautelare, quale quello in tema di esigenze cautelari, deve trarre forzatamente dalla lettera dell’impugnato provvedimento.
Ora, senza nulla voler concedere al ricorrente in merito alla dedotta carenza d’interesse del pubblico ministero a impugnare (posto che oggetto d’impugnazione è, in questa sede, l’ordinanza del Tribunale del riesame), va però rilevato che la motivazione dell’ordinanza in scrutinio, mentre fornisce adeguate ragioni in tema di gravità indiziaria, mostra un obiettivo deficit in tema di esigenze cautelari con specifico riguardo alla posizione del ricorrente.
A tal proposito, va ricordato l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in tema di misure cautelari personali, l’impugnazione del pubblico ministero avverso il provvedimento di diniego di emissione dell’ordinanza cautelare per l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza devolve al giudice di appello la verifica di tutte le condizioni richieste per l’adozione della misura prospettate nella originaria richiesta (Sez. 6, n. 5332 del 06/12/2023, dep. 2024, Vignola, Rv. 286061 – 01).
Per quanto la cognizione del giudice d’appello cautelare (a differenza di quanto previsto per il riesame, quale mezzo totalmente devolutivo) sia limitata ai punti
cui si riferiscono i motivi di gravame, è pur vero che essa si estende anche ai punti strettamente connessi a questi ultimi (Sez. 3, n. 28253 del 09/06/2010, B., Rv. 248135 – 01). Si potrà ritenere che, negli incidenti de libertate, il punto della gravità indiziaria non si presenti in connessione essenziale con quello del periculum libertabis (Sez. 6, n. 57572 del 08/11/2018, Scalia, Rv. 274813, in motivazione). Ma ciò non sottrae cogenza all’onere, in capo al giudice dell’appello cautelare, di verificare anche le ragioni a sostegno dell’attualità e concretezza delle esigenze cautelari. In proposito, va considerato l’orientamento di questa Corte, teso a sollecitare il pubblico ministero appellante affinché indichi le ragioni a sostegno dell’attualità e concretezza delle esigenze cautelari, laddove la misura riguardi reati per i quali non opera la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (cfr., ad es., Sez. 6, n. 43948 del 21/09/2023, P.m. c. COGNOME, Rv. 285400 01: «il pubblico ministero che impugni l’ordinanza che, in sede di appello ex art. 310 cod. proc. pen., abbia annullato la misura cautelare per difetto di gravità indiziaria, deve indicare, a pena di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, le ragioni a sostegno dell’attualità e concretezza delle esigenze cautelari, laddove la misura riguardi reati per i quali non opera la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.»; in motivazione, la Corte ha chiarito che in materia cautelare, poiché l’interesse del pubblico ministero è correlato alla possibilità di adozione o ripristino della misura richiesta, egli deve fornire elementi idonei a suffragarne l’attualità in relazione a tutti i presupposti per l’adozione della misura, anche se il provvedimento impugnato non ne abbia esaminato taluno).
Pertanto, il Collegio ritiene che il provvedimento impugnato vada annullato, con rinvio al Tribunale di Trento per nuovo esame relativo alle specifiche esigenze cautelari ravvisate con riguardo alla posizione del ricorrente.
Il secondo motivo deve ritenersi, invece, manifestamente infondato, in quanto generico e aspecifico, non avendo il ricorrente indicato alcuna ragione a supporto della lamentata inutilizzabilità delle spontanee dichiarazioni dell’indagato, assunte ex art. 350 del codice di rito.
La giurisprudenza citata dalla difesa (Sez. 3, n. 36596 del 07/06/2012, Osnanovic, Rv. 253574), peraltro superata da successivi orientamenti di questa Corte (cfr., ex plur., Sez. 6, n. 10685 del 19/01/2023, COGNOME, Rv. 284466), è inconferente rispetto al caso di specie, riferendosi quella pronuncia al giudizio abbreviato.
Alla luce del chiaro disposto del comma 7 dell’art. 350 cod. proc. pen., deve ribadirsi, per un verso, l’utilizzabilità delle spontanee dichiarazioni dell’indagato e, per l’altro, la necessità che il giudice accerti, anche d’ufficio, sulla base di tutti gli elementi a sua disposizione, l’effettiva natura spontanea delle stesse, dando atto di tale valutazione con motivazione congrua e adeguata (Sez. 3 n. 2627
(13
de119/11/2013, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 258368- 01; Sez. 3, n. 36596 del 07/06/2012, COGNOME, Rv. 253575- 01).
Ora, la motivazione dell’impugnato provvedimento dà sufficientemente conto delle ragioni per cui le dichiarazioni auto ed etero-confessorie dell’indagato, rivelatesi decisive nel rafforzare il giudizio di gravità indiziaria, siano state ritenute spontaneamente rese; soprattutto, il ricorrente, nel dolersi della mancata motivazione circa la spontaneità delle dichiarazioni, non introduce alcuno spunto argomentativo (quale avrebbe potuto essere, ad esempio, l’invocazione della cd. prova di resistenza”, alla stregua della quale gli elementi di prova o indizianti, asseritamente acquisiti in maniera illegittima, diventano irrilevanti e ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento: cfr., per tutti, Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, COGNOME, Rv. 243416 – 01) utile a contrastare la tenuta logica e giuridica dell’impugnato provvedimento.
In assenza di indicazioni in senso contrario offerte dalla difesa, deve dunque ritenersi corretta la valutazione del Tribunale, secondo il quale le dichiarazioni, di cui il ricorrente contesta l’utilizzabilità, sono state spontaneamente rese.
Per le ragioni fin qui illustrate, il Collegio ritiene che il provvedimento impugnato vada annullato, con rinvio al Tribunale di Trento, per un nuovo esame in tema di specifiche esigenze cautelari ravvisate con riguardo alla posizione del ricorrente.
P. Q. M.
Annulla il provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Trento.
Così deciso in Roma, il 10/12/2024
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