Esercizio Arbitrario delle Proprie Ragioni: la Sottile Linea con l’Estorsione
Capita spesso di confondere il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con quello, ben più grave, di estorsione. Entrambi implicano l’uso di minacce o violenza per ottenere qualcosa, ma la legge e la giurisprudenza tracciano una linea di demarcazione netta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 34950/2024, torna su questo punto cruciale, chiarendo che il coinvolgimento di soggetti terzi, estranei al rapporto di debito, fa scattare automaticamente l’accusa di estorsione. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso in Esame
Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato in Corte d’Appello per il reato di tentata estorsione. L’imputato, nel tentativo di recuperare un presunto credito, aveva utilizzato metodi minatori. La sua difesa sosteneva che tale condotta dovesse essere ricondotta al reato meno grave di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, previsto dall’art. 393 del Codice Penale. Secondo questa tesi, l’intento non era quello di estorcere, ma di farsi giustizia da sé per un diritto che riteneva legittimo. La questione è quindi giunta all’esame della Suprema Corte di Cassazione.
La Decisione della Cassazione: quando l’Esercizio Arbitrario diventa Estorsione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna per tentata estorsione. La motivazione si fonda su un principio di diritto consolidato e di fondamentale importanza pratica.
Il Principio di Diritto Applicato
I giudici hanno ribadito che non si può parlare di esercizio arbitrario delle proprie ragioni quando la minaccia o la violenza sono dirette verso persone diverse dal presunto debitore. Il reato di cui all’art. 393 c.p. presuppone che la condotta illecita rimanga confinata all’interno del perimetro del rapporto contrattuale o creditorio. In altre parole, la pretesa, seppur fatta valere illecitamente, deve essere rivolta esclusivamente a chi è considerato il debitore.
Il Coinvolgimento di Terzi come Elemento Discriminante
Quando l’azione intimidatoria coinvolge soggetti estranei al ‘sinallagma’ (il legame reciproco tra creditore e debitore), la natura del reato cambia radicalmente. L’inclusione di terzi – come familiari, dipendenti o soci del debitore – esprime una volontà coercitiva di particolare intensità. Questa condotta, secondo la Corte, ‘esonda’ dal semplice rapporto creditorio e manifesta l’intenzione di piegare la volontà della vittima attraverso una pressione psicologica più ampia e pervasiva, configurando così gli estremi del delitto di estorsione.
Le Motivazioni
La Corte ha ritenuto la ricostruzione dei giudici d’appello completa, razionale e fondata sulle prove processuali. La decisione di non riqualificare il fatto è basata sull’applicazione di un principio giuridico consolidato, supportato da precedenti sentenze (come la n. 11453/2016 e la n. 5092/2017). La logica è stringente: chi minaccia terzi non sta semplicemente cercando di far valere un proprio diritto in modo illegittimo, ma sta usando un’intimidazione più vasta per costringere il debitore a pagare, integrando pienamente la fattispecie di estorsione. Pertanto, il ricorso è stato giudicato manifestamente infondato.
Conclusioni
L’ordinanza in esame offre un monito fondamentale: la giustizia ‘fai da te’ è sempre una strada pericolosa, ma lo diventa ancora di più quando si coinvolgono persone non direttamente legate al presunto debito. La distinzione tra esercizio arbitrario delle proprie ragioni ed estorsione dipende in modo cruciale dai destinatari della condotta minatoria. Chiunque vanti un credito deve perseguirlo attraverso le vie legali. L’uso di minacce, specialmente se estese a terzi, comporta il rischio di una pesante condanna per estorsione, un reato con conseguenze penali molto più severe.
Qual è la differenza fondamentale tra esercizio arbitrario delle proprie ragioni ed estorsione secondo questa ordinanza?
La differenza principale risiede nei destinatari della minaccia. Si ha esercizio arbitrario solo se la condotta illecita rimane strettamente circoscritta alla persona del presunto debitore. Se le minacce vengono rivolte anche a soggetti terzi, estranei al rapporto di debito, il reato si qualifica come estorsione.
Perché il coinvolgimento di persone estranee al debito trasforma il reato in estorsione?
Perché, secondo la Corte, includere terzi nell’azione minatoria dimostra una volontà coercitiva di particolare intensità che va oltre il semplice tentativo di recuperare un credito. Questa condotta espande la pressione psicologica e non è più finalizzata a far valere un diritto, ma a costringere la vittima con mezzi illeciti, integrando la fattispecie dell’estorsione.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione sul ricorso?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha confermato la sentenza di condanna per tentata estorsione emessa dalla Corte d’Appello e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34950 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34950 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/12/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME;
rilevato che l’unico motivo di impugnazione, con cui il ricorrente lamenta violazione dell’art. 393 cod. pen. conseguente alla mancata riqualificazione fatto nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni è manifestam infondato.
rilevato che i giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, hanno indicato gli elementi idonei a dimostrare la pen responsabilità del ricorrente in ordine al reato di tentata estorsione (vedi pa ed 8 della sentenza impugnata), tale ricostruzione, in nessun modo censurabil sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzament fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e insindacabili in questa sede;
rilevato che la Corte territoriale ha fatto corretto uso del principio di dir secondo cui non è configurabile il reato di esercizio arbitrario delle proprie ra ogni volta che le minacce siano dirette verso soggetti diversi dal presunto debito L’inclusione nella azione violenta o minatoria di persone estranee al sinallag esprime una volontà coercitiva di singolare intensità che esonda dal rapport creditorio. La riconducibilità della condotta alla fattispecie prevista dall’ar cod. pen. richiede invece che la condotta illecita resti circoscritta nel perimet rapporto contrattuale, mentre il coinvolgimento di soggetti terzi esclude, a pri che possa essere invocato l’inquadramento più favorevole (vedi Sez. 2, n. 11453 del 17/02/2016, Rv. 267123; Sez. 2, n. 5092 del 20/12/2017, COGNOME, Rv. 272017 – 01).
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 9 luglio 2024.