Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 20548 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 20548 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da avverso la sentenza del 28/06/2023 emessa dalla Corte di appello Messina;
COGNOME NOME, nato a Tortorici il DATA_NASCITA, udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO;
lette la requisitoria scritta del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 28/06/2023 la Corte d’appello di Messina ha confermato la condanna inflitta dal Tribunale di Patti, ex art. 392 cod. pen., a NOME COGNOME NOME per essersi fatto arbitrariamente ragione da sé sostituendo la serratura della porta d’ingresso all’appartamento descritto nell’imputazione per esercitare un suo preteso diritto di proprietà e così impedendo a NOME COGNOME di accedervi.
Nel ricorso presentato dal difensore di NOME NOME GLYPH si chiede l’annullamento della sentenza.
2.1. GLYPH Con il primo motivo di ricorso si deducono violazione della legge e vizio della motivazione nel ritenere sussistenti gli elementi costitutivi del delitto d esercizio arbitrario delle proprie ragioni ex art. 392 cod. pen.
Si assume che la sentenza impugnata viola il principio che richiede la prova della colpevolezza «oltre ogni ragionevole dubbio» perché non risulta con certezza chi abbia sostituito la serratura dell’immobile: la Corte d’appello ha attribuito il fatto all’imputato quale soggetto interessato a dare esecuzione all’obbligo di trasferire il possesso dell’immobile all’acquirente suo figlio NOME COGNOME NOME, mentre nulla esclude che la sostituzione della serratura possa essere avvenuta proprio per mano di quest’ultimo. Per altro verso, si osserva che dalla lettura del provvedimento e dal capo di imputazione non si comprende di quale diritto fosse titolare l’imputato.
2.2. GLYPH Con il secondo motivo di ricorso si deducono violazione della legge e vizio della motivazione nell’escludere la fondatezza dell’atto di appello ricorrendo a delle mere clausole di stile.
2.3. GLYPH Con il terzo motivo di ricorso si deducono violazione della legge e vizio della motivazione circa la quantificazione della pena non nel minimo e la mancata applicazione del beneficio della non menzione della condanna ex art. 175 cod. pen. nonostante la modestia del fatto e l’incensuratezza dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Nella ricostruzione della vicenda in esame risulta incontroverso che: NOME COGNOME NOME aveva pagato un debito contratto da NOME COGNOME con il Banco di Roma e, a garanzia della restituzione della somma sborsata (113.000 euro), il 7 agosto del 2007 ricevette dai coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME una procura speciale e irrevocabile a vendere l’appartamento indicato nell’imputazione; NOME COGNOME NOME 1’11 agosto del 2017 vendette – per 50.000 euro a suo figlio NOME NOME – l’immobile dopo la morte (nel 2016) di uno (COGNOME) dei due comproprietari che gli avevano rilasciato la procura; successivamente, sempre nel 2017, NOME (persona offesa querelante), secondo quanto dallo stesso dichiarato, si recò presso l’appartamento constatando che sulla porta stava una targhetta che indicava quale proprietario NOME e che la serratura della porta di ingresso era stata sostituita, sicché egli non poté entrare nell’appartamento e poi apprese che NOME COGNOME aveva venduto il suo appartamento (che, secondo NOME, valeva 230.000 euro) al proprio figlio.
2. Il Tribunale ha condannato NOME COGNOME NOME per il reato ex art. 392 cod. pen. osservando che l’imputato vendette nel 2017 l’immobile oggetto della procura conferitagli nel 2007 nel 2017, dopo la morte (avvenuta nel 2016) di uno (COGNOME) dei due comproprietari che gli avevano rilasciato la procura, ossia – secondo l’interpretazione del Tribunale – quando la procura aveva ormai perso efficacia, non risultando applicabile l’art. 1723 cod. civ. In questo quadro, il Tribunale ha ritenuto che l’imputato, cambiando senza autorizzazione la serratura di accesso all’immobile abbia esercitato arbitrariamente un preteso diritto.
La Corte di appello non ha esplicitamente aderito alla interpretazione degli aspetti civilistici della vicenda adottata dal Tribunale, ma ha concentrato le sue valutazioni sul momento in cui, l’imputato dopo avere venduto, per procura l’immobile, per adempiere all’obbligo di consegnarlo, invece di rivolgersi a COGNOME (comproprietario alienante) per ottenere le chiavi, ne avrebbe, materialmente o in concorso con l’acquirente (suo figlio), cambiato la serratura «allo scopo di dare soddisfazione al diritto di credito vantato nei confronti del COGNOME» (p. 4).
La Corte ha valutato che l’imputato non avrebbe potuto adempiere all’obbligo .. di consegnare le chiavi dell’appartamento all’acquirente se non avesse conseguito il possesso delle chiavi, sicché era l’unica persona a avere interesse a sostituire la serratura (per adempiere a tale obbligo) e ha affermato «sia che si ritenga che l’alienante avesse già consegnato materialmente l’immobile all’acquirente (mediante consegna delle chiave), sia che si ritenga che la consegna non fosse stata ancora effettuata, la sostituzione della serratura costatata dal Carona nel 2017, non può che essere attribuita, anche solo a titolo morale, a NOME» (p. 4).
Ha ritenuto che l’imputato abbia agito per soddisfare il suo diritto di credito verso NOME (che ha ammesso di non avere mai restituito la somma prestatagli), mentre avrebbe dovuto ricorrere al giudice per soddisfare tale diritto invece di farsi ragione da sé sostituendo la serratura dell’immobile. Il riconoscimento della titolarità del diritto da parte dell’imputato ha condotto la Corte a inquadrare la fattispecie come esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose ex art. 392 cod. pen. e non come violenza privata ex art. 610 cod. pen.
Ha valutato di superare ogni ragionevole dubbio argomentando che all’imputato era stata rilasciata una mera procura (che egli utilizzò senza informarne il proprietario) a vendere l’immobile – ma non il possesso dello stesso, né le chiavi per accedervi – e che il contratto di vendita dell’immobile, stipulato in favore del proprio figlio, richiedeva il trasferimento non solo della proprietà e del possesso giuridico, ma anche e necessariamente del possesso reale o di fatto
del bene venduto con la consegna delle chiavi che presupponeva il cambio della serratura di ingresso (perché l’imputato non ne aveva mai ricevuto le chiavi).
Deve rilevarsi che nel caso in esame i coniugi COGNOME il 7 agosto del 2007 rilasciarono a NOME COGNOME NOME una «procura speciale irrevocabile in quanto conferita anche nell’interesse del mandatario», autorizzandolo anche a «concludere il contratto con sé stesso, in proprio o come rappresentante di un’altra parte, escludendo ogni possibilità di conflitto di interessi» (p. 2 della procura irrevocabile in atti). Inoltre, si previde che eg potesse «convenire il prezzo, comunque per un importo di non meno di cinquantamila euro, riscuoterlo e rilasciare a quietanza».
Come stabilito dall’art. 1723, comma 2, cod. civ., «Il mandato conferito anche nell’interesse del mandatario o di terzi non si estingue per revoca da parte del mandante, salvo che sia diversamente stabilito o ricorra una giusta causa di revoca; non si estingue per la morte o per la sopravvenuta incapacità del mandante».
Tuttavia, poiché il mandato irrevocabile a vendere preclude al mandante la possibilità di alienare direttamente il bene – come si desume dagli artt. 1723, comma 2, e 1724 cod. civ. – è essenziale a pena di nullità, la previsione di un termine ultimo di durata del mandato, decorso il quale l’incarico deve intendersi cessato, attesa la disposizione di portata generale prevista nell’art. 1379 cod. civ., applicabile anche a pattuizioni che comportino comunque limitazioni incisive del diritto di proprietà (Sez. civ. 2, n. 30246 del 20/11/2019, Rv. 656297); l’irrevocabilità del mandato è limitata al rapporto interno fra il mandante e il mandatario e la validità del contratto concluso dal mandatario con il terzo resta subordinata alla permanenza del potere di rappresentanza e all’assenza di revoca della procura (Sez. civ. 2, n. 7038 del 08/04/2015, Rv. 634829).
Nella fattispecie nella stessa procura irrevocabile si diede facoltà all’imputato di «trasferire la proprietà e il possesso dell’immobile» (p. 2). Inoltre, fu previsto l’obbligo di rendiconto (p. 3).
Ma il possesso si può trasferire solo se già lo si ha.
L’alienazione della proprietà di una cosa non comporta, ipso facto che l’alienante, nel trattenerla presso di sé, realizzi automaticamente la trasformazione del possesso nomine proprio in mera detenzione per conto dell’acquirente: invece, si deve accertare, caso per caso, in base al comportamento delle due parti contraenti rispetto al bene alienato, se la prosecuzione, da parte del venditore, dell’esercizio del potere di fatto sulla cosa sia invece qualificabile (ancora) in
termini di possesso, in quanto caratterizzata dall’intenzione di tenere la cosa presso di sé (ancora) come proprietario. In altri termini: da un negozio traslativo del diritto di proprietà (o di altro diritto reale), non segue automaticamente il trasferimento del possesso della cosa all’acquirente (costituto possessorio), perché tale trasferimento è, ex art. 1476 cod. civ., l’oggetto di una specifica obbligazione del venditore, per la quale non sono previste forme tipiche. Ne consegue che, nell’ipotesi in cui l’alienante trattenga la cosa presso di sé, occorre accertare caso per caso, in base al comportamento delle parti e dalle clausole contrattuali che non siano di mero stile, se la continuazione, da parte dell’alienante stesso, dell’esercizio del potere di fatto sulla cosa sia accompagnata dall’animus rem sibi habendi, ovvero configuri una detenzione nomine alieno (Sez. 2, n. 31434 del 13/11/2023, Rv. 669407; Sez. 2, n. 6331 del 18/04/2003, Rv. 562343).
6. La sentenza impugnata non chiarisce se e come NOME e NOME moglie (medio tempore defunta) effettivamente esercitarono la signoria di fatto sul bene che si assume sovvertita dalla condotta ascritta all’imputato (Sez. 2, n. 2032 del 24/01/2019, Rv. 652249; Sez. 2, n. 17567 del 31/08/2005, Rv. 583357).
In definitiva nulla emerge circa le (eventuali) comunicazioni che avvennero tra NOME e NOME nei dieci anni che intercorsero tra il rilascio della procura irrevocabile a vendere e l’alienazione dell’immobile, neanche circa l’aspetto relativo all’adempimento da parte dell’imputato dell’obbligo di rendicontazione previsto dalla procura conferitagli.
Gli accertamenti relativi ai connotati fattuali della vicenda competono ai giudici di merito, ai quali pure è demandata la ricostruzione delle volontà espresse dalle parti in un negozio giuridico Tale ricostruzione non è sindacabile dalla Corte di cassazione, se effettuata senza violare le norme stabilite dalla legge per l’interpretazione dei negozi giuridici e se sorretta da congrua e logica motivazione, mentre compete alla Corte di cassazione la qualificazione dei risultati di tale ricostruzione (Cass. civ.: Sez. 1, n. 9461 del 09/04/2021, Rv. 661265; Sez. 3, n. 15603 del 04/06/2021, Rv. 661741; Sez. 4, n. 4754 del 18/11/2020, dep. 2021, Rv. 280483; Sez. 1, n. 27136 del 15/11/2017, Rv. 646063).
Soltanto sulla base degli accertamenti prima indicati potrà valutarsi la rilevanza penale della condotta ascritta all’imputato e, eventualmente, trarne la specifica/me qualificazione in termini di reato.
Su queste basi, la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio a altra Sezione della Corte di appello di Messina.
Ne deriva che il terzo motivo di ricorso perde rilevanza attuale.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Messina. Così deciso il 13/03/2024