Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20921 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20921 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata a NAPOLI il 21/03/1995
avverso la sentenza del 24/09/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 24/9/2024, la Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza del GIP del Tribunale di Monza, in data 16/5/2023, che aveva ritenuto NOME responsabil del “reato di cui all’art.4 comma 4 I. 401/1989… perché esercitava, nella sala scommes Stanleybet, l’esercizio abusivo di scommesse, perché priva del relativo titolo autorizzativ polizia” e l’aveva condannata, applicata la riduzione prevista per il rito, alla pena di anni reclusione ed C 14.000,00 di multa, con pena sospesa e non menzione.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’imputata, a mezzo del difensore, che, con il primo motivo, denuncia la violazione dell’art. 4 I. 401/1989 “così come interpre dalla giurisprudenza europea e dalla giurisprudenza di legittimità nazionale”. In estrema sint si deduce che la Corte territoriale aveva dato rilievo decisivo al fatto che la difesa non
provato che la società Stanleybet avesse partecipato a un bando e fosse stata illegittimament esclusa dalla gara, senza considerare che nella giurisprudenza comunitaria era cristallizzato principio secondo cui era onere dell’accusa “accertare l’effettiva sussistenza della fattispec qua, anche con riguardo al carattere non illecito del bando di gara”. Si aggiunge che pluri sentenze di merito avevano accertato che la “gara pubblica dell’anno 2012” aveva avuto “un concreto carattere discriminatorio per la società RAGIONE_SOCIALE perché l’obbligo di cessione a ti gratuito di tutti i beni materiali e immateriali alla Pubblica Amministrazione non fu impo precedenti concessionari”.
Con il secondo motivo, si denuncia la violazione dell’art. 4 I. 401/1989 e degli artt. cod. pen. in relazione all’ “ignoranza inevitabile della legge penale ed assenza dell’eleme soggettivo”. Si assume che l’errore in cui era incorsa l’imputata era relativo a una legge div da quella penale per la quale vi erano state “innegabili oscillazioni diacroniche e sincronic ordine alla sua compatibilità con il diritto europeo”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile risultando le censure in cui si articola manifestamente info o non proponibili in sede di legittimità.
Il primo motivo prospettante la violazione di legge è inammissibile per genericità, confrontandosi con la motivazione che sorregge la condanna.
La difesa, infatti, tratta solamente la questione del regime giuridico dell’allibratore st in questo caso con sede in Malta, non facendo alcun riferimento alla motivazione sviluppata nel sentenza impugnata.
La ricostruzione dei fatti cui è pervenuto il GIP, richiamata dalla Corte territoriale, non contestata dalla difesa per cui può ritenersi accertato che l’imputata era titolare del scommesse della RAGIONE_SOCIALE di Lissone, INDIRIZZO ed operava “scommesse a mezzo di proprio conto gioco collegato al bookmaker estero RAGIONE_SOCIALE, con sede a Malta, senza la prescritta autorizzazione amministrativa”.
La sentenza, quindi, fonda il giudizio di responsabilità non tanto sul fatto che l’imputat legata alla RAGIONE_SOCIALE, società estera che non era titolare della concessione statale, quanto s circostanza che l’imputata, al fine di consentire le giocate, metteva a disposizione dei cli proprio conto-giochi, cosicché era lei stessa che figurava quale “scommettitore”, rispetto operazioni poste in essere per conto dei terzi interessati con la predetta società. Tale mod procedere configura, come osservato dalla ormai consolidata giurisprudenza di legittimità, un illegittima intermediazione che rende irrilevante la questione dell’esistenza di titoli autor o concessori in capo alla società estera, essendo il legame con la stessa una mera occasione per l’esercizio illecito della raccolta di scommesse da parte dell’imputata. Trova, quindi, applica il principio secondo cui, in tema di esercizio abusivo di attività di gioco o scommessa, l’ posto in essere, mediante attività di intermediazione e raccolta diretta delle scommesse,
condotta prevista dall’art. 4, comma 4-bis, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, che non si limitata alla mera trasmissione delle scommesse effettuate dai clienti ad un allibratore strani esclude ogni profilo discriminatorio nella partecipazione dello stesso alle gare, dal momento c l’attività e la conseguente necessità di titolo autorizzativo va individuata direttamente in all’operatore italiano (ex plurimis, Sez. 3, n. 50289 del 11/7/2023, Bivona; Sez. 3, n. 88 28/06/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271977 – 01; Sez. 3, n. 44381 del 15/09/2016, COGNOME, Rv. 269282 – 01; Sez. 3, n. 19248 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252623 – 01).
Va quindi ribadito che, qualora il gestore di un centro scommesse italiano affiliato a bookmaker straniero metta a disposizione dei clienti il proprio conto-giochi o un conto gioc intestato a soggetti di comodo, consentendo la giocata senza far risultare chi la abbia realmen effettuata, il suo legame con detto bookmaker diviene irrilevante, configurandosi come una mera occasione per l’esercizio illecito della raccolta di scommesse.
Per completezza, va chiarito che il motivo propone argomenti in punto di diritto che no trovano riscontro nel più recente panorama giurisprudenziale.
Si assume che la sentenza Laezza della CGUE avrebbe riconosciuto la natura discriminatoria della gara indetta con il d.l. n. 16 del 2012 (cd. Bando Monti) per effetto della contrarietà clausola n. 25 dello schema della convenzione, prevista dall’art. 1, comma 78, lett. b) punto della legge di stabilità 2011, agli artt. 49 e 56 del TFUE in quanto impositiva al concession dell’obbligo di cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività anche so scadenza del termine della concessione, l’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco.
Questa Corte, però, haZ GLYPH perol già avuto modo di precisare “che nella richiamata sentenza emessa il 28 gennaio 2016 dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in esito alla causa n. 375/14 Laezza c. Italia, la Corte di Lussemburgo con riguardo alla clausola della cessione no onerosa dei beni materiali e immateriali alla data di scadenza della concessione, e alla questio circa la proporzionalità o meno di tale clausola in rapporto agli obiettivi perseguiti dal leg nazionale, ha affermato che (§ 41) «nell’ipotesi in cui il contratto di concessione, conclus una durata sensibilmente più breve di quella dei contratti conclusi prima dell’adozione del decr legge del 2012, giunga alla sua scadenza naturale, il carattere non oneroso di una siffa cessione forzata pare contrastare con il requisito di proporzionalità, in particolare q l’obiettivo di continuità dell’attività autorizzata di raccolta di scommesse potrebbe e conseguito con misure meno vincolanti, quali la cessione forzata, ma a titolo oneroso a prezzi mercato, dei beni in questione». In tale quadro, la valutazione circa la proporzionalità misura in esame spetterà al giudice del rinvio, il quale dovrà all’uopo «tenere anche conto valore venale dei beni oggetto della cessione forzata» (§ 42). Dunque è la stessa giurisprudenza della Corte di Lussemburgo a sollecitare una valutazione caso per caso, e non sul piano generale,
della compatibilità della normativa nazionale con quella unionale, demandandone l’espletamento al giudice del rinvio” ( Sez. 4, n. 31835 del 11/5/2023, Motta).
Sulla ripartizione del relativo onere probatorio, l’orientamento ormai consolidato ritiene “spetta a colui che invoca la discriminazione operata a suo carico, per effetto dell’ille diniego di autorizzazione per mancanza di concessione in capo all’operatore straniero, l’onere dimostrare gli elementi costitutivi della discriminazione che, se accertata dal giudice nazion comporta la disapplicazione della norma interna in contrasto con il diritto dell’unione c interpretato dalla Corte di Giustizia. L’onere probatorio in capo all’accusa si esaurisce c prova della condotta materiale e dell’assenza dell’autorizzazione ex art. 88 Tulps in capo a che esercita l’attività di raccolta e scommesse: è onere della difesa, invece, dimostrare l’assenza della licenza in realtà dipende dall’assenza in capo all’operatore straniero concessione determinata dalla mancata partecipazione al bando a sua volta dovuta alla antieconomicità delle clausole in esso contenute (in senso conforme, da ultimo, Sez. 3, n. 1524 del 02/03/2023, COGNOME, Rv. 284326; Sez. 4, n. 3975 del 19/01/2021, non massimata, che ha accolto il ricorso osservando che il ricorrente, attraverso tre consulenze prodotte, aveva por elementi di valutazione in concreto in ordine alla non proporzionalità della clausola di cessio titolo non oneroso dei beni allo scadere della concessione, assolvendo così l’onere della pro che su lui incombeva, mentre l’ufficio requirente non aveva assolto all’onere di controdedu rispetto a tali elementi) ” ( Sez. 4, n. 31835 del 11/5/203, COGNOME; conf. Sez. 3, n. 3531 3175/2024, COGNOME; Sez 3, n. 13657 del 16/2/2024, Strongone).
A ciò consegue, non essendo stato fornito alcun elemento utile al fine di consentire la veri dell’antieconomicità prospettata, che anche sotto il profilo in esame la violazione di denunciata non risulta sussistere.
4. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di impugnazione.
È insegnamento costante della Corte di Cassazione quello per cui il “dovere di informazione” attraverso l’espletamento di qualsiasi utile accertamento per conseguire la conoscenza dell legislazione vigente in materia, è particolarmente rigoroso per coloro che svolgo professionalmente una determinata attività, i quali, dunque, rispondono dell’illecito anch virtù di una culpa levis nello svolgimento dell’indagine giuridica. Per l’affermazione scusabilità dell’ignoranza occorre, dunque, che da un comportamento positivo degli organi amministrativi o da un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale, l’agente abbia trat il convincimento della correttezza dell’interpretazione normativa e, conseguentemente, dell liceità del comportamento tenuto (per tutte: S.U., n.854 del 10/06/1994, COGNOME, Rv.197885
Gravava, quindi, su Graf, come osservato dalla Corte territoriale, l’obbligo di accerta normativa applicabile al settore, sicché, non può limitarsi a richiamare i cont giurisprudenziali esistenti in materia per dimostrare la sua buona fede, imponendo al contrar il dubbio sulla liceità dell’attività l’astènsione dall’azione ( in tal senso Corte costituzi n.364 del 1988).
A ciò si aggiunga che la necessità di munirsi dell’autorizzazione per soggetti che svolgeva l’attività accertata a carico dell’imputata non è stata mai messa in discussione per cui un pr
di buona fede si sarebbe potuto porre qualora l’imputata avesse richiesto ella stessa il ril del titolo autorizzativo alla gestione delle scommesse, avendo, per effetto della condo
accertata svolto il ruolo di gestore in prima persona delle scommesse su eventi sportivi.
8. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente obblig per la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedime
Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versar
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che la ricorrente ver somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cass
delle ammende, esercitando la facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, I. n. 103 del 2017, aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso
inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come so indicate.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 18/4/2025