Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2704 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2704 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato a Messina il 12/06/1968, avverso la sentenza dell’11/03/2024 emessa dalla Corte di appello di Messina udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Messina ha confermato la condanna di NOME COGNOME decisa dal Tribunale di Patti ex art. 348 cod. pen. per avere egli abusivamente esercitato l’attività di odontoiatra nei modi descritti nella imputazione, ma ha ridotto la pena.
Nel ricorso presentato dal difensore di NOME si chiede l’annullamento della sentenza.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel ritenere inattendibile la testimone NOME COGNOME travisandone la dichiarazione e, in particolare, trascurando che la stessa ha
affermato di trovarsi casualmente nello studio in cui si trovava l’imputato, con il quale era in corso una operazione immobiliare, mentre il suo dentista di fiducia è il dottor COGNOME che svolge la sua attività in un altro studio e che il dottor COGNOME soltanto a titolo di cortesia, si prestò a verificare se il suo dente era dolente perché cariato, in attesa che la cura fosse apprestata da un dentista.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel ravvisare un esercizio abusivo della professione odontoiatrica nel semplice controllo di un dente dolente – per somministrare una terapia farmacologica da parte di NOME, che è un medico-chirurgo, e senza che sia stata provata una attività terapeutica odontoiatrica – solo perché svoltosi in uno studio dentistico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In assenza di specifici e riconoscibili elementi idonei a giustificare il sospetto di dichiarazioni consapevolmente false, il giudice deve presumere che il testimone abbia correttamente riferito quanto a sua effettiva diretta conoscenza e deve limitarsi a verificare la compatibilità tra il contenuto delle dichiarazioni testimoniali e le altre risultanze probatorie (Sez. 2, n. 16627 del 28/02/2007, COGNOME, Rv. 236652).
Invece, nella fattispecie la Corte di appello ha utilizzato in modi contrastanti le diverse componenti delle dichiarazioni della testimone, pur non essendo i loro contenuti radicalmente implausibili o affetti da interne incompatibilità.
Prima, nella sentenza, si riconosce che il medico (non odontoiatra) Valenti avrebbe potuto ispezionare il cavo orale, ma limitando il suo intervento alla prescrizione di un antibiotico o di qualche lavaggio, in attesa dell’eventuale intervento di un odontoiatra (p. 3).
Poi, invece, si assume, ultroneamente, che l’imputato «recandosi in uno studio odontoiatrico e svolgendosi un esame con le apparecchiature proprie della professione medica svolgeva un atto medico al quale non era abilitato» (p. 3).
In ogni caso, quel che rileva per la qualificazione della condotta è lo specifico concreto contenuto materiale della stessa e, nella fattispecie, non risulta che l’imputato, che è un medico-chirurgo, abbia fatto qualcosa di più che ispezionare il cavo orale della paziente, come indicato nel capo di imputazione (nel quale, per altro verso, risulta inappropriato il richiamo all’art. 11 r.d. 31 maggio
1934, che riguarda il divieto , per gli «odontotecnici (…) di esercitare (…) alcuna manovra (…) nella bocca del paziente».
Su queste basi, va ribadito che non integra il reato di esercizio abusivo di una professione il compimento senza titolo di atti che, pur non attribuiti singolarmente e in via esclusiva a una determinata professione, siano univocamente individuati come di competenza specifica di essa, se il loro compimento non è realizzato con modalità tali – per continuatività, onerosità e organizzazione – da creare, in assenza di chiare indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un’attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato (Sez. U, n. 11545 del 15/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251819; Sez. 6, n. 5319 del 28/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286080).
Pertanto, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, perché il fatto non sussiste.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste. Così deciso il 12/12/2024