Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 24394 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 24394 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/02/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ALESSANDRIA
nel procedimento a carico di:
NOME nato il 01/01/1987
avverso l’ordinanza del 19/11/2024 del GIUD. SORVEGLIANZA di NOME
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’atto impugnato;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 19/11/2024, il Magistrato di sorveglianza di Alessandria ha disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero in sede per l’emanazione dell’ordine di esecuzione con fine pena aggiornato e dell’ordine esecutivo relativo alla posizione del condannato NOME COGNOME
1.1 Questi era stato condannato con sentenza in data 31/03/2023, irrevocabile dal 27/10/2023 alla sanzione sostitutiva della detenzione domiciliare e il Magistrato di sorveglianza vi aveva dato esecuzione. Con successiva ordinanza in data 21/10/2024 il Magistrato di sorveglianza gli ha concesso giorni 90 di liberazione anticipata e ha trasmesso gli atti alla Procura in sede per l’esecuzione ai sensi dell’art. 659 cod. proc. pen.
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Alessandria ha restituito gli atti al Magistrato di sorveglianza, sostenendo che, in assenza di una specifica norma attributiva della competenza al pubblico ministero, l’esecuzione delle sanzioni sostitutive spetta alla magistratura di sorveglianza.
Il Magistrato di sorveglianza di Alessandria non ha condiviso tale conclusione interpretativa del Procuratore della Repubblica.
Ha, in particolare, evidenziato che il Pubblico Ministero, in base all’art. 655 cod. proc. pen., deve curare d’ufficio l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali; sicchŁ in via generale a lui Ł affidato tale compito, salvo espresse deroghe.
L’art. 62 della legge n. 689/1981 prevede che sia il Magistrato di sorveglianza a stabilire contenuti e modalità dell’esecuzione, ma tale disposizione non può considerarsi di deroga alla competenza generale del pubblico ministero, poichØ in quel contesto per «esecuzione» deve intendersi la gestione della misura nel suo dipanarsi e non la vera e propria messa in esecuzione.
A sostegno di questa tesi soccorrerebbe il dettato dell’art. 69 ord. pen., che, al comma 3, prevede che il magistrato di sorveglianza sovrintende all’esecuzione delle misure di sicurezza personali; il fatto che, invece, nella prassi unanime, la messa in esecuzione di tali misure viene curata dal pubblico ministero, senza che si sia mai ventilata l’ipotesi che tale formulazione escluda la loro esecuzione da parte dell’organo inquirente, dimostra che il compito del magistrato di sorveglianza limitato al sovrintendere non esclude l’operatività delle regola generale dell’attribuzione delle competenze del pubblici ministero in materia di esecuzione.
Questo dato sarebbe altresì univocamente sintomatico del fatto che, stante la norma generale attributiva della competenza per l’esecuzione alle Procure della Repubblica, non Ł necessaria una disposizione specifica per individuare la competenza dell’autorità preposta all’esecuzione delle sanzioni sostitutive della semilibertà e della detenzione domiciliare
Inoltre l’art. 659 cod. proc. pen., che esprime un principio generale, prevede che il pubblico ministero Ł tenuto a eseguire i provvedimenti del Magistrato di Sorveglianza che comportano carcerazione o scarcerazione, e non può esservi dubbio che vi rientrino i provvedimenti relativi alle sanzioni sostitutive.
Tra i provvedimenti della magistratura di sorveglianza l’art. 678 cod. proc. pen. prevede anche le pene sostitutive.
Secondo il Magistrato di sorveglianza di Alessandria, non varrebbe ad obiezione il richiamo al novellato art. 661 cod. proc. pen., che prevede quale adempimento posto in capo al Procuratore della Repubblica esclusivamente la trasmissione della sentenza, visto che tale norma richiama l’art. 62 della legge n. 689/81, ove si stabilisce che, dopo questo adempimento, il provvedimento di esecuzione Ł notificato al difensore nominato per la fase di esecuzione o, in mancanza, a quello nominato per il giudizio.
Il provvedimento di esecuzione non può essere la stessa sentenza perchØ il testo previgente non conteneva la stessa formulazione; quindi la scelta della locuzione «provvedimento di esecuzione» Ł sintomo della volontà di dirimere ogni dubbio sulla necessità dell’intervento del pubblico ministero.
Altrettanto dirimente Ł il dettato dell’art. 657, comma 3, cod. proc. pen., che prevede la possibilità di chiedere con riguardo ai periodi espiati il ragguaglio al pubblico ministero o, in caso di condanna alla pena del lavoro di pubblica utilità sostitutivo, al giudice. Qui vi Ł una chiara distinzione tra le pene sostitute di competenza del magistrato di sorveglianza, espressamente indicate, e le altre che restano di competenza del pubblico ministero.
Infine, viene richiamato l’art. 70 della legge n. 689/1981, il quale, nel disciplinare il cumulo di piø condanne a pene sostitutive con rinvio all’art. 663 c.p.p., attribuisce al pubblico ministero la competenza a emettere il provvedimento di cumulo, anche ai fini delle determinazioni di cui all’art. 51-bis della legge n. 354/1975, a sua volta richiamato dall’art. 76 della legge n. 689/1981.
2. Avverso tale provvedimento propone ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Alessandria.
Lamenta l’inosservanza ed erronea applicazione delle norme di cui agli artt. 661 c.p.p. e 62 della legge n. 689/1981 e denuncia l’abnormità dell’atto impugnato.
In mancanza di una definizione legislativa, la giurisprudenza della Suprema Corte ha chiarito che un atto Ł affetto da abnormità non solo quando, per la singolarità e stranezza del suo contenuto, risulti estraneo all’ordinamento processuale, ma anche quando costituisca esercizio di un potere non previsto o esercitato in una situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge.
Il provvedimento impugnato risulterebbe abnorme sia sotto il profilo strutturale, in quanto adottato al di fuori di ogni previsione normativa, sia sotto il profilo funzionale, poichØ determina una indebita stasi del processo esecutivo con riferimento alla determinazione della pena da espiare e alla fissazione del termine di fine pena.
L’art. 656 c.p.p. prevede che il Pubblico Ministero emette ordine di esecuzione per la carcerazione del condannato quando deve essere eseguita una pena detentiva. Il Magistrato di Sorveglianza, invece, con il provvedimento impugnato, ha disposto che il Pubblico Ministero emettesse un ordine di esecuzione relativamente a una pena sostitutiva della detenzione domiciliare, in violazione della disciplina normativa vigente. L’ordine impartito dal Magistrato di Sorveglianza si tradurrebbe in un’indebita ingerenza nelle prerogative del Pubblico Ministero, imponendogli un adempimento che non gli compete, in quanto l’esecuzione delle pene sostitutive, per espressa previsione normativa, Ł riservata al Magistrato di Sorveglianza stesso.
La riforma di cui al d.lgs. 150/22 (legge Cartabia) ha infatti delineato un sistema differenziato per l’esecuzione delle pene, distinguendo tra pene detentive, pene pecuniarie e pene sostitutive, affidando l’esecuzione di queste ultime al Magistrato di Sorveglianza, senza prevedere alcun ordine di esecuzione da parte del Pubblico Ministero.
L’art. 661 c.p.p. stabilisce che, quando deve essere eseguita una sentenza di condanna a una pena sostitutiva della semilibertà o della detenzione domiciliare, il Pubblico Ministero trasmette la sentenza al Magistrato di Sorveglianza, che provvede senza ritardo ai sensi dell’art. 62 della legge n. 689/1981. La norma non prevede alcun obbligo per il Pubblico Ministero di emettere un ordine di esecuzione, bensì gli attribuisce solo il compito di provvedere alla semplice trasmissione della sentenza.
Alla luce di tali considerazioni, il provvedimento impugnato sembrerebbe in contrasto con il quadro normativo vigente, determinando una procedura non prevista dalla legge e imponendo al Pubblico Ministero un’attività che non rientra nelle sue attribuzioni.
E infatti, l’art. 661 c.p.p., nella sua formulazione attuale, attribuisce al Pubblico Ministero un ruolo meramente propulsivo nell’esecuzione delle pene sostitutive, analogamente a quanto previsto in passato per l’esecuzione delle sanzioni sostitutive. Al momento dell’emissione di tale provvedimento, il Pubblico Ministero non dispone degli elementi necessari per emettere un ordine di esecuzione, dovendo ancora intervenire il Magistrato di Sorveglianza. La normativa vigente non prevede, infatti, che il Pubblico Ministero sia destinatario di una comunicazione relativa all’effettiva sottoposizione del condannato alla misura da parte dell’ufficio di pubblica sicurezza. Ai sensi dell’art. 62 della legge n. 689/1981, il Pubblico Ministero riceve solo l’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza, senza che gli venga trasmesso il verbale attestante l’inizio dell’esecuzione della pena sostitutiva.
Di conseguenza, il Pubblico Ministero non Ł in grado di emettere un ordine di esecuzione successivo nØ di determinare il termine di fine pena, non dovendo essere nemmeno informato dell’inizio dell’esecuzione. La lettura coordinata delle disposizioni normative evidenzia che l’esecuzione della pena sostitutiva inizia solo con la notifica dell’ordinanza al condannato e la redazione del verbale di sottoposizione alle prescrizioni impartite dal Magistrato di Sorveglianza. Ne consegue che Ł lo stesso Magistrato di Sorveglianza a dover adottare tutti i provvedimenti
conseguenti all’inizio dell’esecuzione, compresa la determinazione del fine pena.
¨ essenziale, infatti, che il condannato sia informato sin dall’inizio della durata della pena da espiare e delle prescrizioni a cui deve attenersi, così come devono esserlo le forze di polizia incaricate dei controlli, l’UEPE e, in caso di semilibertà, il direttore dell’istituto penitenziario.
Il Procuratore ricorrente sostiene che la necessità che sia il Magistrato di Sorveglianza a determinare il termine di fine pena emerge anche dal secondo comma dell’art. 62 della legge n. 689/1981, il quale stabilisce che, ricevuta l’ordinanza, Ł l’organo di polizia che provvede alla sua consegna al condannato, ingiungendogli di attenersi alle prescrizioni e di presentarsi all’UEPE. Inoltre, dispone il ritiro di armi, munizioni, esplosivi e passaporto, apponendo l’annotazione ‘documento non valido per l’espatrio’ sui documenti equipollenti, per la durata della pena.
Gli adempimenti espletati vengono verbalizzati e notificati al questore, agli uffici competenti e, nel caso della semilibertà, al direttore dell’istituto di detenzione. Pertanto, la determinazione della durata della pena, dalla quale derivano tali effetti, deve necessariamente essere contenuta nell’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza, non potendo essere rimessa all’organo di polizia. Quest’ultimo, al momento della redazione del verbale di sottoposizione, deve informare il condannato, il questore e gli altri uffici competenti anche sul termine della pena.
Diversamente da quanto previsto per l’esecuzione della detenzione domiciliare come misura alternativa, l’art. 62 della legge n. 689/1981 non prevede l’emissione di un successivo ordine di esecuzione da parte del Pubblico Ministero, al quale l’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza non deve neppure essere notificata.
Ciò confermerebbe che l’ufficio di procura Ł escluso dall’esecuzione delle pene sostitutive. Tale esclusione si desume anche dalla disciplina dell’art. 659 c.p.p. e dell’art. 100 del d.P.R. n. 230/2000, i quali regolano l’esecuzione delle misure alternative, prevedendo che l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza venga notificata al Pubblico Ministero che cura l’esecuzione, all’autorità di pubblica sicurezza e all’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna. In questo caso, l’esecuzione avviene tramite un ordine di esecuzione emesso dal Pubblico Ministero e la misura alternativa decorre dalla data di notifica di tale ordine al condannato.
Il Procuratore ricorrente sostiene che la mancata previsione normativa di un analogo obbligo per le pene sostitutive non può ritenersi una svista del legislatore, bensì il risultato di una scelta precisa: quella di affidare l’intera esecuzione di tali pene a soggetti diversi dal Pubblico Ministero. Infatti, non Ł prevista alcuna comunicazione dell’inizio dell’esecuzione alla procura nØ alcuna interlocuzione del Pubblico Ministero nelle vicende successive all’inizio dell’esecuzione, come modifiche, sospensioni o revoche della pena sostitutiva, le quali restano di competenza esclusiva del Magistrato di Sorveglianza, delle forze di polizia e dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna.
A conferma di questa impostazione, l’art. 68 della legge n. 689/1981 disciplina la sospensione dell’esecuzione delle pene sostitutive in caso di notifica di un ordine di carcerazione o di altri provvedimenti restrittivi. In tali ipotesi, la durata residua della pena sostitutiva deve essere determinata dal giudice o dal Magistrato di Sorveglianza, senza alcun coinvolgimento del Pubblico Ministero. Il relativo provvedimento viene trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario e agli organi di polizia, ma non alla procura. Tale disposizione non solo conferma l’esclusione del Pubblico Ministero dal circuito informativo relativo all’esecuzione delle pene sostitutive, ma ribadisce il ruolo centrale del Magistrato di Sorveglianza nella gestione delle vicende esecutive. Se il Pubblico Ministero fosse titolare di poteri di controllo sull’esecuzione della pena sostitutiva, sarebbe necessario informarlo di ogni evento rilevante, come la sospensione o la ripresa dell’esecuzione. Il legislatore, invece, ha chiaramente evitato di attribuirgli tali competenze, delineando un sistema in cui l’intervento della procura si esaurisce con la trasmissione dell’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza agli organi preposti all’esecuzione. Un’ulteriore conferma di questa impostazione si rinviene nell’art. 69 della legge n. 689/1981, che disciplina la revoca della pena sostitutiva in caso di violazione delle prescrizioni.
Anche in questo caso, il procedimento si svolge senza il coinvolgimento del Pubblico Ministero: spetta infatti al Magistrato di Sorveglianza accertare l’inosservanza, disporre l’eventuale revoca e stabilire la nuova pena da eseguire. Il provvedimento di revoca viene comunicato agli organi competenti per l’esecuzione, ma non alla procura, confermando la sua estraneità a questa fase. L’assenza di un ruolo attivo del Pubblico Ministero nell’esecuzione delle pene sostitutive si giustifica alla luce della natura stessa di tali sanzioni.
Esse rappresentano un’alternativa alla detenzione, basata su un modello di esecuzione che privilegia il controllo giurisdizionale e l’intervento di autorità diverse dalla procura. Il sistema delineato dal legislatore mira a garantire una gestione piø flessibile e individualizzata della pena, affidandone l’attuazione a soggetti specializzati nella sorveglianza e nel reinserimento sociale del condannato. In conclusione, la normativa vigente esclude qualsiasi obbligo del Pubblico Ministero di emettere un ordine di esecuzione per le pene sostitutive, affidando ne integralmente la gestione al Magistrato di Sorveglianza, alle forze di polizia e all’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna.
Secondo il Procuratore della Repubblica ricorrente, insomma, questo assetto normativo risponde a una scelta consapevole del legislatore, volta a differenziare l’esecuzione delle pene sostitutive da quella delle pene detentive e delle misure alternative, limitando il ruolo della procura alla fase iniziale del procedimento. L’assenza di un obbligo di notifica dell’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza al Pubblico Ministero e la mancata previsione di un successivo ordine di esecuzione da parte della procura confermano che l’attuazione delle pene sostitutive si sviluppa interamente all’interno di un circuito distinto, incentrato sul controllo giurisdizionale e sulla collaborazione tra autorità di polizia e organi deputati alla gestione delle misure non detentive.
Tale scelta normativa, conclude il Procuratore della Repubblica impugnante, appare coerente
con la finalità rieducativa delle pene sostitutive e con l’obiettivo di garantire un’esecuzione piø aderente alle specifiche esigenze del condannato, senza inutili sovrapposizioni di competenze. In questo contesto, l’intervento del Pubblico Ministero si esaurisce con la fase di impulso iniziale, mentre la concreta esecuzione resta affidata ad autorità diverse, nel rispetto della disciplina vigente.
Per queste ragioni, l’Ufficio ricorrente chiede l’annullamento del provvedimento impugnato e l’adozione delle statuizioni conseguenti.
Il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso depositando memorie scritte e chiedendo l’accoglimento del ricorso l’annullamento del provvedimento impugnato.
Il Procuratore Generale ritiene fondata l’interpretazione delle norme, offerte dal Procuratore ricorrente, perchØ troverebbe conferma nella piø recente giurisprudenza di legittimità in ordine alla competenza funzionale a decidere in materia di revoca della detenzione domiciliare, che, secondo la Cassazione, spetta, anche dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, al magistrato di sorveglianza.
Il principio Ł stato affermando, chiarendo che «l’impulso avente ad oggetto l’avvio dell’esecuzione, sempre con primario riferimento alla pena sostitutiva che qui interessa, Ł affidato dalle indicate norme al pubblico ministero che ha il compito di trasmettere la sentenza al magistrato di sorveglianza del luogo del domicilio del condannato, contestualmente alla notificazione del provvedimento di esecuzione al difensore del condannato. ¨ poi il magistrato di sorveglianza a dover provvedere “senza ritardo” al compimento delle attività disciplinate dall’art. 62 cit. e, dopo aver verificato l’attualità delle prescrizioni, ad emettere, entro il quarantacinquesimo giorno dalla ricezione della sentenza, l’ordinanza, resa a norma dell’ad. 678, comma 1.bis, cod. proc. pen., che conferma nonchØ, se necessario, modifica le modalità di esecuzione e le prescrizioni della pena sostitutiva, con il seguito procedimentale esecutivo affidato alla sua direzione» (Sez. 1, n. 9282 del 12/01/2024, Rv. 285915 – 01).
Il Procuratore Generale riteneva altresì condivisibile la valutazione di abnormità del provvedimento del Tribunale di sorveglianza sia sul piano strutturale che funzionale per come evidenziata nel ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł fondato e deve essere accolto.
Il provvedimento emesso dal magistrato di sorveglianza in data 19/11/2024 Ł errato nella parte in cui «dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero per l’emanazione di ordine di esecuzione con fine pena aggiornato e dello stato esecutivo», in quanto prescrive l’emissione di un atto non previsto, nel caso di specie, dall’ordinamento processuale, e impone al pubblico ministero un’attività che esula dalle sue competenze e dalle sue oggettive possibilità.
Il sistema delle sanzioni sostitutive, come modificato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, stabilisce la competenza esclusiva del magistrato di sorveglianza sulla esecuzione di tali sanzioni, ad eccezione del solo lavoro di pubblica utilità.
L’art. 661, comma 1, cod. proc. pen., come modificato dalla c.d. riforma Cartabia, stabilisce che, quando deve essere eseguita una condanna alla pena sostitutiva della semilibertà o della detenzione domiciliare, «il pubblico ministero trasmette la sentenza al magistrato di sorveglianza, che provvede senza ritardo ai sensi dell’articolo 62 della legge 24 novembre 1981 n. 689».L’art. 62 della legge 689/1981, a sua volta, stabilisce che il pubblico ministero trasmette la sentenza che dispone una delle predette sanzioni sostitutive al magistrato di sorveglianza, e questi «procede a norma dell’art. 678, comma 1-bis, del codice di procedura penale»; ne consegue che il magistrato di sorveglianza deve emettere senza formalità e senza contraddittorio con le modalità descritte dall’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., l’ordinanza con cui conferma o modifica le modalità esecutive e le prescrizioni della pena.Tale ordinanza, prosegue il comma 1 dell’art. 62 citato, «Ł immediatamente trasmessa per l’esecuzione all’ufficio di pubblica sicurezza del comune in cui il condannato Ł domiciliato», o in mancanza all’Arma dei Carabinieri, nonchØ all’UEPE.L’ordinanza Ł immediatamente esecutiva, dal momento che l’organo di polizia, «appena ricevuta l’ordinanza», ne consegna copia al condannato ingiungendogli di attenersi alle prescrizioni e di presentarsi immediatamente all’UEPE, nonchØ adotta le ulteriori misure indicate dalla norma.
Il magistrato di sorveglianza, dunque, assume la decisione che comporta la esecuzione delle sanzioni sostitutive della semilibertà e della detenzione domiciliare, mentre il pubblico ministero come emerge dal limitato compito assegnatogli – esegue un adempimento che non comporta valutazioni discrezionali, non implica alcun apporto decisionale e nemmeno deve esprimere necessariamente alcuna richiesta (fatta salva la possibilità di rappresentare all’autorità giudiziaria
alla quale trasmettere la sentenza elementi che ritiene per la decisione di sua competenza).
E’ il magistrato di sorveglianza che statuisce in materia con un’ordinanza che deve intervenire entro quarantacinque giorni dal pervenimento della sentenza trasmessa dal pubblico ministero e che Ł resa necessaria dalla previa verifica dell’attualità delle prescrizioni, un apprezzamento qualificato dal quale deriva la conferma o la modifica di esse.
L’ esecuzione delle sanzioni sostitutive inizia con la consegna al condannato dell’ordinanza emessa dal magistrato stesso, senza che sia prevista l’emissione di alcun ordine di esecuzione da parte del pubblico ministero, ordine la cui finalità risulta del tutto assente nell’ambito della procedura delineata dal d.lgs. n. 150 del 10 ottobre 2022.
2.1. La competenza esclusiva del magistrato di sorveglianza nella cura dell’esecuzione delle predette sanzioni sostitutive risulta confermata dalle procedure stabilite agli artt. 64, 66 e 68 legge n. 689/1981: i provvedimenti di modifica delle loro modalità esecutive, di revoca a causa dell’inosservanza delle prescrizioni, di sospensione della loro esecuzione sono adottati dal magistrato di sorveglianza senza alcuna iniziativa o coinvolgimento del pubblico ministero, in quanto gli organi di polizia e l’UEPE, che controllano il condannato sottoposto a tali sanzioni, riferiscono eventuali problematiche o violazioni direttamente al magistrato stesso, il quale, senza interessare il pubblico ministero o acquisire il suo parere, altrettanto direttamente provvede.
L’art. 64 legge n. 689/1981 stabilisce, infatti, che «le prescrizioni imposte con l’ordinanza prevista dall’articolo 62» possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza «su istanza del condannato da inoltrare tramite l’ufficio di esecuzione penale esterna», e il provvedimento di modifica devono essere trasmessi non all’ufficio del pubblico ministero, bensì esclusivamente all’UEPE, all’organo di polizia o al direttore del carcere competenti per il controllo sull’adempimento delle prescrizioni (competenza attribuita a tali soggetti dall’art. 65 legge n. 689/1981).
Analogamente l’art. 66, secondo comma, legge n. 689/1981 stabilisce che i soggetti competenti per il controllo circa l’adempimento delle prescrizioni informano di ogni violazione «il giudice che ha applicato il lavoro di pubblica utilità ovvero il magistrato di sorveglianza che ha emesso l’ordinanza prevista dall’articolo 62», e lo stesso magistrato di sorveglianza svolge gli accertamenti che ritiene necessari e procede alla revoca della sanzione sostitutiva, con la procedura di cui all’art. 666 cod. proc. pen.
I soggetti tenuti a controllare l’adempimento delle prescrizioni, in base alle norme vigenti, hanno obbligo di riferire al magistrato di sorveglianza e non sono tenuti ad interloquire con il pubblico ministero.
La comunicazione delle violazioni comporta l’intervento del magistrato di sorveglianza che d’ufficio deve procedere, se occorre a svolgere accertamenti, e a fissare udienza, se ritiene – a prescindere da ogni eventuale richiesta del pubblico ministero – di revocare la sanzione sostitutiva.
Infine l’art. 68, terzo comma, legge n. 689/1981, stabilisceche, nel caso debba disporsi la sospensione della esecuzione della sanzione sostitutiva a causa del sopravvenire di una misura a carattere detentivo imposta per altra causa, «il giudice ovvero il magistrato di sorveglianza determinano la durata residua della pena sostitutiva e trasmettono il provvedimento al direttore dell’istituto in cui si trova il condannato», il quale deve informare anticipatamente l’organo di polizia della cessazione dell’esecuzione della detenzione, che determina automaticamente il ripristino della sanzione sostitutiva.
2.2 Coerenti con il sistema sin qui delineato sono poi tutte le altre disposizioni funzionali all’espiazione delle sanzioni sostitutive, per le quali viene formato un fascicolo presso la cancelleria del magistrato di sorveglianza ad ulteriore conferma della riserva di competenza a questa autorità dell’intera gestione della loro esecuzione.
Prevede difatti il comma 1 dell’art. 31 Reg. es. cod. proc. pen. che «per l’esecuzione delle
sanzioni sostitutive, la cancelleria del magistrato di sorveglianza iscrive in apposito registro l’estratto del provvedimento che le ha disposte e forma un fascicolo nel quale sono raccolti l’estratto medesimo e tutti gli atti del procedimento».
Di contro l’art. 21, coma 1 lett. a), Reg. es. cod. proc. pen. che prevede gli adempimenti della segreteria del pubblico ministero per l’esecuzione delle sentenze e dei decreti di condanna non indica le sentenze che applicano sanzioni sostitutive tra quelle che devono essere iscritte nel proprio registro delle esecuzioni, salvo che nel caso in cui venga disposta la conversione della sanzione sostitutiva in pena detentiva. In quel caso dovrà essere iscritto – oltre alla sentenza – anche il provvedimento che promuove l’esecuzione della sentenza.
Il dato normativo Ł sintomatico del fatto che la segreteria del pubblico ministero, a differenza di quella del magistrato di sorveglianza, non dovrà procedere ad iscrizione nel proprio registro delle esecuzioni delle sentenze applicative di sanzioni sostitutive, salvo che non pervenga al pubblico ministero per l’esecuzione un provvedimento del Magistrato di sorveglianza che ne disponga la conversione ai sensi dell’art. 66 l.n. 689/1981.
Infine – ultimo elemento di disciplina definitivamente coerente con il quadro sin qui delineato Ł il dettato dell’art. 70 l. n. 689/81, relativo all’ipotesi di esecuzione di sanzioni sostitutive concorrenti, da esaminare anche al fine di verificare se con riguardo alle ipotesi di cumulo che coinvolgono la competenza del pubblico ministero si traggano argomenti di sistema in ordine al riespandersi di una sua competenza generale quale quella che prospetta il provvedimento impugnato.
Ebbene l’art. 70 citato recita: «Quando contro la stessa persona sono state pronunciate, per piø reati, una o piø sentenze o decreti penali di condanna a pena sostitutiva, si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli da 71 a 80 del codice penale.
Se piø reati importano pene sostitutive, anche di specie diversa, e il cumulo delle pene detentive sostituite non eccede complessivamente la durata di quattro anni, si applicano le singole pene sostitutive distintamente, anche oltre i limiti di cui all’articolo 53 per la pena pecuniaria e per il lavoro di pubblica utilità.
Se il cumulo delle pene detentive sostituite eccede complessivamente la durata di quattro anni, si applica per intero la pena sostituita, salvo che la pena residua da eseguire sia pari o inferiore ad anni quattro.
Le pene sostitutive sono sempre eseguite dopo le pene detentive e, nell’ordine, si eseguono la semilibertà, la detenzione domiciliare ed il lavoro di pubblica utilità.
Per l’esecuzione delle pene sostitutive concorrenti si applica, in quanto compatibile, l’art. 63 cod. proc. pen. ¨ tuttavia fatta salva, limitatamente all’esecuzione del lavoro di pubblica utilità, anche concorrente con pene sostitutive di specie diversa, la competenza del giudice che ha applicato tale pena.»
Tale vigente formulazione dell’art. 70 l.n. 689/1981 Ł conseguente alla modifica apportatavi con dall’art. 71, comma 1 lett. t) d.lgs. 150/2022. Nella relazione illustrativa alla c.d. riforma Cartabia con riferimento a questa disposizione si spiega che essa intende integrare e adeguare la disciplina già esistente dell’esecuzione di pene concorrenti, il cui schema di fondo e la stessa denominazione della rubrica del suddetto art. 70 vengono mantenuti, lasciando inalterato il generale e fondamentale rinvio alle norme del concorso materiale di reati di cui agli articoli da 70 a 80 del codice penale, nonchØ alla disciplina omonima dell’esecuzione di pene concorrenti, di cui all’articolo 663 c.p.p., seppure – lo si specifica – per le pene detentive.
Il criterio del limite massimo di cumulabilità di pene sostitutive Ł fissato coerentemente con la definizione di ‘pena breve’ fino a anni quattro, per impedire che attraverso il cumulo di una pluralità di benefici di sostituzione delle pene detentive si aggiri il limite del tetto massimo della ‘pena breve’.
A fronte della regola dell’unitarietà della esecuzione delle pene concorrenti, ma al contempo della applicazione distinta di pene di specie diversa, nel comma 4 dell’art. 70 citato viene fissato il principio della decrescente afflittività nell’ordine cronologico dell’esecuzione delle pene.
Il cumulo di pene sostitutive, complessivamente inferiori ad anni quattro, Ł consentito anche se Ł eterogeneo, ma in tal caso, in ossequio al criterio della applicazione distinta di pene di specie diversa, si applicano le singole pene sostitutive una per volta e distintamente, secondo una sequenza basata sulla graduale decrescente afflittività.
Precisa ancora la relazione illustrativa che nel nuovo testo dell’art. 70 d.lgs. n. 150/2022 «il
quarto comma costituisce la piana applicazione del criterio della decrescente afflittività nell’ordine cronologico dell’esecuzione delle pene, sia esterno, per cui si applicanoper prime le pene detentive; sia interno, per cui le pene sostitutive si applicano secondo l’ordine di maggiore sacrificio della libertà personale. Il quinto comma stabilisce che per l’esecuzione delle pene sostitutive concorrenti si applica, in quanto compatibile, l’articolo 663 del codice di procedura penale, fermo restando che, limitatamente alla sola esecuzione del lavoro di pubblica utilità, anche concorrente con pene sostitutive di specie diversa, viene mantenuta la competenza del giudice che ha applicato tale pena».
Se il legislatore mantiene espressamente la competenza del giudice che ha applicato il lavoro di pubblica utilità e, nel richiamare la disposizione che riserva la competenza al pubblico ministero anche per il cumulo pene sostitutive concorrenti, la ritiene applicabile nei limiti della compatibilità con le nuove disposizioni, allora ciò vuole dire che non permane alcuna regola generale in base alla quale il pubblico ministero Ł esclusivo organo dell’esecuzione delle sanzioni sostitutive, e che invece nell’applicazione distinta di ciascuna sanzione sostitutiva debbano seguirsi le regole di competenza partitamente fissate per ciascuna di esse.
2.3 Deve allora concludersi che il sistema dell’esecuzione delle sanzioni sostitutive e del controllo sull’adempimento delle loro prescrizioni non contempla in alcuna eventualità l’intervento del pubblico ministero, al quale non Ł attribuito alcun potere di iniziativa nØ di segnalazione di eventuali violazioni, e neppure alcun coinvolgimento mediante la richiesta di pareri preventivi, nemmeno nell’ipotesi in cui sia chiamato ad emettere provvedimento di cumulo.
Già Sez. 1, n. 9282 del 12/01/2024, Rv. 285915, dirimendo un conflitto di competenza tra il magistrato di sorveglianza e il giudice per le indagini preliminari, ha così inquadrato il sistema normativo relativo all’esecuzione delle sanzioni sostitutive, affermando, al punto 2.2. del «Considerato in diritto», che «l’impulso avente ad oggetto l’avvio dell’esecuzione … Ł affidato dalle indicate norme al pubblico ministero che ha il compito di trasmettere la sentenza al magistrato di sorveglianza … E’ poi il magistrato di sorveglianza a dover provvedere ‘senza ritardo’ al compimento delle attività disciplinate dall’art. 62 cit.», e al punto 2.3. ha precisato che «il sistema, quindi, non contempla l’emersione di una competenza diversa daquella del magistrato di sorveglianza dall’avvio dell’esecuzione determinato dalla trasmissione da parte del pubblico ministero del titolo esecutivo al suddetto magistrato.Da quel momento Ł il magistrato di sorveglianza a dover assumere le conseguenti determinazioni».
2.4 Il provvedimento impugnato ordina al pubblico ministero di provvedere ai sensi dell’art. 659 cod. proc. pen. per calcolare il nuovo fine pena all’esito della concessione al condannato di 90 giorni di liberazione anticipata.
Gli richiede, pertanto, un adempimento non previsto dall’ordinamento, al quale il pubblico ministero non può attendere perchØ, dopo la trasmissione al Magistrato di sorveglianza non ha avuto nemmeno contezza del momento di inizio dell’esecuzione della sanzione sostitutiva, non essendo prevista la comunicazione all’ufficio requirente della data di consegna dell’ordinanza al condannato.
Tutti i provvedimenti precedenti o conseguenti alla gestione della fase dell’esecuzione delle sanzioni sostitutive sono annotati nel registro del Magistrato di sorveglianza, mentre il pubblico ministero non deve tenere alcuna annotazione del suo registro delle esecuzioni con riguardo alle sanzioni sostitutive.
L’ordinanza impugnata, pertanto, Ł manifestamente errata quanto a tale parte del suo contenuto, e contrasta con le norme relative all’esecuzione della sanzione sostitutiva della detenzione domiciliare, applicata al condannato.
Deve però valutarsi se il provvedimento emesso dal magistrato di sorveglianza, oltre che errato, sia abnorme, al fine di verificare l’ammissibilità del ricorso presentato dal pubblico ministero. Questi, infatti, ha proposto impugnazione in un caso non espressamente previsto dall’ordinamento.
3.1. La giurisprudenza di legittimità ha da tempo ritenuto ammissibile il ricorso in cassazione
avverso un provvedimento affetto da abnormità, anche nei casi in cui tale mezzo di impugnazione non Ł previsto, in deroga al principio di tassatività delle impugnazioni.Le Sezioni Unite hanno ripetutamente affermato la necessità di eliminare quegli atti per i quali non Ł stabilito uno specifico mezzo di impugnazione, ma che risultano affetti da una patologia non riconducibile alle categorie di vizio tipizzate, in quanto appaiono estranei al regolare iter procedimentale, ovvero costituiscono esercizio di un potere non attribuito all’organo decidente, e sono idonei a comportare una stasi nel procedimento.
Come precisato da Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590, «l’atto abnorme … può essere sottoposto a ricorso immediato per cassazione per la sua eccentricità», in quanto «la sua imprevedibilità non consente l’inserimento di esso tra gli atti impugnabili come tali tassativamente previsti.Peraltro … la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto indispensabile consentire di porre rimedio … con l’impugnazione in cassazione al fine di rimuovere un provvedimento non inquadrabile nel sistema o che si pone di impedimento allo sviluppo processuale».La medesima pronuncia, ribadendo principi consolidati, ha individuato una possibile abnormità di natura strutturale, rappresentata dai provvedimenti che, per singolarità o stranezza del contenuto, si pongono al di fuori del sistema organico della legge processuale, ovvero un’abnormità di natura funzionale quando l’atto stesso, pur non estraneo al sistema normativo e costituente, in astratto, manifestazione di legittimo potere da parte dell’organo che lo ha emesso, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo.
Tale sentenza, in merito ai rapporti tra giudice e pubblico ministero, ha ritenuto necessario limitare «l’ipotesi di abnormità strutturale al caso di esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall’ordinamento processuale … ovvero di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo di modello legale» e di limitare l’abnormità funzionale «all’ipotesi in cui il provvedimento giudiziario imponga al pubblico ministero un adempimento che concretizzi un atto nullo».Il principio di diritto ivi formulato recita, per la parte che qui interessa, che «non Ł abnorme il provvedimento del giudice emesso nell’esercizio del potere di adottarlo se ad esso non consegua la stasi del procedimento»: la stasi procedimentale, infatti, costituisce sempre una situazione di abnormità e comporta un grave vulnus ai diritti della persona, perchØ palesemente contrasta con il principio della ragionevole durata del processo, posto dall’art. 111, comma 2, Cost. tra le garanzie tipiche del «giusto processo».
3.2. Nel presente caso il provvedimento emesso dal magistrato di sorveglianza comporta, per quanto emerge dagli atti, una stasi procedimentale, in quanto l’imposizione al pubblico ministero di emettere l’ordine di esecuzione, che determini il fine pena anche al netto del già concesso periodo di liberazione anticipata appare subordinare gli effetti del beneficio della liberazione anticipata e quindi della rideterminazione della piø favorevole misura di pena da scontare, crea una situazione non superabile di stasi che impedisce di stabilire la durata della sanzione a cui l’ordinanza dovrebbe dare esecuzione.
Ne consegue che non potendo comunicarla al condannato e ai soggetti competenti per il controllo sull’adempimento delle prescrizioni, di fatto si ostacola, o addirittura si vanifica, il beneficio ottenuto dal condannato e lo svolgimento della sanzione sostitutiva nella diversa misura che ne consegue.
Deve pertanto affermarsi che l’ordinanza impugnata Ł affetta da abnormità di natura funzionale: essa Ł stata emessa dall’organo giudiziario competente e ne costituisce, almeno in astratto, manifestazione di legittimo potere, ma impone ad un diverso organo giudiziario l’emissione di un atto non previsto dall’ordinamento ed estraneo alle sue competenze, in particolare la determinazione del fine pena.
Si tratta di un compito che non rientra nei suoi poteri e che non Ł in grado di compiere.
Il ricorso proposto dal pubblico ministero, pertanto, deve essere ritenuto ammissibile, in quanto presentato avverso un provvedimento abnorme nella parte in cui impone alla Procura della
Repubblica gli adempimenti sopra indicati, non previsti dalle norme processuali.
L’ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata senza rinvio, essendo necessario eliminare un provvedimento estraneo al sistema della esecuzione delle sanzioni sostitutive e in grado di determinare una stasi procedimentale, e deve disporsi la trasmissione degli atti al magistrato di sorveglianza di Alessandria, per l’adozione dei necessari provvedimenti conseguenti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al magistrato di sorveglianza di alessandria per l’ulteriore corso.
Così Ł deciso, 21/02/2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME