Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7778 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7778 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ALI’ il 28/04/1958
avverso l’ordinanza del 23/09/2024 della Corte di Appello di Roma
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Roma, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza in data 23 settembre 2024, ha rigettato l’istanza proposta da NOME COGNOME con la quale lo stesso aveva rilevato che:
-il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti n. cum 378/2023 del 30 maggio 2023 è errato in quanto aelio stesso, preso atto che la sentenza del Tribunale di Roma il 22 ottobre 2018 oggetto del precedente provvedimento di esecuzione non era in realtà irrevocabile, ha scomputato solo anni tre di reclusione e non anni quattro e mesi sei, pena in effetti inflitta con in tal pronuncia;
-la revoca dell’indulto disposta, relativa alle sentenze del Tribunale di Roma del 4 dicembre 2007, irrevocabile il 31 gennaio 2008, e del Tribunale di Roma del 3 novembre 2009, irrevocabile il 25 novembre 2009, era errata in quanto l’interessato non aveva commesso alcun reato nel quinquennio.
Il giudice di esecuzione ha fondato la decisione evidenziando che:
la pena oggetto della sentenza di cui era stata dichiarata la irrevocabilità è stata correttamente scomputata in quanto nel provvedimento originario era inserita nella misura di anni tre, così come quantificata quale aumento in continuazione con altra condanna e non nella misura della pena originariamente inflitta, pari ad anni quattro e mesi sei;
l’istante aveva commesso un reato il 10 giugno 2010, cioè nel quinquennio, e che pertanto la revoca dell’indulto risultava correttamente disposta.
Nel dispositivo dell’ordinanza, poi, il giudice ha segnalato al Procuratore generale l’opportunità di aggiornare il provvedimento in relazione alla pena accessoria.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il condannato che, a mezzo del difensore, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione evidenziando che la soluzione adottata dal giudice dell’esecuzione sarebbe errata in quanto la pena avrebbe dovuto essere scomputata per l’intero e ciò per il fatto che la sentenza che aveva applicato la pena complessiva, in ciò calcolando la continuazione, era stata emessa sulla base di un presupposto errato, cioè l’avvenuto passaggio in giudicato di una sentenza che, invece, non era irrevocabile. Sotto tale profilo la decisione sarebbe manifestamente illogica e contraddittoria in quanto il giudice non avrebbe tenuto nell’adeguato conto lo sviluppo e il succedersi dei vari provvedimenti sul punto. La pena così determinata, cosa che risulterebbe anche dall’indicazione contenuta nel dispositivo circa la necessità di aggiornare il provvedimento, sarebbe palesemente errata e il provvedimento originario avrebbe dovuto essere ritenuto abnorme ovvero giuridicamente inesistente.
In data 13 novembre 2024 sono pervenute in cancelleria le osservazioni con le quali il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME chiede che il ricorso sia rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
In un unico motivo di ricorso la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione sia quanto alla pena scomputata che in ordine alla revoca dell’indulto.
Le censure sono infondate.
Il giudice dell’esecuzione, infatti, come evidenziato anche dal Procuratore generale, ha provveduto tenendo correttamente conto di quanto emerso.
Nello specifico.
Ha ritenuto che la pena era stata correttamente scomputata in quanto il provvedimento che la conteneva, quello emesso sulla base dell’errato presupposto che la sentenza era irrevocabile, aveva ritenuto la continuazione con altri fatti e aveva disposto un aumento di tre anni e questi erano stati pertanto calcolati e non quattro anni e sei mesi come ora pretende il ricorrente (la Corte di appello di Roma aveva applicato una pena complessiva di anni otto, così calcolata: anni cinque per il reato più grave, quello oggetto della sentenza pronunciata, aumentati di tre anni per il reato oggetto della sentenza del Tribunale di Roma, quella sub c) per cui in origine era stata determinata la pena in anni 4 e mesi sei).
Ha confermato che la revoca dell’indulto era stata disposta in ragione della commissione del reato di bancarotta da parte del ricorrente in data 10 giugno 2010, ovvero nel quinquennio dall’entrata in vigore della I. 31 luglio 2006 n. 241.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso Roma 29 novembre 2024
Il Consigli