Esecuzione Pena Estero: La Cassazione Fissa il Limite Minimo di Sei Mesi
L’esecuzione pena estero rappresenta una possibilità importante nel sistema giuridico europeo, consentendo a un condannato di scontare la propria pena nel proprio paese di origine o residenza. Tuttavia, questa facoltà è soggetta a precisi limiti normativi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza uno di questi paletti: la durata minima della pena residua. La Suprema Corte ha infatti confermato che, per accedere a misure alternative in un altro Stato membro, la pena da scontare non può essere inferiore a sei mesi, senza possibilità di deroghe.
Il Caso: La Revoca della Misura Alternativa
Il caso esaminato riguarda un cittadino condannato che aveva ottenuto dal Tribunale di Sorveglianza di Trieste l’autorizzazione a scontare la propria pena, tramite affidamento in prova, in un altro paese. Successivamente, lo stesso Tribunale ha revocato il provvedimento.
La ragione della revoca era puramente numerica: la pena residua da espiare ammontava a soli cinque mesi. Questo dato si è scontrato con la normativa di riferimento, il d.lgs. n. 38 del 2016, che stabilisce una soglia minima per l’applicazione di misure alternative al di fuori del territorio nazionale. Insoddisfatto della decisione, il condannato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo un’errata applicazione della legge.
L’Esecuzione Pena Estero e il Requisito Temporale
La normativa italiana, in attuazione di decisioni quadro europee, prevede un meccanismo di cooperazione giudiziaria che facilita il reinserimento sociale dei condannati. L’idea di fondo è che scontare una pena nel proprio ambiente sociale e familiare possa essere più efficace. Tuttavia, il legislatore ha posto dei limiti per garantire che la procedura, complessa e onerosa, sia attivata solo per periodi di pena significativi. Il d.lgs. n. 38 del 2016 fissa a sei mesi la durata minima della pena residua per poter beneficiare dell’esecuzione pena estero.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile perché manifestamente infondato. Secondo gli Ermellini, il testo della legge è inequivocabile. La norma che impone il limite minimo di sei mesi è chiara e non lascia spazio a interpretazioni estensive o a deroghe. Il Tribunale di Sorveglianza ha quindi agito correttamente nel revocare il provvedimento, applicando alla lettera la disposizione di legge.
La Suprema Corte ha sottolineato che la ‘lettera della legge’ non ammette ‘deroghe o interpretazioni alternative’. Di conseguenza, il requisito temporale non è un mero dettaglio procedurale, ma una condizione sostanziale e imprescindibile per attivare il meccanismo di cooperazione.
Le Conclusioni: Inammissibilità e Condanna alle Spese
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato due conseguenze dirette per il ricorrente. In primo luogo, la conferma della decisione del Tribunale di Sorveglianza: la pena dovrà essere eseguita in Italia. In secondo luogo, in base all’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, non essendo emersi elementi che potessero escludere una sua colpa nel presentare un ricorso palesemente infondato, è stato condannato anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza rafforza un principio di certezza del diritto: le condizioni per l’esecuzione pena estero sono tassative e devono essere scrupolosamente rispettate.
È possibile scontare una misura alternativa come l’affidamento in prova in un altro paese europeo?
Sì, è possibile, ma la normativa prevede che la durata della pena ancora da scontare debba essere di almeno sei mesi.
Cosa succede se la pena residua è inferiore a sei mesi?
In questo caso, come stabilito dalla Corte di Cassazione in questa ordinanza, la richiesta di esecuzione della misura all’estero non può essere accolta e la pena deve essere scontata in Italia. Il limite di sei mesi è un requisito inderogabile.
Quali sono le conseguenze se si presenta un ricorso in Cassazione ritenuto ‘manifestamente infondato’?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, in assenza di prove che escludano la sua colpa, al pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34881 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34881 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/01/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di TRIESTE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Con ordinanza emessa in data 16 gennaio 2024 il Tribunale di Sorveglianza di Trieste ha disposto, nei confronti di NOME COGNOME, l’esecuzion dell’affidamento in prova in Italia, al contempo revocando un precedente provvedimento con cui si disponeva l’esecuzione della misura alternativa in territorio estero. Il motivo della revoca della precedente decisione sta n esiguità (mesi cinque) della pena oggetto di esecuzione, posto che ai sens del d.lgs. n.38 del 2016 la esecuzione all’estero di misure alternative impo un periodo minimo di sei mesi.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme Ardi legge – NOME COGNOME deducendo erronea applicazione di legge.
Il ricorso va dichiarato inammissibile perché proposto per motivi manifestamente infondati.
Ed invero, la lettera della legge – quanto al periodo minimo di esecuzione all’est – non contente deroghe o interpretazioni alternative, così come ritenuto d Tribunale di Sorveglianza di Tfrieste.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilit al versamento a favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. pro pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 20 giugno 2024
Il Consigliere estensore
Il Bresidente