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Esecuzione pena a domicilio: il pericolo di fuga la nega

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del Tribunale di Sorveglianza di negare l’esecuzione pena a domicilio a una donna condannata a meno di diciotto mesi. La decisione si fonda sul concreto pericolo di fuga, dimostrato dal fatto che la donna si era resa irreperibile in due precedenti occasioni per sottrarsi alla giustizia. Secondo la Corte, il comportamento pregresso giustifica pienamente il diniego del beneficio.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esecuzione Pena a Domicilio: Quando il Pericolo di Fuga Prevale

L’esecuzione pena a domicilio, introdotta per alleggerire il sovraffollamento carcerario, rappresenta un’importante modalità di espiazione per pene brevi. Tuttavia, non è un diritto incondizionato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce che un concreto pericolo di fuga, desunto dal comportamento passato del condannato, è motivo sufficiente per negare questo beneficio. Analizziamo insieme la decisione per capire i limiti di applicazione di questa misura.

I Fatti del Caso

Una donna, condannata a una pena detentiva inferiore a diciotto mesi, presentava istanza per poterla espiare presso il proprio domicilio, ai sensi della Legge n. 199 del 2010. Il Tribunale di Sorveglianza, però, respingeva la richiesta.
La decisione del Tribunale si basava su due elementi cruciali del passato della ricorrente:
1. In precedenza, dopo aver ottenuto l’affidamento in prova al servizio sociale, si era resa irreperibile ancora prima di firmare il verbale con le prescrizioni, portando alla revoca della misura.
2. Successivamente, si era sottratta a un ordine di carcerazione, tanto che le autorità avevano dovuto emettere un verbale di “vane ricerche”.

Questi episodi venivano interpretati dal giudice come chiari indicatori di un elevato pericolo di fuga e di una generale pericolosità sociale. Insoddisfatta della decisione, la donna ricorreva in Cassazione, sostenendo una violazione della legge e un vizio di motivazione.

L’Esecuzione Pena a Domicilio e il Pericolo di Fuga

È fondamentale distinguere l’istituto in esame, previsto dalla Legge n. 199/2010, dalla detenzione domiciliare ordinaria (art. 47-ter Ord. pen.). La prima è una speciale modalità esecutiva nata per far fronte a emergenze carcerarie, applicabile a pene (anche residue) fino a 18 mesi. Il suo scopo è permettere l’esecuzione di pene brevi fuori dal carcere per soggetti ritenuti di scarsa pericolosità.

La legge stessa, però, prevede delle cause di esclusione. Il beneficio non può essere concesso se:
– Esiste la concreta possibilità che il condannato si dia alla fuga.
– Sussistono ragioni specifiche per ritenere che possa commettere altri reati.
– Il domicilio indicato non è idoneo.

La valutazione del giudice, quindi, non riguarda la “meritevolezza” del condannato, come per altre misure alternative, ma si concentra sulla verifica dell’assenza di queste condizioni ostative. Il pericolo di fuga, in particolare, assume un ruolo centrale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo la decisione del Tribunale di Sorveglianza del tutto corretta e priva di vizi logici. La motivazione della Cassazione si articola su un punto chiave: la valutazione del pericolo di fuga deve basarsi su elementi concreti, e il comportamento passato del reo è l’indicatore più affidabile.

I giudici hanno sottolineato che la doppia e volontaria sottrazione all’esecuzione della pena da parte della ricorrente non era un’ipotesi astratta, ma un fatto accertato. Questo comportamento dimostrava una chiara tendenza a eludere la giustizia. Le giustificazioni fornite dalla difesa, definite “generiche e assertive” (un presunto allontanamento all’estero per motivi personali), non sono state ritenute sufficienti a sminuire la gravità dei precedenti episodi.

La Corte ha quindi ribadito che il giudice ha il dovere di valorizzare tali elementi nel decidere se concedere o meno l’esecuzione pena a domicilio. La scelta di negare il beneficio, fondata sull’elevato rischio che la donna potesse rendersi nuovamente irreperibile, è stata considerata una corretta applicazione della legge.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale nell’esecuzione penale: i benefici previsti per favorire il reinserimento sociale e ridurre il sovraffollamento carcerario sono subordinati alla garanzia che la pena venga effettivamente eseguita. Un condannato che ha già dimostrato in modo reiterato di non voler sottostare alle decisioni della giustizia non può pretendere di accedere a modalità esecutive che si basano sulla fiducia e sull’autocontrollo. Il pericolo di fuga, se supportato da prove concrete come la precedente irreperibilità, costituisce un ostacolo insormontabile alla concessione dell’esecuzione della pena presso il domicilio.

Cos’è l’esecuzione della pena a domicilio prevista dalla Legge n. 199/2010?
È una modalità speciale per scontare pene detentive non superiori a 18 mesi presso la propria abitazione o un altro luogo idoneo. È stata introdotta per ridurre il sovraffollamento carcerario ed è destinata a condannati considerati di scarsa pericolosità.

Un condannato che si è reso irreperibile in passato può ottenere l’esecuzione della pena a domicilio?
No. La sentenza chiarisce che il comportamento passato è un elemento fondamentale di valutazione. Se una persona si è già sottratta alla giustizia, questo dimostra un concreto pericolo di fuga, che è una causa di esclusione specifica prevista dalla legge per la concessione di tale beneficio.

La valutazione per l’esecuzione della pena a domicilio è la stessa delle altre misure alternative?
No. A differenza di misure come l’affidamento in prova, dove si valuta la meritevolezza del condannato e il suo percorso rieducativo, per l’esecuzione della pena a domicilio il giudice deve principalmente verificare che non sussistano le cause di esclusione previste dalla legge, come il pericolo di fuga o di commissione di altri reati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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