Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18475 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18475 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nata a San Cataldo il 09/08/1993 avverso l’ordinanza del 08/11/2024 del Tribunale di Sorveglianza di Caltanissetta visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria d’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in preambolo il Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta ha respinto il reclamo di NOME COGNOME avverso il precedente provvedimento del Magistrato di sorveglianza che, in data 1° agosto 2024, aveva respinto l’istanza dalla stessa formulata di esecuzione della pena detentiva inferiore a diciotto mesi presso il proprio domicilio, ai sensi dell’art. 1 della 26 novembre 2010, n. 199.
A ragione della decisione ha, in primo luogo, richiamato la circostanza – attestata dallo stato di esecuzione della pena – che la condannata, ammessa con ordinanza del Tribunale di sorveglianza in data 22 ottobre 2021 alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, si era resa irreperibile ancor prima ancora di sottoscrivere il verbale contenente le relative prescrizioni, sicchØ, in data 18 marzo 2022, il Giudice specializzato aveva dichiarato l’inefficacia dell’ordinanza ammissiva alla indicata misura alternativa.
Ha, poi, osservato che, in seguito a detto provvedimento, la condannata si era sottratta all’ordine di carcerazione emesso dal Procuratore della repubblica di Caltanissetta in data 22 marzo 2022, sicchØ nei suoi riguardi era stato emesso, in data 28 marzo 2022, il verbale di vane ricerche.
Il Giudice specializzato ha, dunque, osservato che detti elementi rendevano evidente il pericolo di fuga e la conseguente pericolosità della condannata.
Ricorre per cassazione COGNOME, tramite il difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME e
deduce – con un unico motivo – la violazione dell’art. 1 della legge n. 199 del 2010 e il correlato vizio di motivazione, in punto di ritenuta insussistenza dei presupposti per l’accesso all’invocata modalità di esecuzione della pena.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME con conclusioni scritte pervenute il 15 gennaio 2025, ha prospettato la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, che deduce censure infondate, dev’essere rigettato.
Nel caso di specie si verte in tema di applicazione dell’esecuzione della pena a domicilio disciplinata dall’art. 1 legge 26 novembre 2010, n. 199 in base al quale Ł previsto che «la pena detentiva non superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, Ł eseguita presso l’abitazione del condannato o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza (…)».
Non Ł superfluo premettere che le cause di esclusione da tale particolare modalità esecutiva della pena riguardano: i condannati a taluno dei delitti indicati dall’art. 4-bis legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.), i delinquenti abituali, professionali o per tendenza, ai sensi degli artt. 102, 105 e 108 cod. pen., i detenuti sottoposti al regime di sorveglianza particolare ex art. 14-bis Ord. pen., salvo il caso di accoglimento del reclamo previsto dall’art. 14-ter Ord. pen., il caso in cui vi sia la concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga, o ricorrano specifiche e motivate ragioni per ritenere sussistente il pericolo di commissione di altri delitti ovvero quando non vi sia l’idoneità e l’effettività del domicilio, anche in funzione della tutela delle persone offese dal reato.
La legge n. 199 del 2010 non ha previsto, quindi, una misura alternativa alla detenzione diversa e ulteriore da quella disciplinata dall’art. 47-ter Ord. pen. avendo inteso, in ragione della condizione contingente di sovraffollamento carcerario, introdurre una speciale modalità di esecuzione della pena attuativa della finalità rieducativa di cui all’art. 27 Cost., allo scopo di rendere possibile l’esecuzione delle pene detentive brevi in luoghi esterni al carcere.
L’applicazione Ł stata, peraltro, limitata ai condannati a pene brevi, anche se parte di una pena maggiore, ritenuti di scarsa pericolosità.
La differente disciplina e ratio sottesa dalla norma in esame rispetto alla menzionata misura alternativa, risulta ancor piø evidente se si considera la previsione di cui all’art. 1, comma 8, legge n. 199 del 2010 che, invero, prevede l’applicabilità della disciplina di cui all’art. 47-ter Ord. pen. solo ove compatibile con quella introdotta nel 2010, con la conseguenza che Ł da escludere la mera sovrapposizione della disciplina prevista dall’Ordinamento penitenziario con quella di cui alla norma in esame.
Va quindi condiviso e ribadito l’arresto secondo cui «l’istituto dell’esecuzione della pena detentiva presso il domicilio, previsto dall’art. 1 della legge 26 novembre 2010, n. 199, Ł applicabile anche in deroga alle regole poste dall’art. 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, per la detenzione domiciliare, e quindi indipendentemente da ogni valutazione di meritevolezza in ordine alla concessione della misura» (Sez. 1, n. 6138 del 11/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259469).
Tanto premesso, Ł evidente l’infondatezza del ricorso proposto nell’interesse della condannata.
Come detto, l’esecuzione della pena inferiore a diciotto mesi presso il domicilio Ł una speciale modalità di esecuzione della pena che il legislatore, con l’evidente intento di sopperire al sovraffollamento carcerario, ha limitato ai condannati a pene brevi, anche se parte di una pena
maggiore, ritenuti di scarsa pericolosità. Non rilevano, quindi, ai fini della sua concessione i parametri della misura alternativa alla detenzione di cui all’art. 47-ter Ord. pen., ma il magistrato di sorveglianza deve verificare se vi siano cause di esclusione.
Il provvedimento impugnato trova la sua giustificazione – per nulla illogica – nell’arbitraria e reiterata sottrazione da parte della ricorrente all’esecuzione della pena, dapprima sub specie di misura alternativa alla detenzione affidamento in prova al servizio sociale, quindi all’ordine di carcerazione emesso nei suoi riguardi. A buona ragione, pertanto, il Giudice del reclamo ha valorizzato il pericolo di fuga (lett. d) dell’art 1 della legge n. 199 del 2010), laddove il Magistrato di sorveglianza, la cui motivazione Ł stata richiamata nel provvedimento oggetto di ricorso, aveva posto altresì in risalto il profilo del pericolo di reiterazione di altri reati.
Si tratta di una motivazione che resiste alle giustificazioni addotte nel ricorso (il presunto allontanamento all’estero della condannata per ragioni personali), del tutto generiche e assertive.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 06/02/2025.
Il Presidente NOME COGNOME